Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

24/06/2020

“Non riesco a respirare!”: le ultime parole di Cédric Chouviat



“Non riesco a respirare!”: un grido di agonia ripetuto sette volte. Queste sono state le ultime parole pronunciate anche da Cédric Chouviat, il 3 gennaio 2020, durante il suo arresto da parte della polizia sulla Quai Branly della Senna a Parigi.

Le Monde e Mediapart hanno avuto accesso alle registrazioni di questo rider, padre di famiglia, morto in seguito a un controllo stradale degenerato da parte della polizia. Nelle registrazioni video si sente chiaramente lo scambio tra questo uomo di 43 anni e i quattro funzionari al momento del suo arresto, fino alla sua morte.

Questi ultimi sono stati messi in “garde à vue” mercoledì 17 giugno e interrogati dall’Ispettorato Generale della Polizia Nazionale (IGPN) nell’ambito dell’indagine giudiziaria aperta per omicidio colposo involontario.

In alcuni video girati a distanza dai passanti e circolati a seguito della morte di Cédric, la scena svoltasi nei pressi della Torre Eiffel era rimasta finora poco chiara, almeno all’opinione pubblica. Ma gli investigatori hanno avuto accesso a nove video girati allo stesso Cédric Chouviat e ad altri tre girati da una agente coinvolta nell’arresto.

Questi dodici minuti di scambi permettono di comprendere meglio le circostanze in cui questi agenti hanno deciso di procedere all’arresto. L’uomo è stato messo a terra a pancia in giù, una tecnica usata con regolarità e denominata “plaquage ventral”; secondo un testimone presente sulla scena, è stata applicata anche presa da strangolamento, ovvero la cosiddetta “clé d’étranglement”.

Vittima di un attacco cardiaco, Cédric Chouviat è stato portato in coma all’ospedale, dove è morto due giorni dopo. L’autopsia ha rivelato come causa della morte l’asfissia, corredata dalla frattura della laringe.

Questo uno dei video dell’arresto di Cédric Chouviat, recuperato dall’avvocato della famiglia e pubblicato dal giornale online indipendente Là-bas si j’y suis. Cédric ha registrato il video dal suo stesso telefono, collegato ad un auricolare posto all’interno del suo casco.

Durante il controllo, il rider ha insistito per registrare i suoi scambi con la polizia. Data la violenza e la velocità del suo placcaggio a terra da parte della polizia, non ha avuto né il tempo di spegnere il suo apparecchio né il tempo di togliersi il casco, che gli sarebbe stato tolto solo dai soccorritori per tentare di rianimarlo.

Stando alla narrazione dei fatti rilasciata dagli agenti di polizia, ascoltati per la prima volta dall’IGPN il giorno dell’arresto, Cédric Chouviat “ha mostrato mancanza di rispetto verso gli agenti, rivelandosi aggressivo, minaccioso”. Loro hanno deciso di arrestarlo, ma lui ha resistito – “lottando” – mentre era a terra, continuando ad insultarli, secondo la poliziotta che ha partecipato al controllo con tre suoi colleghi.

Questo non è esattamente ciò che risulta dalle registrazioni.

Gli investigatori hanno trascritto l’audio delle registrazioni effettuate dalla vittima e dall’agente di polizia per verificare, secondo le istruzioni ricevute, le “condizioni di un arresto effettuato in un presunto contesto di insulti e resistenza”.

Hanno trascritto non solo le parole scambiate durante il controllo, ma anche i suoni durante l’arresto stesso, “l’urto di oggetti, la caduta a terra, l’uso di qualsiasi strumento o oggetto e in particolare le manette”.

Cédric Chouviat, secondo il rapporto dell’IGPN, “ha provocato la polizia filmandola con insistenza durante tutto il controllo”. Tuttavia, secondo tutte le trascrizioni delle registrazioni e dei video sopraggiunti recentemente e che si inseriscono nell’inchiesta giudiziaria, i fatti sono molto più sfumati.

La polizia ha perso la calma, allontanando ripetutamente Cédric Chouviat, non volendo che riprendesse con il suo telefono. “Ho il diritto di filmare”, aggiungendo “Tu, non spingermi, non hai il diritto di spingermi così, signore”, mentre uno degli agenti lo spintona più volte.

La polizia sembra essere alla ricerca del minimo errore, a volte usando le parole di Cédric Chouviat e sperando in un’offesa da strumentalizzare come “oltraggio dell’autorità pubblica”. “Siete dei pagliacci, siete voi quelli che vengono derisi”, dice Cédric rivolgendosi ad un agente che lo stava deridendo. “Pensi che mi metterò a quattro zampe e ti succhierò anche il cazzo?”, questa è la risposta pronunciata dall’agente.

La discussione potrebbe fermarsi, ma uno degli agenti si riavvicina a Cédric pensando di aver sentito un insulto: “Cosa hai detto? Povero...? Figlio di puttana?”. Niente di tutto ciò: Cédric Chouviat ha detto “povero ragazzo”, come si può intendere dalle registrazioni, in cui non è identificabile alcun insulto di questo tipo da parte sua.

Da qui in poi, gli agenti di polizia perdono completamente il controllo e la situazione degenera drammaticamente. I poliziotti lo immobilizzano, uno praticandogli la tecnica della “clé d’étranglement” – “per tenergli ferma la testa”, secondo la versione raccontata da uno degli agenti durante la sua udienza – e gli altri placcandolo a terra e salendogli sopra il corpo.

Dalle registrazioni, si distinguono chiaramente i suoni delle manette, seguiti dal “va tutto bene, manette OK” di un agente di polizia. Ma allo stesso tempo, Cédric Chouviat urla le sue ultime parole: “Fermati” e poi quel grido ripetuto sette volte, “Sto soffocando!”.

Pochi secondo dopo, Cédric è a terra, privo di coscienza. I poliziotti tentano la rianimazione cardiopolmonare. Secondo il rapporto del ricovero effettuato dai soccorritori sopraggiunti in un secondo momento, Cédric mostra segni di danni cerebrali molto gravi dovuti alla mancanza di ossigeno.

L’avvocato di due agenti di polizia, Me Laurent-Franck Liénard, ha dichiarato lunedì 22 giugno su BFM-TV che i suoi clienti non avevano sentito le grida di agonia di Cédric Chouviat, perché questi indossava il casco.

Gli avvocati della famiglia di Cédric Chouviat – Arié Alimi, William Bourdon e Vincent Brengarth – attaccano le pratiche utilizzate dalla polizia: “Le terribili parole di Cédric Chouviat prima di morire fanno di questa frase un grido universale. Nonostante le urla, la polizia ha mantenuto la sua pressione asfissiante. Cédric Chouviat avrebbe potuto salvarsi”. Questi ultimi elementi dell’indagine mostrano che “questo metodo di arresto porta ad un accanimento fisico di cui Cédric è stato indiscutibilmente vittima”.

I tre avvocati chiedono al governo di vietare immediatamente a la “clef d’étranglement” e il “plaquage ventral”: come dichiarato da Arié Alimi, “poiché sappiamo che queste tecniche possono uccidere, qualsiasi agente di polizia che le pratichi dovrebbe essere perseguito per omicidio”.

Lo scorso 8 giugno, il Ministro degli Interni Christophe Castaner ha annunciato che la “clef d’étranglement” non sarà più insegnata nelle accademie di polizia; tuttavia, questa pratica potrà continuare ad essere impiegata “con moderazione e discernimento” e quando le circostanze lo richiedono ha aggiunto il direttore generale della polizia nazionale, Frédéric Veaux, che in una nota precisa tali condizioni: “eccitazione e/o aggressione della persona che resiste fisicamente all’arresto, minacce contro agenti di polizia o terzi”.

Insomma, il margine discrezionale d’azione viene autodefinito dalla polizia stessa e, fintantoché gli agenti potranno godere di una quasi-totale impunità, non ci sarà mai alcun limite, né tantomeno divieto, di queste pratiche violente, brutali e assassine.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento