Diventa un obbligo morale insorgere
contro i discorsi menzogneri a proposito della pretesa solidarietà di
cui darebbero prova i governanti dei paesi più forti nell’Eurozona nei
confronti del popolo greco e di altri paesi fiaccati (Irlanda,
Portogallo, Spagna…). I fatti contraddicono i loro buoni propositi
messi in evidenza costantemente dai mezzi di informazione dominanti.
Diamo inizio ad una piccola verifica pratica. Connettetevi ad Internet e richiedete “La Grecia ha beneficiato”
ad un motore di ricerca. Potrete constatare come i media ripetano il
mantra secondo cui questo paese sarebbe stato oggetto di aiuti
consistenti.
Ad esempio, Hans-Werner Sinn (1), uno degli economisti più
influenti in Germania, consigliere del governo di Angela Merkel, non
esita ad affermare. “La Grecia ha beneficiato di aiuti esterni pari a
460 miliardi di euro attraverso diverse disposizioni e tratte di
credito. Quindi, l’aiuto fin qui fornito alla Grecia rappresenta
l’equivalente pari al 214 % del suo PIL, vale a dire dieci volte di più
di quello che ha beneficiato la Germania grazie al piano Marshall.
Berlino ha fornito quasi un quarto degli aiuti procurati alla Grecia,
circa 115 miliardi di euro, e questo ammontare rappresenta per lo meno
dieci piani Marshall, o due volte e mezza un Accordo di Londra.” (2)
Fonte: Fondo Monetario Internazionale (5)
Detentori stranieri (quasi esclusivamente banche e altre società finanziarie) dei titoli del debito greco (fine 2008) (8)
Tutti questi calcoli sono falsi. La
Grecia non ha assolutamente ricevuto un ammontare di finanziamenti di
tali dimensioni e quello che ha ricevuto non può essere considerato
seriamente come aiuto. In maniera scandalosa, Hans-Werner Sinn pone
sullo stesso piano la Germania alla fine della Seconda guerra mondiale,
che d’altronde i dirigenti nazisti avevano provocato, e la Grecia
degli anni 2000. Inoltre, Sinn imbroglia sorvolando sui rimborsi
reclamati giustamente dalla Grecia alla Germania a seguito dei danni
subiti durante l’occupazione nazista (3), per non parlare del prestito
forzoso che la Germania nazista aveva imposto alla Grecia.
Il debito della Germania nei confronti della Grecia ammonta a dir poco a 100 miliardi di euro. Come viene riportato sul sito “A l’encontre”
sulla base dei lavori di Karl Heinz Roth, storico del saccheggio
dell’Europa perpetrato dalla Germania nazista occupante (4) : “La
Germania ha pagato alla Grecia solo la sessantesima parte (vale a dire
l’1,67%) di ciò che doveva come riparazioni per le devastazioni durante
l’occupazione nazista fra il 1941 e il 1944.”
Una serie di validi argomenti possono
e devono essere avanzati per dimostrare la disonestà intellettuale
delle dichiarazioni di Hans-Werner Sinn, dei governanti tedeschi e dei
mezzi di informazione al loro servizio.
Quello che seguirà non vale solamente
per la Grecia, si potrebbero fare valutazioni per certi versi del
tutto confrontabili circa la asserita assistenza apportata ai paesi
dell’ex blocco orientale che ora fanno parte dell’Unione europea, al
Portogallo, all’Irlanda, alla Spagna…
Ma come si vedrà nella terza parte di
questa serie di articoli, le relazioni fra la Germania e la Grecia
hanno una storia che merita di essere presa particolarmente in
considerazione.
I piani di “aiuto” servono agli interessi delle banche private, non certamente a quelli del popolo greco.
I piani di “aiuto” messi in opera a
partire dal maggio 2010 sono serviti prima di tutto per proteggere gli
interessi delle banche private dei paesi più forti dell’Eurozona, che
avevano aumentato in modo spropositato i loro prestiti tanto al settore
privato che ai pubblici poteri greci nel corso degli anni 2000.
I prestiti accordati alla Grecia
dalla Troika dopo il 2010 sono serviti a rimborsare le banche private
occidentali e a permettere loro di disimpegnarsi, limitando al minimo
le loro perdite.
Inoltre, sono serviti a
ricapitalizzare le banche private della Grecia, di cui alcune sono solo
filiali di banche straniere, francesi soprattutto.
I piani di “aiuto” sono serviti a proteggere gli interessi delle banche private dei paesi più forti dell’Eurozona
Il debito del settore privato greco si è in larga parte sviluppato nel corso degli anni 2000.
Le famiglie, a cui le banche e tutto
il settore commerciale privato (grande distribuzione, settore
automobilistico, settore immobiliare…) proponevano condizioni
allettanti, hanno fatto ricorso ad un indebitamento massiccio, così come
le imprese non finanziarie e le banche che potevano prendere a
prestito a basso costo (tassi di interesse bassi ed inflazione più alta
rispetto ai paesi maggiormente industrializzati dell’Unione europea,
come la Germania, la Francia, i paesi del Benelux).
Questo indebitamento privato è stato il motore dell’economia della Grecia.
Il grafico sottostante mostra che
l’adesione della Grecia all’Eurozona nel 2001 ha favorito l’ingresso di
capitali finanziari, che corrispondono a prestiti o a “investimenti di
portafoglio”,
(Non-IDE nel grafico, vale a dire
entrate che non corrispondono ad investimenti di lunga durata) mentre
ha subito una stagnazione l’investimento a lungo termine (IDE –
Investimento diretto all’estero).
Fonte: Fondo Monetario Internazionale (5)
Data l’enorme liquidità messa a loro
disposizione dalle banche centrali nel periodo 2007-2009, le banche
dell’occidente europeo (soprattutto le banche tedesche e francesi, ma
anche le banche del Belgio, dell’Olanda, quelle britanniche,
lussemburghesi, irlandesi…) hanno concesso massicci prestiti alla
Grecia (al settore privato e ai pubblici poteri).
Dopo il 2001, l’adesione della Grecia
all’euro le ha valso la fiducia dei banchieri, che ritenevano che i
grandi paesi europei sarebbero accorsi in loro aiuto in caso di
problemi. Non si sono assolutamente preoccupati delle possibilità della
Grecia di rimborsare a medio termine i capitali che le erano stati
prestati, e avevano considerato che potevano assumersi dei rischi anche
abbastanza elevati nei confronti della Grecia. Fino a questo momento,
la storia ha dato loro ragione: la Commissione europea e, in
particolare, i governi francese e tedesco hanno fornito sostegno ai
banchieri privati dell’Europa occidentale senza alcuna remora.
Il grafico sottostante mostra come le
banche dei paesi dell’occidente europeo hanno aumentato i loro
prestiti alla Grecia una prima volta fra il dicembre 2005 e il marzo
2007 (durante questo periodo, il volume dei prestiti è aumentato del
50%, passando da un po’ meno di 80 miliardi a 120 miliardi di dollari).
Nel momento in cui la crisi dei titoli tossici “subprimes” si è
abbattuta sugli Stati Uniti, tra il giugno 2007 e l’estate 2008 i
prestiti nuovamente sono aumentati (passando da 120 a 160 miliardi di
dollari), per mantenersi in seguito su livelli decisamente elevati
(sull’intorno dei 120 miliardi di dollari). Questo significa che le
banche private dell’Europa occidentale hanno utilizzato il denaro, che
avevano ricevuto in prestito in modo massiccio e a bassi tassi di
interesse dalla Banca centrale europea e dalla Federal Reserve degli
Stati Uniti, per aumentare i loro prestiti a paesi come la Grecia (6).
Si intende, i tassi del denaro prestato erano ben più elevati, e quindi
queste banche hanno potuto realizzare lucrosi profitti. Ne deriva che
gli istituti bancari privati portano una pesantissima parte di
responsabilità nell’eccessivo indebitamento della Grecia.
Andamento del volume dei prestiti delle banche dell’europa occidentale nei riguardi della Grecia (in miliardi di dollari)
Fonte : statistiche bancarie consolidate BRI - BIS, “ultimate risk basis” (7)
Come mostra il grafico a settori che
segue, nel 2008 (e questo vale fino al 2010 incluso), la schiacciante
maggioranza del debito greco era detenuto dalle banche europee, a
partire da istituti bancari francesi, tedeschi, italiani, belgi,
olandesi, lussemburghesi e britannici.
Detentori stranieri (quasi esclusivamente banche e altre società finanziarie) dei titoli del debito greco (fine 2008) (8)
I prestiti accordati dai governi
dell’Eurozona (direttamente o tramite i Fondi europei di stabilità
finanziaria messi in campo a partire dal 2010) mirano in realtà a
garantire soprattutto che la Grecia continui a rimborsare le banche dei
paesi dell’Europa occidentale ( le banche francesi e tedesche sono le
più esposte in Grecia).
In buona sostanza, il denaro prestato
alla Grecia ritorna nelle casse delle banche della Germania, della
Francia e di altri paesi a titolo di rimborso delle obbligazioni greche
che queste banche hanno acquistato in massa fino alla fine del 2009.
(9)
Quindi, questo denaro rientra nelle
tesorerie dei paesi prestatori, in quelle della Banca Centrale Europea,
del Fondo Internazionale Monetario e del Fondo Europeo di Stabilità
Finanziaria (vedi più avanti).
I prestiti accordati alla Grecia riportano denaro… fuori dalla Grecia!
I prestiti accordati alla Grecia
sotto l’egida e il bastone della Troika sono remunerativi. I differenti
paesi che partecipano a questi prestiti guadagnano del denaro.
Quando è stato adottato il primo
piano di prestiti di 110 miliardi di euro, Christine Lagarde, allora
ministro delle Finanze della Francia (10), faceva osservare
pubblicamente che la Francia prestava alla Grecia ad un tasso del 5%,
quando lei chiedeva a prestito a tassi nettamente inferiori.
La situazione è talmente scandalosa
(un tasso elevato veniva anche applicato nei confronti dell’Irlanda a
partire dal novembre 2010 e del Portogallo a partire dal maggio 2011),
che i governi prestatori e la Commissione europea hanno deciso nel
luglio 2011 che era il caso di ridurre il tasso da esigere dalla Grecia
(11). Quale magnanima concessione! Benché questa decisione sia stata
messa in pratica, la differenza tra il tasso dei prestiti a cui questi
paesi ricorrono per finanziarsi e il tasso che costoro esigono dalla
Grecia rimane comunque importante.
A causa delle proteste del governo
greco e di fronte al malcontento popolare che si esprime in Grecia
attraverso forti mobilitazioni sociali, i paesi prestatori hanno finito
per decidere di ristornare alla Grecia una parte degli interessi che
ricavano dai crediti accordati ad Atene (12).
Ma attenzione, gli interessi ristornati alla Grecia serviranno a rimborsare il debito!
La crisi dell’Eurozona fa abbassare il costo del debito per la Germania e per gli altri paesi forti
Ma la storia non si ferma qui. I
paesi che dominano l’Eurozona traggono profitto dallo stato di
sofferenza di quelli della periferia (Grecia, Portogallo, Irlanda,
Spagna, i paesi dell’ex blocco dell’Est ora membri dell’Unione europea).
L’aggravarsi della crisi dell’Eurozona, dovuta alla politica condotta
dai suoi dirigenti e non a causa di fenomeni esterni, determina uno
spostamento di capitali dalla Periferia verso il Centro. La Germania, la
Francia, i Paesi Bassi, la Finlandia, il Lussemburgo, l’Austria e il
Belgio ne beneficiano grazie ad una riduzione molto forte del costo del
finanziamento dei loro debiti. L’1 gennaio 2010, prima dello scoppio
della crisi greca e dell’Eurozona, la Germania garantiva un tasso di
interesse del 3,4% per l’emissione di obbligazioni a 10 anni, mentre il
23 maggio 2012 il tasso a 10 anni passava all’1,4%. Questo corrisponde
ad una diminuzione del 60% del costo del finanziamento (13).
Secondo il quotidiano economico francese Les Echos,
“un calcolo approssimativo dimostra che i risparmi generati grazie
all’abbassamento dei tassi di interesse del costo del finanziamento dopo
3 anni ammontano a 63 miliardi di euro” (14). Somma da proporzionare
ai 15 miliardi (sui 110 ripartiti fra i diversi creditori)
effettivamente prestati ad interesse dalla Germania alla Grecia fra il
maggio 2010 e il dicembre 2011, nel quadro del suo contributo al primo
piano di “aiuti” della Troika.
Il totale degli impegni di prestito
tedeschi verso la Grecia, se si addizionano le decisioni europee prese
fra il 2010 e il 2012, ammonta a 67 miliardi di euro. Ma attenzione, la
maggior parte di questa somma non è stata ancora sborsata, mentre i
risparmi realizzati secondo il calcolo di Les Echos ammontano già
a 63 miliardi di euro. Abbiamo considerato i tassi a 10 anni e a 6
anni pagati dalla Germania per prendere a prestito. Se prendiamo in
esame il tasso a 2 anni, la Germania ha emesso, per esempio,
obbligazioni a scadenza 23 maggio 2012 al tasso di interesse nullo.
(15)
All’inizio del 2012, la Germania ha
preso a prestito a 6 mesi la somma pari a 3,9 miliardi di euro ad un
tasso di interesse negativo. A questo proposito, Le Soir scriveva
il 23 maggio 2012: “Gli investitori ricevono al termine di questi sei
mesi un interesse davvero minimo (0,0112%) rispetto a quello che hanno
prestato.” (16) Se esistesse solo un briciolo di verità in tutte le
ondate di menzogne a proposito della Grecia (del Portogallo, della
Spagna…), si dovrebbe leggere che la Grecia consente alla Germania e
agli altri paesi forti dell’Eurozona di risparmiare somme
considerevoli.
L’elenco dei vantaggi acquisiti dalla
Germania e dagli altri paesi del Centro Europa deve essere completato
dagli elementi che seguono appresso.
Programma di privatizzazioni di cui beneficiano le imprese private dei paesi del Centro Europa
Le politiche di austerità imposte alla Grecia prevedono un vasto programma di privatizzazioni (17),
di cui i grandi gruppi economici,
specialmente tedeschi e francesi, potranno trarre profitto, visto che i
beni pubblici sono venduti a prezzi da svendita.
Al contrario, in una lunga intervista concessa il 7 aprile 2012 al quotidiano svizzero francofono Le Temps da
Costas Mitropoulos, uno dei personaggi incaricati del programma di
privatizzazioni in Grecia, così viene citato e commentato questo
programma:
“Ad Atene, gli uffici del Fondo
ellenico di sviluppo del patrimonio della Repubblica (“Hellenic
Republic Asset Development Fund “) sono adiacenti ad un museo consacrato
alla storia della capitale greca. Un simbolo, visto che il processo di
privatizzazione condotto da una ventina di tecnici, sotto la direzione
dell’ex banchiere Costas Mitropoulos, deve cambiare in conclusione la
fisionomia della Grecia.
È a questo Fondo, costituito su
richiesta dell’Unione europea (UE), che lo Stato greco trasferisce
progressivamente le sue proprietà, le concessioni e le partecipazioni
che devono trovare acquirenti. Con l’obiettivo, secondo i progetti
iniziali della UE, di mettere nel salvadanaio almeno 50 miliardi di euro
di introiti, a partire da adesso fino al 2017.”
Costas Mitropoulos, banchiere, che ha
espletato le sue attività a Ginevra, sottolinea che “da parte dello
Stato greco, il trasferimento delle proprietà sul nostro Fondo ha visto
un’accelerazione.”
Ed egli continua. “Il nostro principale messaggio che vogliamo
diffondere è che noi non siamo lo Stato greco! Noi rappresentiamo un
Fondo indipendente incaricato delle privatizzazioni, a questo momento
già proprietario del 3% del territorio della Grecia. Abbiamo ricevuto
un mandato di tre anni, e siamo protetti da qualsiasi interferenza
politica.”
Il giornalista de Le Temps insiste: “Lo siete veramente? Le privatizzazioni, in tutto il mondo, sono sempre molto politiche e lo Stato greco, che conserverà la sua presenza nel capitale di numerose società, ha una reputazione non certo brillante…”
La risposta è senza equivoci: “Come
banchiere di affari, ho presieduto alle sorti di una delle più
importanti fusioni-acquisizioni in Grecia: il riscatto da parte del
gruppo internazionale Watson del gruppo farmaceutico ellenico Specifa
per quasi 400 milioni di euro. Io conosco le regole: un investitore,
per essere attualmente interessato ad una privatizzazione greca, deve
poter contare di triplicare o quadruplicare l’impiego di capitale. Un
euro investito deve produrne tre o quattro.” (18)
I sacrifici imposti ai lavoratori permettono di contenere una spinta rivendicativa nei paesi del Centro Europa
Gli arretramenti sociali inflitti ai
lavoratori greci (ma anche portoghesi, irlandesi, spagnoli, italiani…)
mettono sulla difensiva i lavoratori della Germania, dell’Olanda,
dell’Austria, della Francia, del Belgio…I loro dirigenti sindacali
temono di dovere dare corso a conflitti. Questi sindacalisti si
interrogano su come rivendicare aumenti salariali se in un paese come
la Grecia, membro dell’Eurozona, il salario minimo legale è stato
ridotto del 20% o più.
D’altro canto, si constata con
costernazione che alcuni dirigenti sindacali dei paesi nordici
(specialmente della Finlandia) considerano che esiste del buono nel
Patto di bilancio europeo, chiamato anche Patto per la stabilità, il
coordinamento e la governabilità (TSCG), e nelle politiche di
austerità, in quanto deputate a rafforzare la sana gestione del
bilancio degli Stati.
[N.d.tr.: Il TSCG, oltre ad instaurare definitivamente una
politica di austerità, mina l’indipendenza degli Stati, che non
potranno più decidere in modo sovrano del proprio bilancio nazionale. E
in Italia questo fiscal compact è stato inserito perfino in
Costituzione, …per essere sicuri della sua applicazione nel presente e
per il futuro, condizionando in perpetuo l’azione economica dei
prossimi governi]
Ancora sull’Accordo di Londra del 1953 relativo al debito tedesco e il piano Marshall
Come indicato nell’articolo
“Grecia-Germania : chi deve a chi? (parte prima) La cancellazione del
debito tedesco a Londra nel 1953”, i termini dell’Accordo firmato a
Londra contrastano radicalmente con i metodi con i quali attualmente
viene trattata la Grecia. Venivano assemblate molteplici condizioni per
consentire alla Germania Occidentale di svilupparsi rapidamente,
permettendo la ricostruzione del suo apparato industriale.
Non solamente il debito contratto
dalla Germania nel periodo compreso fra le due guerre mondiali veniva
ridotto del 60%, ma sia il regolamento dei debiti di guerra sia il
pagamento delle riparazioni alle vittime civili e agli Stati venivano
rimandati a data da destinarsi: di fatto, alla riunificazione tedesca
intervenuta nel 1990 e al Trattato di pace sottoscritto a Mosca nel
medesimo anno fra le autorità delle due Germanie in corso di
unificazione, gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna e
la Francia.
Dunque, il fardello delle riparazioni
sull’economia tedesca è stato differito per un bel tratto di tempo. E
nel caso delle riparazioni dovute alla Grecia, queste hanno impegnato
ben poco la Germania, visto che le autorità tedesche si rifiutano di
dare seguito alle richieste della Grecia.
A differenza di quello che era
successo alla conclusione della Prima guerra mondiale, dopo la Seconda
guerra mondiale le potenze occidentali hanno voluto evitare di far
pesare sulla Germania il gravame di rimborsi insostenibili, in quanto
hanno considerato che comunque erano state loro a favorire l’accesso al
potere del regime nazista. Inoltre, le potenze occidentali volevano
una Germania Occidentale economicamente forte (ma disarmata ed occupata
militarmente) da contrapporre all’Unione Sovietica e ai suoi alleati.
Niente del genere ha concorso in favore della Grecia e degli altri
paesi della periferia all’interno dell’Unione europea.
Per conseguire questo obiettivo, non
solamente il fardello del debito è stato fortemente alleggerito e aiuti
economici sotto forma di doni sono stati concessi alla Germania, ma
soprattutto è stato concesso a questa nazione di mettere in atto una
politica economica decisamente orientata al suo ridispiegamento nel
campo geo-strategico. I grandi gruppi industriali privati hanno potuto
consolidarsi, perfino quelli che avevano giocato un ruolo essenziale
nell’avventura militare della Prima guerra mondiale, nel sostegno ai
Nazisti, nel genocidio dei popoli ebraico, tzigano…, nella spoliazione
dei paesi occupati o annessi, nella produzione militare e nello sforzo
logistico gigantesco della Seconda guerra mondiale. La Germania ha
potuto sviluppare impressionanti infrastrutture pubbliche, ha potuto
sostenere le sue industrie in modo da soddisfare la domanda interna e
di conquistare i mercati esteri.
Per di più, la Germania è stata
autorizzata a rimborsare una gran parte del suo debito nella sua moneta
nazionale. Per dare concretezza a tutto questo, è sufficiente
riflettere sulla situazione seguita all’Accordo di Londra del 1953. Ad
esempio, la Germania rimborsava al Belgio e alla Francia una parte dei
suoi debiti contratti fra i due conflitti in “deutsche marks” (marchi tedeschi).
Questi “deutsche marks” che non avevano alcun valore negli scambi con
il resto del mondo, i Belgi e i Francesi hanno tentato di disfarsene
rapidamente acquistando merci e strumentazione di produzione germanica,
contribuendo così a rifare della Germania una grande potenza
esportatrice. Per loro parte, la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, la
Spagna, l’Estonia, la Slovenia e gli altri paesi periferici
dell’Eurozona devono rimborsare i loro debiti pubblici in euro, quando
si verifica il loro deficit commerciale nei confronti dei paesi più
forti dell’Eurozona. Nello stesso tempo, le potenze che dominano
l’Eurozona li obbligano, attraverso la Commissione europea e i Trattati
adottati, a portare avanti politiche che impediscono loro di
soddisfare sia la domanda del loro mercato interno che quella delle
esportazioni. Quand’anche questi paesi si impegnino ad esportare, sono
indotti a ridurre sempre più i salari, fattore che comprime la domanda
interna ed accentua la recessione.
Il programma di privatizzazioni dà
l’ultimo tocco, quello di portare al degrado il loro apparato
industriale, le loro infrastrutture e il loro patrimonio in generale.
Per uscire da questo vicolo cieco,
bisogna mettere in opera un insieme di misure economiche e sociali che
rompano radicalmente con le politiche condotte fino ad oggi, tanto nel
quadro nazionale che a livello europeo. Perciò è necessario realizzare
urgentemente un programma che possa contrapporsi alla crisi. (19)
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