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26/08/2013

Il marchese Schaeuble del Grillo

di Carlo Musilli

"Perché io so' io, e voi non siete un Bund". Il compianto Mario Monicelli ci scuserà, ma storpiando la famosa battuta di Alberto Sordi nei panni del "Marchese del Grillo" si ottiene una sintesi efficace dell'ultimo intervento firmato Wolfgang Schaeuble. In un'intervista pubblicata ieri dal giornale finanziario Handelsblatt, il potentissimo ministro dell'Economia tedesco si è detto favorevole a un prossimo rialzo dei tassi nell'Eurozona. Lo ha fatto in modo astuto, camuffando i reali interessi che si celano dietro a una posizione del genere, tutti germanocentrici e nient'affatto europei.

"La Bce ha annunciato che alzerà di nuovo i tassi quando l'economia migliorerà e questo è positivo - ha sentenziato Schaeuble -. I tassi bassi sono soprattutto un'espressione d'insicurezza sui mercati del debito: questo non può durare all'infinito, anche se rappresenta un beneficio per il bilancio federale tedesco".

A leggerla così sembrerebbe quasi che il superministro auspichi un intervento dell'Eurotower sfavorevole alla Germania in nome del bene finanziario collettivo. Naturalmente non è così. Anzi, è esattamente il contrario.

In scia alle ultime manovre avviate dalla Bundesbank, Schaeuble cerca di fare pressing sulla Bce riportando con gravi omissioni le parole pronunciate e ribadite più volte dal presidente Mario Draghi. Ad oggi nell'Eurozona il tasso di riferimento è al minimo storico dello 0,5% (dopo il taglio di un quarto di punto arrivato lo scorso maggio) ed è assolutamente evidente che prima o poi andrà modificato. Peccato che la congiuntura economica e le ultime indicazioni in arrivo da Francoforte vadano nella direzione opposta rispetto a quella indicata da Schaeuble, almeno per quanto riguarda il prossimo futuro.  

A inizio mese, dopo l'ultima riunione del board Bce, Draghi ha confermato che la politica monetaria accomodante "non ha alcuna scadenza precisa" e i rendimenti sono destinati a rimanere bassi ancora "a lungo". A luglio il banchiere centrale aveva perfino annunciato che "i tassi d'interesse chiave e il tasso sui depositi potranno scendere ulteriormente". In estrema sintesi, le ragioni principali sono quattro: l'inflazione nell'area valutaria è sotto controllo, mentre la ripresa è una prospettiva incerta, il credito è ancora asfittico e le condizioni del mercato del lavoro rimangono drammatiche.  

Come mai allora il buon Schaeuble ha capito tutt'altro? Semplicemente perché dal suo punto di vista le cose non stanno così. Si è soliti parlare dell'Eurozona come di un insieme compatto, ma le economie dei Paesi che compongono l'area valutaria non sono affatto omogenee. E le differenze più macroscopiche sono proprio quelle che separano la Germania dagli altri membri.

Contrariamente a quanto accade nella maggior parte di Eurolandia, in terra teutonica la ripresa è già realtà. Ieri l'ufficio federale di statistica ha confermato che nel secondo trimestre il Pil tedesco è cresciuto dello 0,7% rispetto ai primi tre mesi, mettendo a segno il balzo in avanti più consistente da un anno a questa parte. Su base annua, invece, l'incremento è stato dello 0,9%. Sono saliti gli investimenti (+1,9% su trimestre), i consumi privati (+0,5%), la spesa per le costruzioni (+0,3%) e il commercio estero (+0,2%).

A preoccupare Berlino è invece l'inflazione, e anche in questo caso si tratta di una differenza fondamentale con i cugini dell'Eurozona. A luglio la corsa dei prezzi è arrivata all'1,9% su anno, il livello più alto registrato nel 2013, contro l'1,8% di giugno e l'1,7% previsto dagli analisti. Su base mensile il dato è salito dello 0,5%.

Non è un caso che nel suo ultimo bollettino mensile la Banca centrale tedesca abbia anticipato Schaeuble, avvertendo che un rialzo dei tassi sarebbe possibile se la pressione dell'inflazione dovesse continuare a crescere (alzando i tassi, infatti, cala l'inflazione, e viceversa). In questa rivelazione si nascondono una banalità e un'ipocrisia.
Primo: è ovvio che la Bce tenga conto dell'andamento dei prezzi nel valutare le mosse di politica monetaria, lo deve fare per statuto. Secondo: l'Eurozona nel complesso non corre affatto il pericolo che l'inflazione salga troppo. Al contrario: la depressione economica lascia prevedere che l'andamento dei prezzi sia orientato al ribasso piuttosto che al rialzo.

Quello dell'inflazione, perciò, è un problema che riguarda solo la Germania, interessata a fare pressioni sulla Bce per distorcere la politica monetaria a proprio favore. Per gli altri Paesi sarebbe una sventura, ma poco importa. Berlino è Berlino.

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