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28/11/2012

La bufala delle primarie PD: 1.200.000 elettori in meno

Ieri la pressoché totalità dei giornali e delle TV hanno celebrato le primarie PD come un evento politico che “riavvicina i cittadini alla politica”, “segna un’indubbia novità” e si dimostra un “grande strumento di partecipazione popolare”. Siccome però i numeri sono più certi delle chiacchiere, dell’enfasi e della propaganda, sono andato a verificare quelli delle precedenti primarie PD (o del suo antenato, l’Unione), nelle quali si è votato per eleggere il candidato premier del centrosinistra.


Nella tabella 1 seguente sono riportati i dati dei votanti nelle elezioni primarie del 2005 (nella quali è uscito vincitore Prodi) e del 2007 (che hanno incoronato Veltroni), nonchè il differenziale, sia in valore assoluto che in percentuale, dei votanti.

Anno Vincitore Votanti Diff V.A sul 2005 Diff % sul 2005
2005 Prodi 4.311.149 0 0
2007 Veltroni 3.554.169 -756.980 -17,60%
2012 Ballottaggio 3.107.568 -1.203.581 -27,90%

 E qui abbiamo la prima sorpresa: rispetto a 5 anni fa il numero di coloro che hanno votato alle primarie PD è calato di quasi mezzo milione (esattamente 446.601 in meno). Ma se paragoniamo il dato odierno con quello di 7 anni fa il calo è clamoroso: oltre 1.200.000 elettori in meno. In altri termini più di un elettore su quattro, tra coloro che avevano votato nel 2005, non si è recato alle urne nel 2012. E sono quasi certo che non sono elettori di Mastella... La cosa assume maggiore rilevanza se si tiene conto che le primarie del 2005 e quelle del 2007 avevano un risultato scontato: Prodi e Veltroni non avevano veri competitori. In queste primarie invece erano candidati, oltre alla novità Renzi, anche un leader con un certo seguito elettorale come Niki Vendola. Eppure hanno votato in molti di meno rispetto alle volte precedenti. Che poi che ci fossero le file ai seggi è imputabile al fatto che circa la metà degli elettori si è registrata direttamente al momento del voto. E questo ha allungato, inevitabilmente, i tempi d’operazione di voto. Pensate a cosa succederebbe se metà degli elettori italiani, quando si recheranno alle urne nella prossima primavera, si facessero fare la tessera elettorale direttamente al seggio: sarebbe il caos!

Seconda considerazione: gli elettori italiani (escluse le circoscrizioni estere) sono 47.141.807. Quindi la percentuale di affluenza alle urne è stata del 6,6% sul totale. Ma anche prendendo a riferimento i circa 13.000.000 d’elettori di cui è accreditata, nei sondaggi, la coalizione di centro-sinistra non si arriva al 25% degli elettori di PD-SeL-Psi. Sono percentuali da “grande partecipazione popolare”? Possiamo dire che “i cittadini si sono riavvicinati alla politica”?

Ma c’è una terza considerazione che è, a mio avviso, decisiva per identificare la natura di queste primarie: quella di comparare l’affluenza di voto per ogni singola regione con quella generale nazionale. Più le primarie sono il risultato di una partecipazione reale dei cittadini, più le due percentuali si avvicinano; più le primarie sono legate alla partecipazione dei militanti più divergono ed assomigliano alla composizione degli iscritti ai partiti, segnatamente del PD. In altre parole, nel primo caso avremo come risultato che la partecipazione dei cittadini alle primarie in Lombardia è simile al 15,8% (che è la percentuale totale di elettori lombardi sul totale nazionale). La tabella 2 mostra proprio la comparazione tra percentuale d’elettori alle primarie per regione e percentuale nazionale degli elettori per regione.

Regione % Votanti Primarie % Elettori italiani Differenza
Emilia-Romagna 14,2 7,1 +7,1
Toscana 13,9 6,2 +7,1
Umbria 2,4 1,5 +0,9
Basilicata 1,5 1,0 +0,5
Marche 3,0 2,6 +0,4
Lazio 9,7 9,4 +0,3
Liguria 2,8 2,8 0
V.Aosta 0,1 0,2 -0,1
Calabria 3,3 3,4 -0,1
Molise 0,4 0,6 -0,2
Abruzzo 2,0 2,3 -0,3
Friuli 1,6 2,1 -0,5
Sardegna 2,3 2,8 -0,5
Trentino 0,9 1,6 -0,7
Lombardia 14,2 15,8 -1,6
Piemonte 5,7 7,4 -1,7
Puglia 5,0 7,0 -2,0
Veneto 5,3 7,9 -2,6
Campania 7,0 9,7 -2,7
Sicilia 4,7 8,6 -3,9

Come si vede i risultati parlano chiaro: sono le regioni “rosse”, cioè quelle dove ci sono più iscritti al PD, che hanno votato di più (compresa la Basilicata che è l’”Emilia del Sud”) e che hanno un differenziale positivo. L’unica, parziale, eccezione è il Lazio che però ha solo un +0,3 in più. Ma il Nord (Lombardia, Piemonte e soprattutto Veneto) è largamente sottorappresentato così come le due grandi regioni del Sud: Campania e Sicilia. Significativo il dato della Puglia: è la riprova che la capacità di coinvolgere militanti da parte di Vendola è limitata. Non così per il PD: infatti, Bersani è in testa e vincerà le elezioni. Non si capisce dove Renzi possa prendere dei voti (ricordo che non ci si può iscrivere a votare dopo il primo turno): Vendola, al di là delle dichiarazioni di prammatica per alzare un po’ il prezzo, sa benissimo che i suoi elettori o voteranno Bersani o si asterranno mentre la Puppato e Tabacci (che pure ha fatto endorsement per Bersani) hanno dimostrato di non contare assolutamente nulla.

In conclusione, queste elezioni primarie hanno registrato, dati alla mano, un’affluenza modesta, un calo consistente dei votanti e una partecipazione più legata alla militanza che non una reale e libera partecipazione dei cittadini. Renzi tutto questo l'ha sottovalutato, non ha tenuto cioè conto delle parole del compagno Gianni Marchetto che, il 2 dicembre del 1989, durante un dibattito alla sezione PCI di Mirafiori, disse:
I comunisti, quando perdono l’idea della rivoluzione, perdono il senso dell’avventura. E i comunisti, quando perdono il senso dell’avventura, diventano gente noiosa e anche pericolosa ” 

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