Sono già un migliaio i soci Coop che in Emilia Romagna hanno firmato una lettera alla direzione dell’azienda. Altrettante firme sono state raccolte tra i soci Coop in Toscana e a Vicenza. E la protesta tra le socie e i soci sta dilagando ponendo seri problemi alla Coop, nonostante i tentativi del giornale filo-israeliano Il Foglio di minimizzare la cosa.
Sui banchi di Coop Alleanza 3.0 sono infatti presenti diversi prodotti (avocado, arachidi e altri) di aziende israeliane che migliaia di soci chiedono di non vendere più.
“Non vogliamo essere complici del genocidio in Palestina e del sistema di occupazione, pulizia etnica e apartheid nei confronti del popolo palestinese che dura da più di 70 anni. Aderiamo perciò all’iniziativa di un gruppo di socie e soci di COOP Alleanza 3.0 che partecipano al Coordinamento Bologna per la Palestina, formato da oltre 40 associazioni solidali con i diritti dei palestinesi. Chiediamo a Coop Alleanza 3.0 di interrompere immediatamente, per coerenza con i principi di solidarietà e di rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale e del suo codice etico, ogni relazione commerciale con ditte che producono e/o commercializzano prodotti israeliani” scrivono in un comunicato stampa le socie e i soci della Coop, i quali precisano poi che si impegnano a non acquistare prodotti provenienti da aziende israeliane ed a informare altre/i socie e soci e incoraggiare consumatori e consumatrici a non acquistare prodotti israeliani.
La lettera con le firme raccolte sarà consegnata alla direzione di Coop Alleanza 3.
Nel frattempo davanti alcuni supermercati della Coop sono stati distribuiti volantini firmati da “Socio Coop per la Palestina” esercitando il proprio diritto/dovere di partecipare alle scelte della Cooperativa, soprattutto su temi di grande rilevanza etica come il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.
Alla lettera sono seguiti gli interventi di socie e soci in molte assemblee separate della COOP e la consegna di un’ulteriore lettera ai 130 Delegati Nazionali all’Assemblea Generale che si è tenuta il 22 giugno a Bologna.
Il coordinamento bolognese, che riunisce 40 associazioni cittadine e nazionali impegnate a chiedere la fine della guerra genocida in corso a Gaza, a denunciare le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte di Israele e a sostenere il popolo palestinese nella sua lotta per l’autodeterminazione, ha così avviato un dialogo con la COOP inviando, a marzo 2024, una lettera alla Presidenza che chiedeva di interrompere con urgenza la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Per sostenere la loro richiesta, stanno invitando soci e socie in tutta Italia a firmare questa lettera online.
Nel volantino distribuito viene precisato che non si tratta di una richiesta di boicottaggio, che pure è uno strumento legittimo di lotta non violenta, come insegna l’esperienza del Sud Africa durante la lotta all’apartheid, e prima ancora, quella di Gandhi nell’India colonizzata dagli inglesi. La legittima richiesta dei soci è stata quella di chiedere l’applicazione del Codice Etico, secondo il quale COOP “esige dai propri fornitori di prodotti e servizi, il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente e privilegia le aziende che si dimostrano particolarmente sensibili a questi temi (art. 5.3)”.
Non basta infatti la libera scelta del consumatore: è necessaria anche una assunzione di responsabilità civile da parte della COOP, che peraltro è sempre stata un tratto costitutivo e distintivo della cooperazione rispetto ad altre forme di impresa.
Traspare però anche rabbia e delusione per l’atteggiamento della direzione della Coop che, purtroppo, a queste richieste e a queste preoccupazioni, non ha finora fornito alcuna risposta soddisfacente: il tanto vantato dialogo con i soci sembra lontano dall’essere una realtà. La sensibilità e la responsabilità sociale e civile della Coop, che pure in altri momenti (per esempio nel caso dell’apartheid in Sudafrica) sono state presenti, sembrano essere ormai di facciata.
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