03/11/2016
Terremoto. Soluzione container, siamo già in ritardo
I moduli abitativi per far fronte all’emergenza di agosto erano 850, ma adesso si dà per scontato che alla fine la commessa sarà di più del doppio. Al costo di 1.075 euro a metro quadrato.
La verità è che siamo già in ritardo. Diciannove anni fa, quando un altro terremoto ferì la zona al confine tra l’Umbria e le Marche bastarono 45 giorni per dare un tetto provvisorio a 3.400 sfollati. Dalla scossa che ha travolto Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto di giorni ne sono passati 70, e il commissario Vasco Errani aveva previsto che per le casette di legno ci sarebbero voluti almeno sette mesi, per questa seconda ondata che ha travolto l’Umbria e il maceratese non si sa, anzi qualcosa si sa ma è molto poco: il presidente del consiglio Matteo Renzi ha detto che i container arriveranno entro Natale. Va detto che il numero di sfollati è mostruoso (25mila e il trend cresce man mano che proseguono i controlli), ma anche il costo degli interventi va lievitando rispetto al passato. Alla voce «Fornitura, trasporto e montaggio di Soluzioni Abitative d’Emergenza» del contratto che il Consip (il Centro per acquisti dell’amministrazione pubblica italiana) ha siglato nel 2015 e valido per i prossimi sei anni, si legge che la protezione civile dovrà pagare 1.075 euro a metro quadrato ogni modulo abitativo. Più di quanto costano i metri quadrati in muratura nelle zone terremotate: tra 750 e 1.000 euro, secondo i dati disponibili su Immobiliare.it. Insomma, a parità di metrature un modulo potrebbe costare più di una villetta.
Il lotto numero due del contratto riguarda 6.000 moduli da dislocare tra Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo. I container ordinati per far fronte all’emergenza di agosto erano 850, ma adesso si dà per scontato che alla fine la commessa sarà di più del doppio. Si tratterà di costruzioni in acciaio e legno grandi tra i 40 e gli 80 metri quadrati, smontabili e per il 60% riutilizzabili. A occuparsene è il Consorzio Nazionale Servizi di Bologna, un raggruppamento di aziende dell’orbita di Lega Coop, finito nell’occhio del ciclone un paio di anni fa perché tra gli associati c’era anche la 29 giugno di Salvatore Buzzi, uno dei protagonisti di Mafia Capitale.
Adesso, comunque, il Cns è in primissima fila nella famosa white list che dovrebbe salvaguardare il business della ricostruzione dalle infiltrazioni mafiose, sotto l’egida del presidente dell’Anac Raffaele Cantone e del prefetto, già commissario a Roma, Francesco Paolo Tronca, di prossima nomina insieme al secondo decreto terremoto che il consiglio dei ministri varerà domani.
In questa sede sarà anche disegnata la nuova area del cratere, che si preannuncia enorme, a cavallo tra quattro regioni (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo) e con almeno 200mila edifici da ristrutturare o da ricostruire. In attesa delle mosse del governo, comunque, c’è già chi si sta muovendo, come il Comune di Ascoli Piceno che sta preparando un bando urgente per il restauro della chiesa di San Francesco, uscita malconcia dopo la botta di domenica mattina.
Le città un po’ più grandi come Ascoli, tra l’altro, si trovano di fronte a un bivio: entrare nel discorso della spartizione dei fondi governativi vorrà dire, con ogni probabilità, dover sospendere le varie tasse comunali, particolare che potrebbe compromettere i già di per sé fragili equilibri di bilancio. La scelta che dovrà fare il sindaco Guido Castelli non è delle più facili: ottenere soldi per rimettere in sesto la città – solo nel centro storico le richieste di sopralluogo registrate sono 550, praticamente tutti gli edifici – e rinunciare agli introiti fiscali, oppure provvedere ai lavori con fondi propri? Mistero, anche perché non c’è certezza su quanti soldi palazzo Chigi deciderà di sborsare. Due settimane fa il conto era da 4 miliardi in dieci anni, adesso è chiaro che ne serviranno molti di più, e bisognerà capire come farà Renzi a districarsi nella complicata partita europea sul bilancio.
L’unica cosa che mette tutti d’accordo è che bisogna fare in fretta. Tanti edifici danneggiati in maniera non grave ad agosto sono stati transennati e lasciati lì senza intervenire, fino a che con le scosse dell’ultima settimana sono venuti giù anche loro. «A forza di aspettare mi è crollata la città», ha sintetizzato il sindaco di Amandola (Fermo) Adolfo Marinangeli. Una situazione uguale a quella di tanti altri paesi: al 21 ottobre scorso di 77mila richieste di sopralluogo ne erano state evase appena 21mila, adesso il numero è quasi triplicato.
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