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05/02/2013

Scandalo Mps. Luigino metà uomo metà piddino

E bravo il nostro Luigino, un vero candidato alla presidenza del consiglio. Ha fatto le primarie, da vero democratico ha coinvolto anche gli avversari interni ed esterni, e fa la campagna elettorale da persona sobria e ponderata. La parte di uomo tutto di un pezzo presente in Bersani si è pure fatta sentire. Ha detto che sbranerà gli avversari, l’immaginario da circo dell’Emilia che fu non manca qui di farsi sentire, se gli ricordano la fastidiosa vicenda Monte dei Paschi.  Ha ribadito di non essere il leader di un partito di “mammolette” e pazienza se l’espressione più che incutere timore avrà fatto sbellicare dalle risate la parte di paese che l’ha avvertita.

Il problema è che il nostro Luigino, oltre ad essere il residuato antropologico di un mondo che esiste solo per convenzione, è anche per metà piddino.  Ovvero capace di sostenere l’insostenibile, in un linguaggio incomprensibile,  fregandosi senza problemi dell’evidenza. Prendiamo le dichiarazioni sul Monte dei Paschi. Luigino è riuscito a sostenere che il Pd non c’entra niente con Mps. Quando, per statuto, Mps esprime consiglieri da comune, università e provincia di Siena, Regione e Unicoop. Poteri chiave di una regione chiave del Pd, una cosa da nulla insomma. Poi Luigino ci deve aver ripensato, percependo che nemmeno nella natia Bettola possono bere cavolate del genere, ed ha aggiustato il tiro. Allora ha cominciato a parlare di “localismi” nella gestione del Mps come se il Pd nazionale fosse stato a guardare rapito da quanto accadeva a Siena. E’ che una parte di verità Luigino l’ha detta. Ovvero che Mps non era del tutto controllata dalla segreteria del Pd nazionale che spesso è un governo che ha una bandiera ma non un territorio. Ma piuttosto oggetto di uno storico scontro tra bande tra Bassanini, Amato, D’Alema e Luigi Berlinguer (ex rettore dell’ateneo senese) sul controllo politico di Mps. Controllo che era sfuggito allo stesso Bersani, come si capisce da testimonianza dell’ex governatore Fazio, ai tempi in cui proponeva l’acquisizione di Bnl da parte di Mps. Circostanza mai smentita, forse perché già atto giudiziario, dal nostro Luigino che insieme ai perdenti nel controllo Mps (D’Alema, L. Berlinguer con l’aggiunta di Fassino) dirottò le forze per acquisire Bnl tramite Unipol. Con l’ausilio del compagno Ricucci, passato alla storia per aver coniato l’espressione “furbetti del quartierino”, come da telefonata registrata dell’ex braccio destro di D’Alema (Latorre) proprio a Ricucci.

D’altro canto Bassanini, alleato di Amato (che ha pure fatto la legge sulle fondazioni bancarie sulla base della quale esiste l’attuale Mps) nel 2007, con il centrosinistra al governo, cantò pubblicamente le lodi dell’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps. Acquisizione che ha sinistrato Mps, grazie ad una valutazione di Antonveneta piuttosto elevata. Ma che in compenso ha aiutato il Banco Santander, altra banca coinvolta nel crack spagnolo, a liberarsi di un peso e a far produrre a Mps 17 miliardi di bonifici, ben oltre il valore di Antonveneta, su varie piazze bancarie europee e con l’ausilio di diversi advisor internazionali e società di intermediazione globale. Da questo giro di bonifici, almeno due miliardi, si stima in ambienti giudiziari, sarebbero definibili come tangenti. Tutte operazioni fattibili solo tramite localismi, del quale il Pd non sapeva nulla, s'intende.

E’ che il nostro Luigino, nel momento in cui fa l’uomo minacciando di sbranare il prossimo, pensa anche da piddino. La portata, anche economica, dello scandalo è epocale. Lo storico scandalo Enimont, quello che produsse la madre di tutte le tangenti ma anche la messa a processo di Forlani e Craxi, era stimabile attorno ad un giro di mazzette di 1000 miliardi di lire. 500 milioni di euro, tradotto grosso modo oggi. Qui siamo ad un giro quattro volte superiore, con una circolazione di denaro complessa su diverse piazze internazionali. Lo scandalo può, potenzialmente, sinistrare il Pd come il Psi fu folgorato dallo scandalo Enimont, almeno agli occhi dell’opinione pubblica. Può inoltre coinvolgere Mario Draghi, presidente di Bankitalia all’epoca di Antonveneta e delle operazioni Mussari, proprio quando sta per assumere la vigilanza di tutte le più importanti banche europee. Per questo Luigino è andato in paralisi: dopo aver detto tutto e il suo contrario su lavoro, patrimoniale e Imu si è ridotto al ruolo di sempre. Chiosare le frasi di Berlusconi, dicendo che è un irresponsabile (mentre stare zitti, come ha fatto Bersani, quando Mussari da Mps passava alla presidenza delle banche italiane è da responsabili..) che promette a vuoto etc. Peccato che, con Berlusconi, ci ha governato un anno, Monti presidente del consiglio. E peccato che l’accordo con il centro, che ha dato vita al governo Monti, sia stato preparato, a livello di interessi materiali, con la presenza di Caltagirone, il genero di Casini, alla vicepresidenza di Mps fino al 2011. Tutta roba di cui il Pd nazionale né sapeva né intuiva, mentre Bassanini e D’Alema si sbranavano, naturalmente.

Insomma, il nostro Luigino da uomo capisce che è messo male. Se diventerà presidente del consiglio finirà come San Sebastiano, trafitto dalle esigenze della Cgil, della maggioranza, della componente antiCgil, di quella rigorista, di quella antirigorista, di quella dello sviluppo, di quella del rigore, di quella dei diritti civili e di quella cattolica integrale. Con uno scandalo di possibili enormi proporzioni come convitato di pietra. Ben gli sta, è il destino delle coalizioni Frankenstein. Da piddino però il nostro Luigino si sente di agire fino in fondo. Fino alla “vittoria” che consisterebbe nel prendere la maggiore carica politica di un potere nazionale svalutato dalla governance europea, condizionato da banche, chiesa, finanza, corporation estere, corporazioni nazionali e media (di cui quelli berlusconiani in crisi di redditività e quindi poco inclini al compromesso).  L’estasi di questa vittoria consisterebbe poi nel dichiarare che questo potere, inquinato e condizionato all’estremo, opererà per il bene del paese. Probabilmente Bersani con questo intende Bettola, paese natale, perché l’Italia, con un potere politico del genere, non andrà da nessuna parte.

Non resta che consigliare a Bersani di fare l’uomo quanto gli pare ma soprattutto di fare il piddino. Accelerando il deragliamento e l'esplosione del convoglio di centrosinistra assieme all’improbabile rassemblement di cui è capofila, con tanto di lustri e pennacchi, magari con il massimo dell’effetto spettacolare. E qui, a chi pensa che il centrosinistra abbia a che fare con la politica e con la società va suggerito: seguitevi bene la vicenda Mps. Siamo passati dall’epoca dell’autonomia del politico a quella della autoreferenzialità assoluta, persino estrema.  Il centrosinistra, nel momento in cui verso il paese sa solo balbettare frasi sconnesse, è la celebrazione di questo assoluto autoreferenziale. I debiti che può lasciare, di inedite dimensioni contabili, sono le ceneri di un banchetto di grosse proporzioni celebrato a lungo con il mantra: “se non ci voti favorisci le destre”.  Dimenticando di dire, come ha fatto Luigino, che votandoli si favorivano i banchieri, di quelli che lasciano un paese in ginocchio.

Redazione

3 febbraio 2013


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