Il "Commander in Chief" dice di «amare la pace» ma ieri da Stoccolma è
tornato a invocare la guerra alla vigilia del G20 di San Pietroburgo, il
primo a presidenza russa, quindi a casa del principale alleato del
presidente siriano Bashar Assad.
«E' in gioco la credibilità non
solo mia, ma del Congresso e dell'America», ha detto Barack Obama. «Non
ripeteremo l'errore dell'Iraq», ha aggiunto spiegando che gli Usa hanno
«un elevato grado di sicurezza» che gli attacchi chimici del 21 agosto
alla periferia di Damasco siano stati commessi dall'Esercito governativo
siriano. Un «elevato grado» ma non la prova definitiva. Eppure gli Usa
sono pronti alla nuova guerra in Medio Oriente. «Non ho fissato io la
linea rossa sull'uso delle armi chimiche - ha affermato Obama - ma è
stata la comunità internazionale...Sono convinto che il Congresso
approverà un'azione militare in Siria, un'azione limitata nei tempi e
negli obiettivi».
Nelle stesse ore in cui Obama metteva le carte in tavola di fronte
al presidente russo Vladimir Putin, dalla Francia e dalla Gran Bretagna
giungevano rinnovati sostegni alla guerra. E, segno dei tempi, alla
Mostra del Cinema di Venezia si celebrava con il film "The Unknown Know"
Donald Ramsfeld, braccio destro di George W. Bush e uno dei Segretari
alla difesa più guerrafondai degli ultimi decenni. «Donald Rumsfeld ha
un sorriso accattivante - scriveva ieri un'agenzia di stampa italiana -
ama la filosofia e il significato delle parole, cambia idea facilmente e
probabilmente mente, mente sempre, ma alla fine lo si perdona». Come è
facile perdonare i macellai "democratici".
Si apre il G20 ma gli occhi sono puntati sul Congresso. Qualche
ora fa con 10 voti a favore, 7 contrari e un astenuto la commissione
esteri del Senato ha dato il primo via libera alla risoluzione che
autorizza l'intervento armato Usa in Siria, come chiesto dal presidente
Obama. Il testo sarà all'esame dell'Aula da lunedì 9 settembre, giorno
in cui i lavori parlamentari riprenderanno dopo la pausa estiva.
L'intesa raggiunta dai leader della commissione Affari esteri prevede
tra l'altro un limite di 60 giorni per l'operazione, con la possibilità
di una sola proroga di altri 30 giorni previa approvazione da parte del
Congresso.
Gli americani la chiamano «un'operazione limitata», come se 90 giorni
non fossero sufficienti alla potenza militare americana per riportare la
Siria indietro di 50 anni. Intanto alla Camera dei Rappresentanti, che
pure tornerà al lavoro il 9 settembre, fioccano le bozze di risoluzione
per un intervento. Una è firmata dai democratici Chris Van Hollen e
Gerald Connolly e si avvicina abbastanza a quella della commissione
esteri del Senato. L'altra risoluzione è del repubblicano Devin Nunes
che non autorizza il presidente a un'azione ma gli richiede il sostegno
di una coalizione e il rispetto di altre prerogative, soddisfatte le
quali potrà presentarsi al Congresso e chiedere l'autorizzazione.
La maggioranza repubblicana alla Camera darà filo da torcere ad Obama,
non certo per amore della pace, bensì perché l'intervento militare
annunciato dal presidente sarebbe troppo "morbido" nei confronti della
Siria. A simboleggiare questo atteggiamento sono i deputati Marco Rubio,
Ted Cruz e Rand Paul, tre probabili futuri candidati repubblicani alla
Casa Bianca. Con la stessa motivazione ha detto che voterà contro la
risoluzione anche il senatore John McCain. Una decisione clamorosa se si
tiene conto che McCain è il politico americano che più di ogni altro si
è speso per finanziare e armare i ribelli siriani, invocando la guerra a
ogni occasione.
Sull'onda delle «aperture» che Putin avrebbe fatto nelle ultime
ore, Obama ieri è tornato a dirsi «fiducioso sul fatto che il presidente
russo possa cambiare la sua posizione per quel che riguarda il sostegno
della Russia al regime di Assad». Putin invece ha rivolto nuove accuse
ai politici americani. «Ora stanno discutendo se autorizzare l'uso della
forza, è un assoluto insulto al buon senso», ha commentato Putin.
Quando al Congresso hanno chiesto al Segretario di Stato John Kerry se
in Siria sia presente Al Qaeda, ha ricordato Putin, «lui ha detto no.
Mentono sapendo di mentire. È triste». Il presidente russo ha precisato
che le prove certe dell'impiego di armi chimiche da parte del regime di
Bashar Assad devono essere portare al Palazzo di Vetro. Solo allora si
potrà contemplare un'azione con l'autorizzazione dell'Onu. Due giorni fa
in un'intervista rilasciata al primo canale russo, Putin si era detto
«pronto ad agire in modo più decisivo e serio», ma solo «in presenza di
prove evidenti che dimostrino chi ha usato l'arma (chimica) e con quali
mezzi».
Prove «inconfutabili dell'uso del gas da parte del regime di
Assad (lo scorso 21 agosto) che l'Amministrazione Obama continua a non
presentare. Dall'altra parte intanto si punta l'indice contro i ribelli.
Immagini diffuse ieri dall'emittente iraniana in lingua araba Al Alam
mostrano presunti uomini dell'Esercito libero siriano (la milizia
ribelle) che lanciano razzi con una testata cilindrica celeste piena,
secondo la tv, di sostanze tossiche.
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