L’incrocio tra effetti della pandemia, disoccupazione ed evoluzioni della robotica non è mai stato così trafficato. Recentemente il sito di Asia Times,
il complesso editoriale in lingua inglese con sede a Hong-Kong che
copre notizie e analisi su Cina e continente asiatico, ha parlato
esplicitamente di “Covid-19 che è destinato ad accelerare l’ascesa dei robot” nei servizi, nella cura e nel mondo del lavoro in generale. L’analisi di Asia Times
è chiara e seria: “la Cina sta usando l’automazione su una scala più
elevata rispetto agli altri paesi: dai giornalisti ologramma dei
telegiornale, al sistema clinico fino alle fabbriche quasi totalmente
robotizzate”. Questo all’interno di una strategia fatta di “uso di
intelligenza artificiale e robotica sul più ampio spettro possibile
delle capacità umane” e in grado di condizionare, giocoforza, le altre economie del pianeta.
Insomma, il covid sarebbe la condizione scatenante per la quarta rivoluzione industriale quella prevista dal World Economic Forum, ampiamente incubata nel decennio appena trascorso. L’economia non si è quindi solo, o tanto, data-driven (guidata dai dati) ma soprattutto technology-driven
rappresentando un forte rivoluzionamento delle modalità produttive, di
erogazione dei servizi e di elaborazione del legame sociale. Dal punto di vista dei numeri,
bisogna considerare che la Cina investe il 2,5 del PIL per la ricerca
in questi settori. Si tratta di 325 miliardi di dollari che, entro la
fine del 2020, dovrebbero essere portati a oltre 450 a causa degli
investimenti per l’accelerazione della ricerca in AI e robotica
concentrati sul Covid-19 e per i progetti su stazioni di ricarica auto
elettrica e 5g.
E in USA ed Europa? Negli stessi giorni risponde su questi temi la BBC che intravede un percorso simile: l’accelerazione di AI e robotica nelle economie di queste aree del mondo
a causa degli squilibri creati dall’epidemia covid. Siamo di fronte ad
una complessivo cambio di marcia verso la quarta rivoluzione industriale
destinato a riprodurre conflitti tra aree del pianeta, per la conquista
di quote di mercato, e una completa, quotidiana rivoluzione
su servizi, economia, modo di vivere. Per la Cina, come per Europa e
USA, questa fase si accompagna con una forte, prevedibile contrazione
dell’occupazione. Sarà riassorbita? Niente è scontato nelle economie di oggi.
E resta anche un’altra serie di incognite che è ben chiara a chi si
occupa di finanziamento alle tecnologie: sarà tutto sostenuto da una
bolla finanziaria come per i tecnologici del 2000-2001? Saranno
finanziamenti a macchia di leopardo a causa delle esigenze dei fondi di
investimento? Quale sarà il ruolo del settore pubblico, essenziale per
la riuscita di questo genere di rivoluzione?
L’Italia deve poi capire come agganciare il treno.
Altrimenti la disastrosa situazione sociosanitaria in Puglia per la
raccolta del pomodoro – dovuta a zero investimenti tecnologici dove il
basso costo della manodopera è precondizione per profitti all’osso in
molte parti della filiera – sarà paradigma produttivo per larghe aree del paese.
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