Incredibile a dirsi, l'Argentina
rischia di nuovo il default, dopo nemmeno 10 anni. Ma stavolta non
dipende da una cattiva politica economico-finanziaria, quanto da un
colpo inferto dall'ex “amico” nordamericano.
Entro il 15 dicembre – su sentenza del giudice di
New York Thomas Griesa – lo Stato dovrà rimborsare 1,3 miliardi di
dollari ai detentori dei tango-bond che nel 2001 hanno rifiutato la
ristrutturazione del debito proposta dal governo. A questi si aggiungono
i warrant indicizzati al Pil in scadenza il 15 dicembre e che ammontano
a circa 3 miliardi. Naturalmente non è affatto detto che il governo di
Buenos Aires si pieghi a questa sentenza (la "presidenta" Kirchner aveva
già detto no, qualche giorno fa), né che lo faccia in tempi rapidi. Ma
tanto basta a far scattare gli squali dei mercati finanziari.
Impennata
immediata delle quotazioni dei Credit Default Swaps (certificati di
assicurazione, dal valore dubbio, ma molto usati per ulteriori
speculazioni) a 5 anni. Ma a questo punto è fortissima la probabilità
che forti flussi di capitale lascino il paese, provocando un dissesto
tanto artificiale quanto realissimo. Atteso anche un taglio del rating
sul debito argentino da parte di Moody's e S&P's. In ogni caso
inizia una lunga battaglia legale.
Spiega
IlSOle24Ore. “A riaprire il caso è stata una querela avanzata da
investitori e fondi di investimento statunitensi, tra cui Nml,
controllato da Elliott Associates, e Aurelio, che hanno ancora in pancia
i vecchi tango-bond e hanno respinto la ristrutturazione proposta
dall'Argentina nel 2005 e nel 2010 per applicare una riduzione di circa
il 65 per cento del debito, che è stata invece accettata dal 92 per
cento dei creditori.
Se
l'Argentina non rispetterà quanto sentenziato, il Tribunale Usa
minaccia di inibire i pagamenti degli interessi ai detentori dei nuovi
titoli ristrutturati. A quel punto potrebbe scattare un default tecnico da 24 miliardi di dollari, pari al debito emesso dall'Argentina tra il 2005 e il 2010.
Come
se non bastasse, alla decisione del Tribunale di New York ha fatto
seguito il taglio di rating dell'agenzia statunitense Fitch
che ha declassato il debito di Buenos Aires di cinque gradini in un
colpo solo, da "B" a "CC", facendolo quindi scivolare a livello
spazzatura e pericolosamente vicino alla "D" di Default. Un downgrade
che arriva proprio in ragione delle conseguenze che scatterebbero
qualora si riaprisse la voragine sul nuovo debito.
Si
profila quindi un dicembre caldo, una guerra aperta tra Stati Uniti e
Argentina. Intanto l'amministrazione di Christina Fernandez de Kirchner
ha già affermato di volere rivolgersi alla Corte d'Appello e
eventualmente alla Corte Suprema per annullare la sanzione imposta. Il
Governo deve inoltre affrontare un forte aumento delle tensioni sociali
legate all'incremento marcato dell'inflazione”.
“L'attacco
degli Stati Uniti rischia di aprire un vaso di Pandora che si riteneva
ormai chiuso per sempre e di scatenare l'ira di chi ha aderito al piano
di ristrutturazione. Perché se l'Argentina andasse in contro dopo 10
anni a chi non ha aderito alla default "lacrime e sangue" danneggerebbe
allo stesso tempo coloro che invece lo hanno fatto rinunciando a una
parte corposa del debito. Per questo motivo i detentori di tango bond
che hanno aderito allo swap impugnano adesso la sentenza del giudice di
New York. A distanza di un decennio, dopo tanta pazienza, sono riusciti a
recuperare tra il 60 e l'85% del capitale. Ma adesso, con la situazione
che rischia di precipitare, rischiano di perdere nuovamente quanto
faticosamente recuperato dopo anni di pazienza?”
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