(Elio Vittorini).”
A settembre la scuola riparte con il rituale dei tavoli regionali e delle conferenze dei servizi, con un’autonomia scolastica strumentale alla riduzione di spesa e alla sussidiarietà.
La sussidiarietà entra nella scuola pubblica di stato con la veste dei “patti educativi territoriali o di comunità“, legittimata dall’ideologia di un nuovo concetto di comunità educante territoriale estesa ad attori istituzionali e realtà educative extrascolastiche. Nello specifico ci si richiama all’universo del terzo settore che si occupa di ragazzi e bambini e ad enti privati.
Pertanto sarà una scuola molto meno pubblica, modulare con mini lezioni e trasferte fuori porta utili a coprire le carenze strutturali e la carestia di aule anti covid-19, ma con lo stesso numero di classi, di docenti e di ATA.
La disabilità e l’inclusione scolastica vengono liquidate in modo succintamente generico con il richiamo retorico alla necessità di “studiare accomodamenti ragionevoli, sempre nel rispetto delle specifiche indicazioni del documento tecnico del CTS”. In pratica si lascia ancora molto sulle spalle delle famiglie.
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Leggendo le pagine della bozza sul piano scuola 2020-21 del ministero della pubblica “d-istruzione”, inerente le misure di contenimento del rischio di contagio da Covid-19 nelle scuole, elaborata dal comitato tecnico scientifico (CTF) istituito presso il dipartimento della protezione civile, ad integrazione del precedente documento del 28 maggio 2020, sono rimasto di pietra. Mi aspettavo di trovare progetti finanziati e risorse funzionali alla creazione di una scuola anti Covid-19, con istruzioni puntuali e precise. Invece mi sono trovato davanti un documento che dice poco o niente e scarica la patata bollente alle scuole utilizzando la leva dell’autonomia, sia in chiave strumentale di contenimento degli investimenti sulla scuola, sia per aprire le porte al mondo privato dell’extra scuola. Un documento che legittima un concetto nuovo di comunità educante omnicomprensiva pubblico-privata e che induce il pensiero verso scenari di un ulteriore privatizzazione del servizio scolastico.
Entrando nel merito del documento, per poter consentire alle scuole di progettare una ripartenza per un ritorno alla “A-normalità” da settembre, viene elaborato un nuovo concetto di comunità educante territoriale, composta oltre che dalla comunità scolastica, anche da quella extrascolastica, che include una folta schiera di operatori privati e del terzo settore del territorio.
Appunto per questo saranno predisposti tavoli regionali presso ogni Ufficio Scolastico Regionale (USR), conferenze di servizio a livello locale per mettere a fuoco nel concreto misure organizzative insieme alle Autonomie scolastiche (dpr.275/99). Nell’ambito dell’applicazione del principio di sussidiarietà e di corresponsabilità, viene aperta la scuola all’ingresso del terzo settore e ai privati. Componenti del tavolo regionale presso l’Ufficio Scolastico Regionale sono il Direttore scolastico Regionale, gli assessori Regionali all’istruzione e ai trasporti, i rappresentanti di ANCI e UPI, la protezione civile, le associazioni degli studenti e dei genitori della scuola, i sindacati di categoria della scuola, gli enti del terzo settore e le scuole private.
Le conferenze di servizio locali avranno come missione: acquisizione di spazi e arredi scolastici, ristrutturazione di “edilizia agile” e individuazione di risorse sul territorio (probabilmente locali vari e immobili). In tale campo viene prevista la possibilità di sostenere le scuole, a livello tecnico ed economico sottoscrivendo apposite convenzione con soggetti terzi, al risanamento delle strutture scolastiche, all’individuazione di ambienti specifici per le diverse discipline, all’adeguamento degli spazi al numero di alunni per classe.
Per quanto riguarda precisamente la scuola, ai sensi del regolamento sull’autonomia scolastica (D.P.R 275/99), si agirà probabilmente per una “riconfigurazione del gruppo classe in più gruppi di apprendimento”, che tradotto in volgo significa dividere la classe; un’articolazione modulare di gruppi di alunni che possono provenire anche da classi diverse o da diversi anni di corso; la possibilità di una frequenza scolastica composta di turni differenziati; una pianificazione dell’attività didattica sia in presenza che a distanza (Didattica Digitale Integrata); l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari anche se non previste dai recenti ordinamenti (forse anche con compensazioni tra le varie discipline); estensione del tempo scuola inglobando anche la giornata del sabato (forse si fa riferimento alle scuole che operano su 5 giorni alla settimana). A tutti gli alunni dovrà essere assicurata la stessa offerta formativa pur nella diversità delle forme organizzative. Inoltre vengono utilizzati i già noti piani di apprendimento individuali (PAI) e piani di integrazione degli apprendimenti (PIA). Questa articolata costruzione, qui sintetizzata per sommi capi, verrà integrata dall’applicazione del principio di sussidiarietà e di corresponsabilità, con l’uso dei “patti educativi di comunità” aprendo di fatto la scuola all’ingresso del privato sociale e del civismo attivo propri del terzo settore.
Con la legittimazione del nuovo concetto di comunità educante si troveranno luoghi fuori dalla scuola con tanto di sorveglianti ed educatori. Il siffatto coinvolgimento darà luogo probabilmente a convenzioni certamente non a titolo gratuito che privatizzeranno, in realtà, parte delle attività delle scuole pubbliche. Ovviamente grazie alle conferenze di servizio e ai tavoli regionali si darà la possibilità di “favorire la messa a disposizione di altre strutture o spazi, come parchi, teatri, biblioteche, cinema, musei, al fine di potervi svolgere ulteriori attività didattiche o alternative a quelle tradizionali comunque volte a finalità educative”.
Ciò significa in pratica, portare al di fuori delle mura scolastiche schiere e gruppi di alunni con tutta la complicazione del caso: aggiunta di responsabilità per i docenti accompagnatori, costi di assicurazione, trasporto, aumento dei tempi di percorrenza a discapito delle ore di lezione ecc. Tutti aspetti non trattati dal pool di esperti del CTF che non vivendo la realtà scolastica e di classe, danno valutazioni sul piano puramente teorico ben lontano da quello pratico. Questi bei concetti comporteranno che nella scuola pubblica praticheranno vari enti e associazioni del terzo settore che avranno l’incombenza della cura degli ambienti messi a disposizione, con compiti di sorveglianza, vigilanza e di responsabilità verso gli alunni (in pratica assolveranno mansioni ascrivibili al personale ATA e ai docenti).
Tralascio per ordine di spazio le altre indicazioni tra cui: i percorsi per la formazione di competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO) degli alunni per mezzo di partner convenzionati effettuati, come al solito, a spese delle ore di materie curricolari impoverendo la formazione generale; la formazione del personale docente e ATA; il riferimento agli orari differenziati di ingresso e uscita degli alunni con la possibilità concessa dall’autonomia didattica-organizzativa (art.4 e 5 del dpr 275/99) di poter ridurre la durata dell’ora di lezione fino a 45’. In questo caso il docente si troverebbe a svolgere 24 ore di lezione di 45’ alla settimana in luogo delle 18 lezioni a 60’. Voglio constatare che a causa del covid-19, di fatto si opera un profondo cambiamento nella struttura scolastica senza alcun confronto partecipativo della comunità scolastica e delle organizzazioni sindacali della scuola.
L’abitudine a cucire l’abito addosso a insaputa di chi vive, lavora e studia nella scuola permane indelebile al di là degli avvicendamenti in plancia di comando nella politica italiana. Le indicazioni sono caratterizzate dal pesante trattamento dietetico (mancato potenziamento in organico di diritto fino al 31 agosto del 2021 di docenti e ATA e mancata riduzione del numero di alunni per classe con corrispettivo aumento del numero di classi) a cui di fatto è interessata la scuola italiana da decenni. Ciò creerà come al solito una evidente acutizzazione dei fenomeni di abbandono, insuccesso e scarso rendimento scolastico frutto anche della contrazione della qualità e quantità dell’offerta formativa. La scuola prossima ventura che aprirà a settembre, utilizzata da studenti, famiglie, docenti e ATA, sarà un prodotto sotto stretto controllo medico per spazi insufficienti ad assicurare i 4 metri quadri procapite per alunno e distanze di 1,80 metri. Il problema del potenziamento dei trasporti, scaglionati per fasce di ingresso, non viene affrontato, ma viene demandato a tavoli regionali e conferenze dei servizi con probabili conflitti di competenza in merito. Non si parla di costruire cronotopi dei tempi della città attraverso i quali calibrare e potenziare, zona per zona, i servizi pubblici onde evitare assembramenti e ingolfamenti dei mezzi di trasporto pubblico. La carenza di personale viene coperta con incremento del numero di lezioni creato con una probabile riduzione della durata dell’ora di lezione (se ne parla da tempo e nel documento troviamo un riferimento generico che rimanda all’autonomia didattica, che in questo caso viene a uso e consumo del contenimento della spesa pubblica).
Il geniale schizzo delle nuove e tanto attese linee guida introduce il principio di sussidiarietà e di corresponsabilità come leva per de-pubblicizzare e neo liberalizzare ulteriormente la scuola pubblica. Ciò apre a scenari di possibile welfare privato che da tempo preme alle porte con possibili ricadute negative anche sui livelli occupazionali del pubblico impiego e di cui lo smart working è un ottimo antesignano. Per contro si continua a gettare miliardi per missioni di pace all’estero con la baionetta in canna, si acquistano 90 cacciabombardieri dagli USA del modello F-35 Lightning della Lockeed Martin per un costo complessivo di 14 miliardi di euro (si rammenta a puro titolo storico lo scandalo Lockeed del 1976 per l'acquisto degli Hercules C-130), mentre si continua a versare miliardi per una compagnia di bandiera alla canna del gas mentre lo stato annaspa con l’acqua alla gola di una pesantissima crisi fiscale.
A fronte di questa situazione il mondo della scuola qualcosa forse potrebbe fare. Potrebbe obiettare nei collegi docenti e nei consigli di istituto, deliberando osservazioni e proposte per incidere sulle linee generali e impedire l’utilizzo strumentale dell’autonomia scolastica come grimaldello ragionieristico in funzione di contenimento della spesa pubblica. La stessa cosa potrebbero fare le assemblee del personale insieme alle RSU di scuola deliberando documenti alternativi e propositivi provenienti della comunità scolastica. Si dovrebbe replicare alle disposizioni calate dall’alto con iniziative di vario genere e opporsi all’ingresso nella scuola, attraverso il cavallo di troia della sussidiarietà e della corresponsabilità, del terzo settore e di protagonisti privati. Si dovrebbero fare un fronte di assemblee generali allargate a tutte le componenti della scuola per una possibile convocazione degli stati generali della scuola da cui partire per riportare la scuola all’articolo 33 della costituzione compresa l’abolizione della legge 62/00 che ha istituito il sistema scolastico pubblico-paritario con relativi finanziamenti alle scuole private.
Molte, tante cose si potrebbero fare se la scuola italiana cogliesse l’occasione per rialzare la testa e opporsi alla sua distruzione, altrimenti... goodbye scuola pubblica.
{D@ttero}
Articolo 33 della costituzione
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Fonte
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