Chiusura. Per il Gruppo Riva non ci sono alternative
dopo il provvedimento di sequestro emesso oggi dal Gip di Taranto. Una
decisione che comporterà “in modo immediato e ineluttabile
l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la
cessazione di ogni attività nonchè la chiusura dello stabilimento di
Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la
propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto”. In
pratica, una ritorsione. E’ quanto ha scritto l’azienda
in una nota diramata nel pomeriggio. Un comunicato in cui la società ha
anche reso noto che “proporrà impugnazione avverso il provvedimento di
sequestro e, nell’attesa della definizione del giudizio di impugnazione,
ottempererà all’ordine impartito dal gip di Taranto”.
La clamorosa decisione di Riva Group è arrivata dopo i 7 arresti effettuati oggi insieme al sequestro dei prodotti finiti.
I primi ad avere la notizia sono stati i sindacati, a cui la società ha
comunicato la chiusura immediata dell’area a freddo del siderurgico
tarantino. ”L’azienda ci ha appena comunicato la chiusura, pressoché
immediata, di ‘tutta l’area attualmente non sottoposta a sequestro’ e
ciò riguarda oltre 5000 lavoratori cui si aggiungerebbero a cascata, in
pochi giorni, i lavoratori di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica”. E’ quanto detto dal segretario Fim Cisl Marco Bentivogli.
La
Procura ha infatti sequestrato ‘coils’ e lamiere prodotti nelle ultime
settimane in quanto li ritiene ‘provento e profitto di attività
penalmente illecita’, quella cioé derivata dagli impianti dell’area a
caldo, altiforni e acciaierie, che dal 26 luglio scorso sono sotto
sequestro senza facoltà d’uso con l’accusa di disastro ambientale.
L’Ilva, dicono i pm, non poteva produrre dopo il sequestro e il fatto
che abbia continuato a farlo è un illecito. Di qui il blocco dei
prodotti derivati da quest’attività. Per l’area a freddo, causa la crisi
di mercato, l’Ilva aveva già fermato alcuni impianti nei giorni scorsi
come il treno lamiere e il rivestimento tubi, ai quali
si è aggiunto dalla fine della scorsa settimana anche il tubificio due.
Per effetto di questa fermata 700 lavoratori sono in ferie forzate in
attesa che l’Ilva definisca con i sindacati metalmeccanici
un accordo sulla cassa integrazione ordinaria, già chiesta per 2mila
unità. Adesso, invece, dopo il sequestro la società ha deciso di fermare
tutta l’area a freddo e quindi più impianti. Si calcola che circa 5mila
potrebbero essere i lavoratori coinvolti in questo stop.
Non solo chiusura: l’Ilva annuncia ricorso al sequestro
La
società del gruppo Riva, dopo la clamorosa decisione, ha comunque
annunciato ricorso al provvedimento di sequestro. La presa di posizione
parte dal fatto che “Ilva non è parte processuale nel procedimento
penale – si legge nella nota – ed è quindi estranea a tutte le
contestazioni ad oggi formulate dalla Pubblica Accusa”. Non solo. La
società, dopo aver ricordato “che lo stabilimento di Taranto
è autorizzato all’esercizio dell’attività produttiva dal decreto del
Ministero dell’Ambiente in data 26.10.2012 di revisione dell’AIA” ha
sottolineato che “il provvedimento di sequestro di oggi si pone in
radicale e insanabile contrasto rispetto al provvedimento autorizzativo
del Ministero dell’Ambiente”. Da questa presa di posizione, quindi,
deriva “l’impugnazione avverso il provvedimento di sequestro” e
“nell’attesa della definizione del giudizio di impugnazione, ottempererà
all’ordine impartito dal GIP di Taranto”.
La società: “A Taranto nessun rischio per la salute”
Infine la provocazione diretta ai magistrati, con la messa a disposizione da parte dell’Ilva
delle consulenze attestanti la conformità dello stabilimento alle leggi
anti-inquinamento. “Per chiunque fosse interessato – hanno comunicato i
vertici dell’azienda – Ilva mette a disposizione sul proprio sito le consulenze,
redatte dai maggiori esponenti della comunità scientifica nazionale e
internazionale, le quali attestano la piena conformità delle emissioni
dello stabilimento di Taranto ai limiti e alle prescrizioni di legge, ai
regolamenti e alle autorizzazioni ministeriali, nonché l’assenza di un
pericolo per la salute pubblica”. Ilva, infine, ha ribadito “con forza
l’assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile
alla propria attività industriale, così come le consulenze
epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano”.
Fonte
Ormai è palese che il gioco del gruppo Riva sia quello di alzare il tiro, fomentando il malcontento dell'ovina massa operaia, per scaricare i costi di uno stabilimento alla frutta sulle spalle dello Stato.
Capitalismo di rapina con la connivenza di ogni amministrazione, nazionale e locale, degli ultimi 20 anni almeno.
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