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07/11/2012

Sette, mostri e populismi eversivi. I conflitti per uso e controllo della tv alle elezioni

I paragoni tra il movimento 5 stelle e Scientology negli ultimi mesi si sono sprecati. Specie a partire dal momento in cui si è capito che Beppe Grillo stava uscendo dalla dimensione del partito più o meno testimoniale. Bisogna dire che, per essere una lista che può addirittura arrivare prima alle prossime politiche, del movimento 5 stelle si sa ancora poco. Si conoscono poco soprattutto i rapporti tra la Casaleggio e i nodi territoriali, l’eventuale catena di comando ed i poteri reali. E in democrazia questi sono passaggi importanti da conoscere. Ne va della fiducia o meno verso un partito o un movimento. E’ interessante notare però come l’accusa di essere una setta, dall’interno come dall’esterno del movimento, arrivi al M5S a causa del problema delle presenze televisive.

Grillo notoriamente emette infatti una fatwa via internet nei confronti di coloro che partecipano a trasmissioni televisive. Chi vi partecipa, in un modo o in un altro, finisce poi per isolarsi od essere isolato dal resto del movimento. I dissidenti, a loro volta, finiscono in tv o sui giornali, e persino sui social media, per denunciare la “mancanza di democrazia nel movimento”.  Il conflitto è evidente: tra Grillo, che detiene l’egemonia della comunicazione verso gli old media, e parte del movimento. Che, secondo le tendenze finora espresse, dovrebbe restare nell’ambito della comunicazione di rete. Come sappiamo infatti, nonostante la rivoluzione tecnologica e della comunicazione degli ultimi anni, nel mondo istituzionale è soggetto politico chi comunica abitualmente in televisione. E così si è aperto un conflitto reale, nel movimento 5 stelle, che è anche naturale in un soggetto politico che si vuole a rete.

Federica Salsi, consigliere comunale del M5S a Bologna che ha ricevuto una fatwa di Grillo per la sua apparizione televisiva, ha definito “un mostro” il movimento che si sta sviluppando. Al di là di qualsiasi considerazione, o anche esagerazione, noi lo diciamo da tempo: quanto più il movimento di Grillo dà risposte credibili di democrazia interna tanto più, in un periodo difficile come questo, potrà essere accettato dal paese. E’ inutile tutte le volte citare il proprio nonstatuto all’esterno per essere accettati come credibili. Se si sta diventando secondo, o addirittura primo, partito d’Italia bisogna saper parlare e convincere milioni di persone anche non elettori del movimento. Altrimenti le spinte centrifughe sono destinate a moltiplicarsi.

Ma, sul terreno della tv, le cose sul fronte dei cosiddetti “democratici” non vanno certo meglio. Eugenio Scalfari, nel suo consueto editoriale della domenica su Repubblica, ha ammonito i giornalisti televisivi, in particolar modo Santoro, per il fatto di occuparsi di Grillo.  Santoro, secondo Scalfari, darebbe così troppo spazio a Grillo rigonfiando il consenso di quello che il fondatore di Repubblica chiama “populismo eversivo”. Ora bisogna considerare come, per Scalfari, eversivo sia qualsiasi movimento che non è d’accordo con la suicida linea Monti-Bce. Allo stesso tempo ne esce una curiosa concezione della democrazia: se emergono i movimenti la tv non ne deve parlare. Anche se, come per la puntata di Santoro, pochissimi giorni prima hanno avuto successo in una importante tornata elettorale. Bisognerebbe ricordare a Scalfari che in Europa, una quindicina di anni fa, quella del silenzio dei media verso i movimenti fu la strategia adottata da Milosevic. Che finì detronizzato dalla piazza pochi anni dopo.

Da tutto questo emerge un problema ancora oggi centrale: quello del rapporto tra televisione generalista e democrazia. Un problema non da poco in un paese dove, per non aver risolto il problema, si è espresso il ventennio berlusconiano. E dove alla vigilia di importanti elezioni diversi partiti, in realtà ectoplasmi, esistono solo perchè stanno nel palinsesto delle notizie sui principali telegiornali.

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