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21/11/2012

Cina, il lato oscuro del miracolo economico

BBC-World ha intervistato Hsiao-Hung Pai, autore di Scattered Sands (con Greg Benton, pubblicato nell’agosto 2012) e di Chinese Whispers (2008), due studi fondamentali sul fenomeno  migratorio cinese.

 Il miracolo cinese degli ultimi tre decenni nasconde dati importanti. Con una crescita economica annua del 10%, il gigante asiatico si è trasformato nel primo esportatore e importatore del pianeta (una parte importante di queste importazioni serve per operazioni di montaggio necessarie alle esportazioni), e nella nazione che possiede le più importanti riserve di divise al mondo, sul punto di superare gli Stati Uniti in qualità di più grande mercato interno mondiale (i progressi nella crescita del mercato interno restano per ora limitati: investimenti ed esportazioni hanno sempre una posizione sproporzionata nel PIL).
Ma il suo miracolo ha un lato oscuro. La colonna vertebrale di questo balzo economico sono i più di 200 milioni di migranti che hanno abbandonato la campagna per andare a cercare lavoro in città. Questi migranti costituiscono un terzo della popolazione economicamente attiva (in età per lavorare, vale a dire tra i 15 e i 64 anni) e non hanno nessun accesso alla sanità e all’educazione. Per loro,  il miracolo cinese resta un’utopia. (Redazione)
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In “Scattered Sands”, descrivete una situazione di marginalizzazione e di estrema vulnerabilità dei migranti, che operino nel  settore minerario, dove ci sono più di 3000 morti all’anno per incidenti, nel settore manifatturiero o in quello della costruzione. Si può dire che i migranti cinesi sono il nuovo proletariato ipersfruttato?
I lavoratori migranti guadagnano la metà della paga di un salariato urbano medio e non beneficiano di alcuna protezione del lavoro o legale.
Non hanno un contratto di lavoro, le condizioni di sicurezza sono precarie o inesistenti, i salari sono miseri e, vista l’assenza di un diritto del lavoro, questi lavoratori sovente non ricevono nemmeno un salario. A questo si aggiunge la questione del registro della popolazione, lo Hukou (carta di residente per persone), che garantisce un certo accesso alla sanità e all’educazione pubblica.
Un contadino non può trasferire il suo Hukou in città. Nel migliore dei casi, ottiene un permesso di residenza transitorio. Se si ammala, deve pagare come un paziente privato o tornare al suo luogo d’origine per essere curato. Un intervento d’urgenza può rappresentare una tragedia non solo a livello fisico, ma anche sul piano finanziario.
Riassumendo, questi oltre 200 milioni di migranti interni sono veri e propri fantasmi che circolano attraverso le città cinesi senza alcun diritto. Questa realtà è negata dalla società e dal governo. Agli occhi dei vincitori del modello cinese, le classi medie e i ricchi, i migranti sono dei contadini che vivono in queste condizioni in ragione della loro ignoranza e della loro mancanza di cultura.

È una situazione spaventosa, ma se queste persone emigrano, significa che si trovano meglio in città che in in campagna…
È una scelta senza libertà. È dettata dalla disperazione, perché non hanno nessun’altra opzione. Una causa tipica della migrazione è la questione della salute. La sanità è nelle mani dello Stato, ma dopo che Deng Xiao Ping ha lanciato il suo Gaige Kaifan, cioè l’apertura pro-capitalistica dell’economia, si traduce in criteri di profitto economico secondo i quali le cure mediche sono care e non accessibili a tutti.
Uno dei numerosi casi che ho presentato nel mio libro è quello di un giovane contadino chiamato Peng che ha dovuto emigrare per pagare le cure mediche di suo zio. Si è ritrovato a lavorare a Pechino nel settore della costruzione e nelle agenzie di sicurezza privata, due settori che offrono molti posti in nero. Sovente non veniva semplicemente pagato per il lavoro che faceva, ma non poteva nemmeno tornare a casa perché la sua famiglia dipendeva totalmente dal poco che riusciva a guadagnare.
Un'altra ragione tipica della migrazione è la confisca delle terre. La terra appartiene allo Stato che la cede in generale ai contadini per un periodo di 30 anni. Ma, a causa dello sviluppo e dell’enorme  speculazione immobiliare, le autorità municipali hanno l’abitudine di confiscare le terre e sovente non pagano nemmeno la compensazione che dovrebbero versare secondo la legge. Privati della loro terra, che era il loro mezzo di sussistenza, i contadini decidono di emigrare verso le città.

Qual è la logica politico-sociale del Hukou?
Il governo ha introdotto lo Hukou nel 1958 per controllare la migrazione dalle campagne verso le città e per promuovere un’industrializzazione accelerata, finanziata con le imposte e il sacrificio dei contadini. In pratica, il sistema funziona oggi nello stesso modo di un ufficio per l’immigrazione di un paese straniero. Ogni autorità locale ha il proprio sistema.
A Shanghai e a Guanzhou, i due centri chiave della crescita economica cinese, c’è un sistema di punti simile a quello in vigore in Gran Bretagna sulla base della quale gli immigrati vengono accolti. Si tiene conto dell’età, dell’educazione, del tipo di impiego, dei diplomi e dell’esperienza professionale di colui che sollecita lo Hukou. Solo quelli che ottengono il numero di punti più elevato possono accedere al Hukou e beneficiare della politica pubblica per l’alloggio, la sanità e l’educazione.
Quelli che non hanno abbastanza punti ottengono, nel migliore dei casi, un permesso di residenza temporaneo o diventano subito illegali. Nei due casi, sono condannati a un’esistenza semi-marginale.

Ma ci sono stati tentativi di cambiare lo Hukou, come l’universalizzazione delle pensioni e l’accesso alla sanità e all’educazione…
Il governo di Sichuan ha iniziato una riforma del Hukou che dovrebbe entrare in vigore quest’anno (2012) e che permette a un contadino di trasferire il suo Hukou dalla campagna verso la città. Ma c’è una condizione: il contadino deve abbandonare il diritto che ha sulla terra che sta coltivando. Questo ha fatto fallire la riforma perché i contadini considerano questa misura come un confisca indiretta della terra. Dal momento che non si fidano delle autorità, credono di perdere così il poco che hanno e sono convinti che non riceveranno mai la compensazione a cui avrebbero diritto.
Nel contempo, la politica ufficiale in corso dal 2012 proclama che la Cina deve passare da un’economia esportatrice a un’economia basata più ampiamente sul consumo. Ma per questo, ci vogliono dei consumatori che, se non hanno accesso alla sanità e all’educazione, dovranno risparmiare al posto di consumare. Per effetto del loro semplice peso numerico, più di 200 milioni di persone, i migranti dovrebbero essere fondamentalmente favorevoli a questo cambiamento… Questi cambiamenti non si produrranno da soli, in ragione di un imperativo economico. Non esiste in Cina il concetto secondo il quale i contadini sono dei cittadini. È considerato cittadino solo chi vive in città.
Un abitante di Pechino può trasferire il suo Hukou a Shanghai o in campagna senza problemi. Un contadino no. Nell’ambito della sanità, la situazione è particolarmente drammatica perché quando nel 1982 sono state abolite le comuni [contadine], che provvedevano gratuitamente alle cure mediche di tutti, i contadini si sono ritrovati senza copertura sanitaria.
Nel 2006, 26 anni più tardi, secondo cifre ufficiali, meno del 10% della popolazione rurale aveva un’assicurazione malattia. I piani previsti per risolvere questa situazione, annunciati in pompa magna, sono falliti. In riferimento a quest’ultima riforma, lanciata nel 2010, non si può dire per ora che si tratti di un vero piano: bisognerà vedere come sarà tradotta nella realtà.

Non ci sono sindacati indipendenti in Cina. Malgrado ciò il livello di conflittualità sindacale è molto elevato. Sono nate organizzazioni indipendenti per rappresentare i lavoratori migranti?
Con la crisi economica del 2008, i lavoratori hanno dato prova di un crescente atteggiamento militante. Nel sud del paese, milioni di persone hanno perso il loro lavoro, sovente senza nemmeno ricevere gli arretrati del salario a cui avevano diritto. Secondo le autorità, ci sono in media 80.000 “incidenti importanti“ all’anno dal 2008. Questi fatti importanti includono delle agitazioni di diversa natura,  proteste, scioperi e occupazioni.
Dato che il sindacato ufficiale ACFTU non solo non rappresenta i lavoratori, ma in più si oppone a qualsiasi protesta – si tratta infatti più di capetti che altro – i lavoratori si sono organizzati informalmente in diversi modi e hanno ottenuto diverse vittorie.
Ma in Cina non è possibile avere delle organizzazioni indipendenti. Circa l’80% delle ONG sono illegali. Talvolta, l’unica maniera di avere un’organizzazione è di creare una società a responsabilità limitata con tutte le restrizioni che questa scelta implica.

Quali sono le prospettive con il cambiamento ai vertici del partito che si sta preparando?
Non ci sono cambiamenti in vista. I cambiamenti non posso avvenire dall’alto verso il basso quando la popolazione stessa non è in alcun modo implicata in questi cambiamenti.

Non è una ironia della sorte  che dopo più di 60 anni da una rivoluzione condotta dai contadini, i contadini siano oggi i più grandi esclusi?
I contadini sono sempre stati relegati al ruolo di aratro dell’industrializzazione cinese. Sotto Mao, la collettivizzazione delle campagne è servita per sostenere la crescita industriale e la popolazione urbana. Con Deng Xiao Ping e il suo “Gaige Kaifang”, è successa la stessa cosa, questo programma aveva privatizzato lo sfruttamento della terra e soppresso la rete di assistenza sanitaria dell’era maoista e allo stesso modo i progressi sociali di quell’epoca.
Il mondo parla di miracolo cinese. Ma se ci si muove nel mercato del lavoro informale che esiste nelle grandi città, la storia è un’altra. I migranti parlano dello sfruttamento, della corruzione, della discriminazione e della marginalizzazione di cui sono vittime. C’è un mondo totalmente diverso che  coinvolge  più di 200 milioni di persone. Come si può considerare miracoloso un modello che sfrutta in questo modo un terzo della sua popolazione economicamente attiva?

La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà del Canton Ticino.


Il socialismo è sicuramente il più grande sconfitto dell'ultimo secolo di storia del mondo, e niente lascia presagire che la situazione sia destinata a capovolgersi

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