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11/11/2022

La scuola “anticomunista” nei sogni di Valditara

Viene da chiedersi da dove mai arrivi la “necessità” che ha spinto il neoministro dell’”istruzione e del merito” di scrivere una letterina anticomunista a tutti gli studenti del paese.

Lo ha fatto in coincidenza con una data istituzionale passata quasi sempre inosservata – la “giornata della libertà” – per il buon motivo che l’Italia ha già una “festa della Liberazione” (il 25 aprile, per farlo sapere al ministro) dal significato storico assai più concreto e senza alcuna genericità.

È anche la festa che certifica come la Costituzione strutturi una “repubblica antifascista”, in quanto nata dalla lotta armata contro il regime che proprio la “libertà” dei cittadini (non quella delle “imprese”) aveva messo sotto gli scarponi chiodati.

Il testo della letterina è un concentrato di ideologia spicciola, di mezzi slogan neoliberisti rappattumati alla meglio, senza guizzi né originalità. Si parte dallo psicologismo bottegaio “il comunismo […] nasce come sogno di una grande utopia una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra.

Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte.”


Un caso di cecità autoinferta, quella del ministro, che cita anche la Cina, appena riconosciuta dall’Onu come grande vincitrice nella “lotta alla povertà”, visto che l’ha completamente sradicata emancipando l’inezia di 700 milioni di persone in meno di 40 anni.

A quel punto uno si riguarda il prestigioso curriculum del prof. Giuseppe Valditara, ordinario di Diritto Romano presso l’università di Torino, ma impegnato per ben tre legislature come parlamentare, prima in Alleanza Nazionale (stadio intermedio tra il Movimento Sociale e l’attuale partito della Meloni) e poi nella Lega.

Proprio per la Lega si era presentato alle elezioni del 25 settembre, ma ahilui non era riuscito ad essere eletto. Nessun problema, viene ripescato come ministro, evidentemente “per merito”.

Aveva infatti già devastato scuola e ricerca quando è stato capo dipartimento per la Formazione superiore e la ricerca al Miur (quando Istruzione e Università erano uniti in un unico dicastero) con ministro Marco Bussetti (in quota Lega, nel governo Conte I).

Ancora prima era stato il relatore di maggioranza della riforma dell’università durante il governo Berlusconi (con Mariastella Gelmini a capo del Ministero dell’Istruzione). Un orrore che ancora oggi grida vendetta e che è stato ben presto necessario “ri-riformare”, ovviamente peggiorando ancora la situazione della scuola italiana.

È ancora lui ad aver scritto il “programma di governo” della Lega sulla scuola, con l’idea di graduare la carriera dei docenti “previa certificazione di appositi periodi di formazione”.

Sempre lui a prevedere una torsione “nazionalista e identitaria” dell’istruzione, perché “Una nazione senza identità è come un uomo senza qualità”, e dunque la formazione dei giovani va centrata sulla “conoscenza del nostro passato, dei valori posti a fondamento della nostra civiltà”.

A pensarci bene, la letterina deve esser nata proprio da queste fantasie proto-fasciste, con l’accortezza – o la furbata – di evitare per ora l’apologia del Ventennio come “valori posti a fondamento”, prendendola intanto alla larga con la maledizione del comunismo.

E chi vuol intendere intenda.

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