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05/09/2013

Siria: True Lies

Il "Commander in Chief" dice di «amare la pace» ma ieri da Stoccolma è tornato a invocare la guerra alla vigilia del G20 di San Pietroburgo, il primo a presidenza russa, quindi a casa del principale alleato del presidente siriano Bashar Assad.

«E' in gioco la credibilità non solo mia, ma del Congresso e dell'America», ha detto Barack Obama. «Non ripeteremo l'errore dell'Iraq», ha aggiunto spiegando che gli Usa hanno «un elevato grado di sicurezza» che gli attacchi chimici del 21 agosto alla periferia di Damasco siano stati commessi dall'Esercito governativo siriano. Un «elevato grado» ma non la prova definitiva. Eppure gli Usa sono pronti alla nuova guerra in Medio Oriente. «Non ho fissato io la linea rossa sull'uso delle armi chimiche - ha affermato Obama - ma è stata la comunità internazionale...Sono convinto che il Congresso approverà un'azione militare in Siria, un'azione limitata nei tempi e negli obiettivi».

Nelle stesse ore in cui Obama metteva le carte in tavola di fronte al presidente russo Vladimir Putin, dalla Francia e dalla Gran Bretagna giungevano rinnovati sostegni alla guerra. E, segno dei tempi, alla Mostra del Cinema di Venezia si celebrava con il film "The Unknown Know" Donald Ramsfeld, braccio destro di George W. Bush e uno dei Segretari alla difesa più guerrafondai degli ultimi decenni. «Donald Rumsfeld ha un sorriso accattivante - scriveva ieri un'agenzia di stampa italiana - ama la filosofia e il significato delle parole, cambia idea facilmente e probabilmente mente, mente sempre, ma alla fine lo si perdona». Come è facile perdonare i macellai "democratici".

Si apre il G20 ma gli occhi sono puntati sul Congresso. Qualche ora fa con 10 voti a favore, 7 contrari e un astenuto la commissione esteri del Senato ha dato il primo via libera alla risoluzione che autorizza l'intervento armato Usa in Siria, come chiesto dal presidente Obama. Il testo sarà all'esame dell'Aula da lunedì 9 settembre, giorno in cui i lavori parlamentari riprenderanno dopo la pausa estiva. L'intesa raggiunta dai leader della commissione Affari esteri prevede tra l'altro un limite di 60 giorni per l'operazione, con la possibilità di una sola proroga di altri 30 giorni previa approvazione da parte del Congresso.

Gli americani la chiamano «un'operazione limitata», come se 90 giorni non fossero sufficienti alla potenza militare americana per riportare la Siria indietro di 50 anni. Intanto alla Camera dei Rappresentanti, che pure tornerà al lavoro il 9 settembre, fioccano le bozze di risoluzione per un intervento. Una è firmata dai democratici Chris Van Hollen e Gerald Connolly e si avvicina abbastanza a quella della commissione esteri del Senato. L'altra risoluzione è del repubblicano Devin Nunes che non autorizza il presidente a un'azione ma gli richiede il sostegno di una coalizione e il rispetto di altre prerogative, soddisfatte le quali potrà presentarsi al Congresso e chiedere l'autorizzazione.

La maggioranza repubblicana alla Camera darà filo da torcere ad Obama, non certo per amore della pace, bensì perché l'intervento militare annunciato dal presidente sarebbe troppo "morbido" nei confronti della Siria. A simboleggiare questo atteggiamento sono i deputati Marco Rubio, Ted Cruz e Rand Paul, tre probabili futuri candidati repubblicani alla Casa Bianca. Con la stessa motivazione ha detto che voterà contro la risoluzione anche il senatore John McCain. Una decisione clamorosa se si tiene conto che McCain è il politico americano che più di ogni altro si è speso per finanziare e armare i ribelli siriani, invocando la guerra a ogni occasione.

Sull'onda delle «aperture» che Putin avrebbe fatto nelle ultime ore, Obama ieri è tornato a dirsi «fiducioso sul fatto che il presidente russo possa cambiare la sua posizione per quel che riguarda il sostegno della Russia al regime di Assad». Putin invece ha rivolto nuove accuse ai politici americani. «Ora stanno discutendo se autorizzare l'uso della forza, è un assoluto insulto al buon senso», ha commentato Putin. Quando al Congresso hanno chiesto al Segretario di Stato John Kerry se in Siria sia presente Al Qaeda, ha ricordato Putin, «lui ha detto no. Mentono sapendo di mentire. È triste». Il presidente russo ha precisato che le prove certe dell'impiego di armi chimiche da parte del regime di Bashar Assad devono essere portare al Palazzo di Vetro. Solo allora si potrà contemplare un'azione con l'autorizzazione dell'Onu. Due giorni fa in un'intervista rilasciata al primo canale russo, Putin si era detto «pronto ad agire in modo più decisivo e serio», ma solo «in presenza di prove evidenti che dimostrino chi ha usato l'arma (chimica) e con quali mezzi».

Prove «inconfutabili dell'uso del gas da parte del regime di Assad (lo scorso 21 agosto) che l'Amministrazione Obama continua a non presentare. Dall'altra parte intanto si punta l'indice contro i ribelli. Immagini diffuse ieri dall'emittente iraniana in lingua araba Al Alam mostrano presunti uomini dell'Esercito libero siriano (la milizia ribelle) che lanciano razzi con una testata cilindrica celeste piena, secondo la tv, di sostanze tossiche.

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