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23/11/2012

Come finirà la Concordia?

“….a pensar male, si fa peccato…”, però, sulla scorta dei fatti e degli aggiornamenti sul recupero della Concordia tracciati dall’ammiraglio  Dell’Anna in margine all’ultima riunione del Propeller club di Livorno,  vien da pensare che (parafrasando Gadda) l’affare potrebbe trasformarsi  in un “pasticciaccio brutto all’italiana”.
In sintesi, il direttore marittimo della Toscana riferì, infatti, che  la fase di messa in sicurezza del relitto può dirsi sostanzialmente
conclusa e che, probabilmente, il bello deve ancora venire poiché, in  pratica, non è dato sapere dove – e, sopra tutto, come – la nave andrà a finire con il considerevole pescaggio che avrà una volta ricondotta in condizioni di galleggiare.
Con l’ausilio degli ormai famosi cassoni appositamente costruiti, il colosso, che, nel frattempo, ha subito deformazioni e spostamenti, dovrebbe essere, infatti, rimesso dritto e, con il massimo di ogni cautela, trainato in un porto per essere demolito. Il fatto è che il pescaggio del relitto, che verrà raddrizzato, al lordo dell’acqua che contiene, non sarà inferiore ai 18 metri, tale, cioè, da non poter accedere ad alcuno dei porti attrezzati per l’opera di smantellamento e neppure in altri di quelli non attrezzati tranne, forse, Trieste che, con i suoi 18 metri e più, non ha eguali nel Mediterraneo e supera i nordici Rotterdam e Anversa (16 metri).

Va, inoltre, considerato – stando sempre alle informazioni attinte dall’ammiraglio Dell’Anna – che il difficoltoso e rischiosissimo
trasferimento a rimorchio, naturalmente da effettuarsi solo in ore diurne, con mare assolutamente piatto e tempo buono, non potrà svolgersi che ad una velocità massima di 1,5 nodi e con gli occhi rivolti sempre al cielo per scongiurarlo di tenere ben lontano qualsiasi tipo di imprevisto.
Sono in molti a chiedersi perché la nave, adagiata su un basso fondale per avere imbarcato acqua a causa di un grosso squarcio nella carena, non venga rimessa in galleggiamento svuotandola dell’acqua che contiene dopo aver saldato la falla e ogni altra via di allagamento nell’opera viva.
Si è sostenuto che l’acqua marina contenuta nella Concordia ormai è un liquido inquinante e non potrebbe essere dispersa in amare. Ci si chiede, allora, perché, dopo aver sigillato le vie d’acqua, non alleggerire la Concordia pompandone il contenuto su navi cisterna per  trasportarlo in un sito (non ancora individuato) idoneo ad un regolare smaltimento?

Si, perché, se la pietra dello scandalo è l’acqua inquinata contenuta nel relitto, bisogna considerare che, quali che siano le modalità impiegate per il suo recupero, essa dovrà, comunque, essere pompata via e conferita in un ipotetico impianto di trattamento che sia capace di ricevere quantitativi del genere.

A che scopo correre i moltissimi e gravi rischi che comporta un trasferimento a rimorchio in quelle condizioni che non hanno precedenti se poi, una volta in vista di un porto di destinazione, si dovrà decidere di alleggerire la nave di una parte del liquido tale da consentirle l’accesso?
Come non pensare che, allora, tanto sarebbe valso farlo prima e rischiare molto meno?
Una volta rimossa dalle acque dell’isola del Giglio, la Costa Concordia  giungerà mai a una destinazione, quale che sia?
E’ davvero un bell’impiccio, forse addirittura un “pasticciaccio” che non ci stupiremmo di vedr finire all’italiana.

Inviato a Senza Soste da Renato Roffi

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