Le vicende
internazionali del nostro pianeta ci vengono presentate nella sua veste
ottimale, da cui ne viene fuori – come inevitabile reazione – l’orgoglio
di sentirsi europei. Da noi va tutto bene, con la chicca del nostro
circo italiota in piena campagna elettorale, tanto per aggiungere delle
spezie divertenti.
Le persone,
quindi, sono più che autorizzate a pensare che da noi (in Europa) non
sta accadendo nulla se non le consuete mestizie propagandistiche
nostrane e speriamo che vinca il migliore (cioè il partito per cui uno
ha deciso di votare).
Poi,
all’improvviso, compare su qualche giornale un annuncio direi quasi
comico. Viene data la notizia che la presidenta argentina Cristina
Kirchner, due giorni fa, ha inviato 28 tweet in 26 minuti al segretario
del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, come se avesse
avuto una specie di attacco isterico o come se stesse protestando per
qualche ragione che non viene spiegata, una specie di sfogo pubblico,
come se fosse Belen Rodriguez che parla di Fabrizio Corona. I giornali
europei ne parlano molto poco (quelli italiani quasi per nulla) e
compaiono due articoletti su La Stampa e Il sole 24 ore.
Ma che cosa sta accadendo, in realtà? E che cosa ha a che vedere con noi?
Direi molto di più di troppo: praticamente tutto.
Perché
quei 28 tweet sono la traduzione mediatica immediata, da applicare sui
social network, di furibonde battaglie al fronte di una guerra che non è
una querelle isterica tra due donne potenti, non è una questione
periferica in quel di Sudamerica, ma che ci riguarda in prima persona
tutti. Intendo dire tutti gli italiani. E non solo.
Perché si avvicina la resa dei conti.
Perché
l’Argentina, per ovvi motivi storico-politico-culturali, è legata a
doppio filo con la Spagna, dove sta esplodendo la prima
tangentopoli che riguarda Banco Popular, Caxia Bank, Banco Libertador e
(surprise!) il Banco Santander con i loro legami con lo Ior e l’Opus Dei
e con le banche italiane (vera motivazione del fatto per cui oggi, 4
febbraio 2013, l’intero comparto bancario europeo va a picco in borsa).
Perché
i sindacalisti spagnoli sono andati a spiegare che cosa sta accadendo
da loro alla televisione argentina, brasiliana, cilena, uruguaiana. I
responsabili del partito socialista spagnolo, intervistati dalla
televisione argentina, hanno cominciato a dare specifiche e precise
informazioni, con nomi, date, dati, cifre, su “un vasto sistema di
corruttela diffusa in tutte le nazioni dell’euro dove una ristretta
pattuglia di oligarchi aristocratici si è messa al servizio dei colossi
finanziari e prende ordini direttamente dal Fondo Monetario
Internazionale devastando e distruggendo l’intera struttura industriale
europea, provocando disoccupazione, crollo dei consumi, abbattimento del
mercato del lavoro, impoverendo il tessuto sociale, anche e soprattutto
dal punto di vista psicologico-esistenziale” (suona, per caso,
familiare?).
Il tutto
(ovverossia la reazione kirchneriana tweettata) nasce come risposta a un
attacco condotto da Christine Lagarde che ha fatto sapere di aver già
denunciato l’Argentina presso le organizzazioni internazionali del
commercio, prefigurando una possibile espulsione del paese dagli organismi
globali. Perché? Di che cosa è imputata l’Argentina? E perché adesso?
Chi è sul banco degli imputati?
Sul banco degli imputati ci sono tre leggi fatte approvare di recente dal parlamento argentino:
1)
il divieto per le banche nazionali di operare finanziariamente sui
derivati e l’esclusione di investimento da qualsivoglia forma di
speculazione sui derivati, con la specifica che il profitto le banche lo
devono realizzare facendo affari con le imprese per le imprese.
2)
l’applicazione di un piano (lanciato un anno fa) di protezionismo
nazionale applicato a tutte le multinazionali (soprattutto europee) che
investono in Argentina nel segmento di mercato “alto” che ha imposto
loro il seguente dispositivo subito applicato: “volete vendere le vostre
auto di lusso qui a Buenos Aires visto che c’è un grosso mercato? Bene,
lo potete fare alle seguenti condizioni: o pagate una aliquota del 50%
allo stato per entrare nel mercato, dato che i vostri prodotti non sono
essenziali per la felicità della nazione se non per i ricchi che possono
permettersi l’acquisto di una vettura che costa 35.000 euro, oppure vi
diamo un’altra opzione: il profitto che realizzate lo depositate nelle
banche nazionali in modo tale da garantirci che non finiranno nel
calderone dei derivati, dopodiché lo investite in loco creando lavoro e
occupazione oppure acquistando merci prodotte dall’agricoltura argentina
– versione green economy biologico eco-sostenibile – che poi rivendete in
Europa e che statisticamente finisce sotto la dizione “esportazioni
argentine” e il profitto ricavato lo reinvestite nel paese d’origine.
3)
diritto di salario minimo garantito di cittadinanza che rialza di un 4%
l’inflazione.
Veniamo al punto 2.
Le imprese europee all’inizio hanno protestato con la Lagarde, la quale
alla fine è stata costretta a cedere. E che cosa è accaduto? BMW, Mercedes Benz, Audi, Maserati, Prada, Bulgari, Christian Dior,
Ferragamo, La Perla, ecc., hanno scelto di accettare pur di non perdere
il mercato. Vendono da matti perché lì i ricconi sono tanti, hanno
aperto società che acquistano riso, vino, formaggio, prodotti
ortofrutticoli, pelli conciate e semiconduttori elettronici, e li
rivendono in Europa e Usa con notevole profitto. Quindi funziona.
Ed
è iniziata la guerra. Perché se passa questo modello e la gente lo
viene a sapere poi lo vuole imporre dovunque e finisce che si viene a
conoscere (nel senso di capire, comprendere) che esiste un’alternativa,
che si chiama “glocal” e che ruota intorno a un perno centrale
dell’economia che va nella direzione opposta a quella di
Bersani/Berlusconi/Monti/Draghi e che consiste nel creare ricchezza nei
singoli territori obbligando le imprese e le aziende a reinvestire il
profitto per rilanciare l’occupazione creando ricchezza.
In
Confindustria hanno perso davvero la testa, perché se passa questo
concetto saltano le mafie dell’allaccio diabolico italiano tra
aziende/partiti/finanza.
Qui
di seguito vi propongo, in copia e incolla, l’opinione della nostra
crema industriale, laddove “Il Sole 24 ore” ieri presentava la
situazione argentina. Vi riporto l’articolo per intero.
L'assurda politica di Cristina Kirchner.
articolo 3 febbraio 2013
Un'idea
bizzarra, a dir poco. Apparentemente senza senso. Che se funziona non
può essere definita in altro modo che geniale, quasi rivoluzionaria, nel
suo piccolo. Ma i risultati dicono che le cose vanno diversamente.
L'idea è sbagliata, non solo bizzarra.
Anzi
peggio, dannosa. Il genio mancato è quello di Cristina Fernández
Kirchner, il presidente argentino che assieme ai suoi ministri sembra
aver perso oltre al consenso di inizio mandato, anche il senso della
realtà. Per sostenere la bilancia commerciale, ha imposto alle imprese
multinazionali che producono sul territorio nazionale di diventare
esportatori di prodotti argentini: importi materie prime e semilavorati
per cento? Devi esportare specialità tipiche per cento. È così che Bmw è
stata costretta ad esportare riso dall'Argentina, Porsche vino e
Pirelli miele. Senza arrivare a nulla. Mentre altre società, come
l'italiana Indesit o la cinese Huawei, scoraggiate dai vincoli
governativi all'import-export hanno rinunciato in partenza a produrre in
Argentina. Che idea, signora Kirchner!
La redazione economica
Fine dell’articolo.
Secondo Confindustria, questo è giornalismo finanziario-economico.
Secondo
loro, con questo articolo, hanno spiegato agli imprenditori italiani
che cosa sta accadendo in Argentina. In un altro articoletto
presentavano lo “sfogo tweetterato” come il prodotto di una isteria
femminile ormai allo sbando.
La
verità è che nel 2012 il 95% dei professionisti, imprenditori, giovani
laureati argentini che nel 2003 erano emigrati in Spagna per via della
disoccupazione e della miseria, sono rientrati in patria. Non
solo. Considerando che nel Regno di Spagna la disoccupazione ha
raggiunto il livello del 27% e tra i giovani (18-35 anni) tocca ormai
la punta del 75%, si sono portati appresso in Sudamerica decine di
migliaia di spagnoli diplomati e laureati in cerca di lavoro, i quali
riferiscono ai loro compatrioti che sono rimasti a Madrid che “è
possibile una alternativa alle attuali politiche europee”. Facilitati
dal fatto di parlare la stessa lingua e grazie alla velocità immediata
garantita dai social network e dalla rete, gli spagnoli (anche i più
conservatori) hanno cominciato a fare domande, a informarsi. Inoltre,
per rintuzzare gli attacchi del Fondo Monetario Internazionale, la
presidenta Cristina Kirchner ci ha tenuto a rispondere per le rime alla
presidente del FMI Christine Lagarde ricordandole “che non accetto
nessuna lezione da un paese aberrante e immorale come la Spagna, nazione
in cui il Fondo Monetario Internazionale in pieno accordo con la BCE ha
seguitato a dare soldi del popolo alle banche i cui dirigenti sono
corrotti e ladri” e per non essere accusata di populismo o demagogia ha
fatto anche i nomi e i cognomi chiamando in causa i principali dirigenti
di Banco Santander e Caxia Bank i quali sono proprio i soci amiconi
del Monte dei Paschi di Siena (e non solo) legati a doppio filo con la
Confindustra italiana, essendo Santander sponsor principale della
Ferrari auto, e Caxia Bank il legame istituzionale tra la cattolicissima
Catalogna e le università e ospedali religiosi italiani finanziati
dallo Ior.
Il fronte della guerra
tra le due Cristine, quindi, si è allargato, perché ha aperto il fronte
europeo (sperando che sia qualcosa di simile allo sbarco in Normandia
nel 1944) esplodendo in quel di Spagna. E bisogna impedire a tutti i
costi che il modello sudamericano venga preso in considerazione come
“potenzialmente interessante perché realistico e sostenibile”.
I
cosiddetti “28 tweet” sono una sintesi realizzata dai consulenti della
comunicazione della presidenta, i quali hanno fatto un editing di un
discorso pubblico durato ben 2 ore e mezza, di una lettera esplosiva
inviata a Sua Maestà il re di Spagna, nella quale gli si spiega che
passerà alla Storia come il responsabile della distruzione e rovina
della nazione iberica, e di una lettera a Chrisitne Lagarde nella quale
la Kirchner spiega che non accettano né ordini, né imposizioni e neppure
suggerimenti da quegli “organismi internazionali che hanno prodotto
negli ultimi dieci anni soltanto aumento della miseria, crollo
dell’economia in Europa, disoccupazione spaventosa”.
A
onor di cronaca va segnalato il quotidiano La Stampa, dove, se non
altro, si è costruito un virgolettato di sintesi che riproduce in
maniera veritiera lo scontro tra le due Cristine. Giustamente è stato
firmato. E’ già qualcosa.
E’ apparso ieri.
Eccolo qui, in copia e incolla.
Kirchner furiosa “distrugge” il Fmi con 28 tweet in meno di mezz’ora
L’attacco della “Presidenta” dopo che il Fondo Monetario Internazionale aveva condannato le statistiche “inesatte” su inflazione e Pil dell’Indec, l’Istat argentino
PAOLO MANZO. La Stampa. 3 Febbraio 2013
28
tweet in mezz’ora, alla media record di 140 caratteri al minuto. La
presidenta argentina Cristina Kirchner ha sfogato così via Twitter tutto
il suo disprezzo nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, che
24 ore prima aveva condannato ufficialmente le statistiche “inesatte” su
inflazione e Pil dell’Indec, l’Istat del paese del tango. Ecco in
sintesi il “Cristina pensiero” contenuto nei
28 tweet postati a velocità record da una presidenta mai così furiosa e presente su Internet.
“Chi
poteva immaginare allora un mondo trascinato a terra dai mercati
finanziari? Néstor il mio compagno aveva previsto tutto. Dove stava il
FMI che non ha potuto accorgersi di nessuna crisi? Dove stava quando si
formavano non bollicine bensì mongolfiere speculative? Dove stava uno
dei suoi ex direttori (il riferimento è allo spagnolo Rodrigo Rato, ndr)
quando Bankia, la banca che lui dirigeva, ha dovuto essere aiutata con
miliardi di euro? Oggi la Spagna ha il 26% di disoccupati, in gran
maggioranza giovani e sfrattati. In quali statistiche sono raffigurate
queste tragedie? Quali sono i parametri o le “procedure” con cui il FMI
analizza i paesi falliti che continuano ad indebitarsi, con popolazioni
che hanno perso la speranza? Che succede con i paesi emergenti come noi
che hanno sostenuto l’economia mondiale nell’ultimo decennio e a cui
oggi vogliono mettere in conto i piatti rotti da altri? Conoscete
qualche sanzione del FMI, qualche decisione contro questi altri che si
sono arricchiti e che hanno fatto fallire il mondo? No, la prima misura
che prende il FMI è contro l’Argentina.
L’Argentina
alunna esemplare del Fondo Monetario Internazionale negli anni Novanta,
che seguì tutte le ricette del FMI e che, quando esplose nel 2001, è
stata lasciata sola. Argentina 2003. Da sola, senza accesso al mercato
finanziario internazionale l’Argentina ha visto crescere in 10 anni il
suo PIL del 90%, la crescita maggiore di tutta la sua storia.
L’Argentina che ha costruito un mercato interno con l’inclusione sociale
e le politiche anticicliche. Ha pagato tutti i suoi debiti al FMI, ha
ristrutturato due volte, nel 2005 e nel 2010, il suo debito andato in
default con il 93% di accordi con i suoi creditori senza chiedere più
nulla in prestito al mercato finanziario internazionale, per farla
finita con la logica dell’indebitamento eterno. E con il business
perenne di banche, intermediari, commissioni, ecc, che avevano finito
con il portarci al default del 2001. Questa sembra essere la vera causa
della rabbia del FMI.
L’Argentina
è una parolaccia per il sistema finanziario globale di rapina e per i
suoi derivati. L’Argentina ha ristrutturato il suo debito e ha pagato
tutto, senza più chiedere nulla in prestito. 6.9% di disoccupati, il
migliore salario nominale dell’America latina e il migliore potere
d’acquisto misurato in Dollari statunitensi. Nel 2003 avevamo il 166% di
debito su un Pil rachitico, il 90% del quale in valuta straniera. Oggi
abbiamo il 14% di debito su un Pil robusto e solo il 10% è in valuta
straniera. Perciò mai fu migliore il titolo del comunicato del ministero
dell’Economia argentino di oggi: “Ancora una volta il FMI contro
l’Argentina”. FMI + FBI contro l’Argentina. Non spaventatevi, il FBI
sono i Fondi Buitres (avvolto, ndr) Internazionali. Noi continueremo a
lavorare e a governare come sempre per i 40 milioni di argentini”.
È
un’ottima e attendibile fonte d'informazione e in questo momento sono
quelli che stanno fornendo ogni tipo di notizia sulla autentica realtà
sociale argentina. Provengono dalla spaccatura della CGT (Confederacion
General del Trabajo) il corrispondente argentino della nostra CGIL, di
cui la Kirchner era stata una importante membro (è nata come
sindacalista agguerrita) ma nel 2010 dopo una furibonda battaglia
interna si è spaccata perché il sindacato è stato accusato dalla stessa
Kirchner di “essere diventati conservatori, legati a un’idea del mondo
che presuppone ancora l’accumulazione capitalista e finisce per mettersi
al servizio inconsapevole dei colossi della finanza strozzina; il
sindacato, oggi, deve essere dinamico, flessibile e non si deve occupare
di condurre battaglie per sostenere privilegi acquisiti, bensì scendere
in campo e inventare, produrre e diffondere piena occupazione e lavoro
garantito a tutti, soprattutto pagato bene, perché ciò che ci distingue
dalle bestie è la dignità di chi nel lavoro trova il ruolo della propria
espressione esistenziale e non soltanto veicolo di sopravvivenza”.
Oggi il CECS svolge lavoro di formazione e di consulenza mediatica.
Ecco che cosa sta accadendo in quel di Sudamerica.
Benvenuti nel mese 2 dell’era post-Maya.
P.S.
Precisazione: ho chiamato la Kirchner “presidenta”, a differenza di
Christine Lagarde che viene chiamata “presidente”. C’è una ragione
specifica, di natura antropologico-politico-culturale. Cinque anni fa, a
Buenos Aires esplose un divertente “scandalo” che coinvolse gli
accademici della lingua spagnola. In tutta l’Argentina e in gran parte
del Sud America si svolsero diverse conferenze davvero gustose relative
all’uso del termine “presidenta”, considerato un gravissimo errore
grammaticale dato che il termine è un participio presente del verbo
presiedere e non ha genere: colui che presiede è alla pari di colei che
presiede. La Kirchner insistette sostenendo che la sua elezione dava
inizio “all’irruzione sullo scenario pubblico di una modalità
dell’interpretazione politica che è tutta femminile, perché basata
sulla cura delle persone, sull’accudimento sociale, sulla ricerca
dell’armonia, su una nuova estetica” e quindi impose il neologismo. Finì
in un furibondo scontro. Alla fine, gli accademici spagnoli se ne
ritornarono in patria con la coda tra le gambe e nei testi ufficiali
viene spiegato che in Sudamerica “il dialetto castigliano locale
rispetta l’uso della desinenza femminile di genere per convenzione
sociale riconosciuta dal 2007, da cui il termine “presidenta” che
indica, nello specifico, l’esercizio del potere esecutivo da parte di
una femmina”.
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