Non solo l'Ilva di Taranto, ma tutto il siderurgico italiano presta il fianco alla totale assenza di politica industriale (almeno nei settori strategici) e alla crisi del settore a livello mondiale che ormai da un lustro patisce una sovrapproduzione che non trova sbocchi nemmeno tentando la carta dei mercati emergenti.
Di seguito due brevi informative circa lo stato d'asfissia che stanno patendo due pezzi da novanta della siderurgia italiana: Piombino e Terni.
Piombino. La chiusura incombe sulle acciaierie. Migliaia di posti a rischio
Una mazzata sul piano occupazionale e sociale potrebbe abbattersi a breve su Piombino e affossare l’economia della Val di Cornia. L’altoforno potrebbe bloccarsi il 30 settembre ed entro febbraio tutti gli altri impianti. Così si fermerebbe non solo il cuore di un’intera città, ma il secondo polo siderurgico italiano dopo l’Ilva di Taranto. Tra le ipotesi di salvataggio la “vendita spezzatino”. Lo storico stabilimento che produce acciaio da oltre cento anni – secondo a livello nazionale solo all’Ilva di Taranto –, rischia infatti seriamente di chiudere i battenti. E di lasciare quindi senza lavoro circa 4mila persone (se si considera anche l’indotto). Il cuore dell’economia di un intero territorio sta per smettere di pulsare. E qui, in un centro di appena 35mila abitanti, lo scenario paventato per la città di Taranto diventerebbe certamente realtà: se chiude l’acciaieria, chiude Piombino. La crisi industriale incombe sull’acciaieria di Piombino dal 2003 quando era di proprietà della famiglia Lucchini. Le acciaierie prima pubbliche, come l'Ilva di Taranto, furono privatizzate e dopo meno di dieci anni si è cominciato a parlare di crisi. Anche in quel caso il piano di ristrutturazione fu realizzato dall’allora commissario Enrico Bondi (sempre lui, oggi all'opera sull'Ilva) e si pervenne all’acquisizione dello stabilimento da parte della Severstal, la società russa dell’acciaio di proprietà del magnate Aleksej Mordašov. Ma anche la proprietà russa dopo pochi anni ha annunciato il proprio disimpegno, lasciando di fatto il controllo della ex Lucchini ad una cordata di banche (Mps, Intesa Sanpaolo, Bpm, Unicredit, Bnl-Bnp Paribas, CariFirenze, Credito bergamasco, Banco popolare e Natixis), affinché si trovasse al più presto un acquirente.
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Terni. Preoccupazioni sugli esuberi alle Acciaierie
La conferenza stampa indetta dall'azienda nei giorni scorsi non ha diradato le preoccupazioni dei sindacati sia perché convocata in un periodo di chiusura generale dello stabilimento sia perchè non è stata comunicata alcuna novità in merito alla vicenda che sta interessando il gruppo da diversi mesi. Ciò che preoccupa i lavoratori e i sindacati è ancora il nodo dei "lavoratori in esubero" delle AST indicati dall'azienda come "possibili soluzioni ipotizzate (dalla direzione dell'Ast ndr) per far fronte ad una razionalizzazione dei costi" ed "eventuali procedure di mobilità". I sindacati continuano a chiedere, "come è possibile decretare un numero di esuberi senza sapere chi è il 'padrone di casa', quale piano industriale abbia in mente, quali saranno i volumi da processare?" E poi in base a quale criterio verranno tagliate le teste? Il timore delle principali sigle è che gli esuberi ricadano sulle "ditte terze affossando le attività degli appalti".
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