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21/08/2013

La grande questione egiziana di cui nessuno sta parlando

Pubblichiamo l'articolo, che abbiamo tradotto, tratto da Globalpost. L'autrice dell'articolo fa riferimento allo scenario politico ed economico egiziano tra il 12 e il 18 agosto. La sua descrizione non ha a che fare con la nostra metodologia di critica dell'economia politica, ma abbiamo scelto di pubblicare l'articolo in quanto ricco di informazioni utili a comprendere il contesto economico in cui è avvenuta la destituzione di Morsi. Quando nel pezzo si fa riferimento agli “aiuti finanziari” si legga debito, e si faccia riferimento alla politicità del legame finanziario tessuto da FMI, USA, UE, petrol-monarchie con l'Egitto post-elezioni. In questi giorni analisti e commentatori si stanno sprecando nel dipingere con stupore uno scenario catastrofico che si sta abbattendo sull'Egitto e sull'umanità guardandosi bene dal citare le precise responsabilità politiche delle istituzioni occidentali, e delle corone del petrolio, nell'aver approfittato del governo Morsi per tornare a strangolare a suon di debito la popolazione egiziana come ai tempi di Mubarak. La furia popolare contro i fratelli musulmani, in seguito rapinata dall'esercito, aveva a che fare ed ha a che fare anche e soprattutto con questo terreno dello scontro, che negli scorsi mesi aveva visto ampi settori di classe operaia e della composizione sociale del movimento rivoluzionario battersi per una giusta distribuzione della ricchezza. Saprà tornare a sollevarsi in fretta e potente questa componente di massa nei fatti guida del processo rivoluzionario? Non possiamo saperlo ma ce lo auguriamo, di certo non staremo qui a ripetere il mantra delle solite anime belle alla Lucio Caracciolo che si fanno profeti di sventura quando c'è da difendere interessi nazionali e occidentali, e tirano fuori gli artigli quando va legittimata l'ennesima rapina occidentale contro il resto delle popolazioni del mondo. Per noi centrale resta lo sviluppo del processo rivoluzionario in Egitto come altrove. E' questo che ci interessa considerare nella fase davvero dura che si sta prospettando. Di certo non ci impensierisce o ci turba l'ennesima registrazione del fallimento delle politiche di normalizzazione dell'area degli USA-UE-petrolmonarchie... anzi!

E' alla radice di tutti i problemi del paese, ed è appena drasticamente peggiorata. Già in crisi, l'economia egiziana è stata ulteriormente danneggiata da una scioccante intensificazione della violenza - muovendosi il governo del paese, sostenuto dai militari, per schiacciare un movimento di protesta per il reinsediamento del deposto Presidente Mohamed Morsi. Le grandi aziende multinazionali, le banche e la borsa questa settimana sono rimaste chiuse. I governi occidentali stanno avvisando i loro cittadini di girare alla larga. Quelle di General Motors, Toyota, Royal Dutch Shell ed Electrolux sono alcune tra le attività che hanno interrotto le operazioni nel paese, come hanno annunciato giovedì dalle aziende. Molte altre multinazionali hanno comunicato di esperire interruzioni di lavoro, chiusure di sicurezza ed orari ridotti inclusi. L'agenzia di viaggi Thomas Cook, di base nel Regno Unito, ha cancellato venerdì tutte le sue prenotazioni per i viaggi dalla Germania all'Egitto, dopo che il ministero degli esteri tedesco ha emanato un'avvertenza urgente ai propri cittadini di bloccare tutti i viaggi verso il paese.

I mercati sono stati colpiti dallo shock per la brutalità con cui la polizia e le forze militari stanno schiacciando un movimento di protesta per reinsediare il deposto Presidente Mohamed Morsi con cui più di 600 egiziani sono stati uccisi da mercoledì. Il costo di assicurare il debito del paese contro il default è salito ai più alti livelli dal 4 luglio, mentre i rendimenti sui titoli di riferimento egiziani sono saliti al massimo di cinque settimane. La borsa è caduta dell'1,7% prima della sua chiusura e gli analisti si aspettano ulteriori svendite quando essa riaprirà. Il che è attualmente previsto per domenica. Ma, da quanto dicono i testimoni, si sono verificati pesanti scontri tra i manifestanti pro-Morsi, le forze di sicurezza ed i civili armati. Almeno 17 persone sono state già uccise e si riferisce di ulteriori disordini attraverso il paese.

I pochi investitori stranieri rimasti stanno muovendosi per ritirare i propri investimenti ma i controlli valutari rendono difficile convertire le sterline egiziane in dollari. "Direi che ci fossero tra i 200 ed i 300 milioni in asset stranieri in attesa di uscire dall'Egitto un paio di settimane fa, ma questi potrebbero essere facilmente metà di un miliardo ora che è stato approvato l'utilizzo della forza letale contro i Fratelli Musulmani", dice Emad Mostaque, responsabile strategie alla Noah Capital Markets di London. Proprio ora, il paese sta spendendo la propria valuta estera al ritmo di 1,5 miliardi al mese, e già lotta per pagare più di 4 miliardi per le importazioni mensili. Essendo caduto il valore della sterlina egiziana, la pressione sulla valuta è aumentata, dato che le importazioni divengono più costose e la domanda pubblica aumenta. A luglio, le riserve di valuta estera ammontavano a circa 18 miliardi di dollari, o metà di ciò che erano nel dicembre 2010. Ora il problema per molti donatori internazionali è per quanto a lungo i miliardi di dollari di aiuti del Golfo sosterranno l'Egitto, secondo un diplomatico europeo di stanza nel paese, ma che non ha voluto essere nominato perché non è autorizzato a parlare ai media. L'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti ed il Kuwait hanno concesso al governo ad interim installato dai militari dopo aver assunto il potere a luglio, 12 miliardi di dollari in depositi e prodotti petroliferi.

Nessuna di queste nazioni del Golfo ha mantenuto buoni rapporti con il movimento dei Fratelli Musulmani da cui Morsi proviene, "A meno che non vengano prese misure correttive sulla situazione fiscale ed esca fuori un supporto al bilancio aggiuntivo, troveremo l'economia in uno stato ancora più precario", ha detto il diplomatico europeo. Ma ci sono dubbi che il Golfo continui in futuro a sovvenzionare l'esplosivo deficit egiziano, ed il massacro ha spinto alcuni donatori a tagliare i fondi. La Danimarca ha annunciato questa settimana che sospenderà gli aiuti che passino attraverso le istituzioni governative egiziane, citando i "sanguinosi eventi e la piega assai spiacevole che ha preso lo sviluppo della democrazia". La Germania ha bloccato 25 milioni di euro di fondi per progetti ambientali e climatici. L'ufficio del Cairo della delegazione dell'Unione Europea ha dichiarato venerdì al GlobalPost che: "gli aiuti dell'UE all'Egitto restano in vigore". Ma successivamente nella giornata, il capo diplomatico dell'UE Catherine Ashton ha comunicato di aver richiesto al blocco di 28 nazioni di dibattere e coordinare "misure appropriate" in risposta alla crescente violenza in Egitto, ha riportato l'AFP. I creditori stanno invece guardando agli USA, ed alla possibilità che decidano di tagliare 1,3 miliardi di dollari di aiuti militari all'Egitto, ha dichiarato Raza Agha, capo economista alla VTB Capital Economics, una compagnia d'investimento di base a Mosca e con uffici nella regione.

"Per le agenzie multilaterali (come il Fondo Monetario Internazionale) la posizione degli USA sarà cruciale, dato che esercita il maggior potere di voto presso queste istituzioni", ha dichiarato Agha. Ma "se gli USA tagliano gli aiuti, ciò non farà altro che facilitare simili azioni da parte delle agenzie di credito multilaterali", ha dichiarato. Mentre i tumulti si sono intensificati venerdì, è aumentata la possibilità di altre dimissioni, a seguito dell'abbandono dell'ex-vice presidente e premio Nobel Mohamed El Baradei, avvenuto dopo l'inizio della repressione mercoledì scorso. Saranno inoltre colpite le entrate del turismo, tra i più grandi settori procacciatori di valuta estera dell'Egitto prima della rivolta del 2011 che ha segnato l'inizio della fase di declino economico.

L'Organizzazione Mondiale del Turismo dichiara che 3 anni fa i 13 miliardi del comparto turistico egiziano ammontavano all'11 per cento del PIL. Le entrate hanno avuto un modesto recupero negli ultimissimi mesi prima del colpo di stato, con la situazione politica che si faceva distesa. I primi tre quarti dell'anno fiscale avevano visto una crescita delle entrate del turismo del 14 per cento rispetto allo scorso anno.

Ma è facile che tutto ciò finisca per essere rovesciato.

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