I civili morti o feriti a causa di armi chimiche a Khan Sheikhun, vicino Idlib, sembrano destinati a creare il casus per una nuova definizione di “linee rosse” nella guerra in Siria. Puntuale e prevedibile è partita la campagna mediatica e la condanna delle potenze europee verso Assad. Più in difficoltà gli Stati Uniti – che solo pochi giorni avevano affermato che Assad “poteva rimanere in sella” – e la Turchia che continua ad agire sulla doppiezza dei propri obiettivi: fermare i curdi, ottenere il massimo possibile dalla crisi siriana anche con repentini cambi di alleanze.
Una analisi a distanza è fallibile. Solo degli osservatori indipendenti sul campo possono provare a chiarire come siano andate effettivamente le cose, ma al momento appare una missione impossibile. A Khan Sheikun si è diffusa nell’aria una sostanza tossica letale che ha colpito le persone uccidendone 72 tra cui numerosi bambini. La Russia ha negato con veemenza di esserne responsabile, altrettanto ha fatto il governo di Assad che effettivamente avrebbe tutto da perdere – in un momento in cui sta vincendo – da una vicenda come questa.
Il 14 settembre 2013, a Ginevra, era stato siglato un accordo tra gli Stati Uniti e la Russia con cui si stabilì la distruzione delle armi chimiche in mano alla Siria. Un mese prima a Goutha la città era stata colpita da armi chimiche. Indagini successive attribuirono la mattanza ai ribelli, quelle precedenti al regime siriano, con una “ufficializzazione” delle versione più corrispondente alle esigenze della realpolitik che della verità.
“Ognuno si difende come può, ben sapendo che la prima della vittima di una guerra è sempre la verità” commenta oggi Alberto Negri su Il Sole 24 Ore, “Una cosa è certa: se davvero il regime di Assad ha condotto questo attacco significa che ha fatto un clamoroso passo falso anche sotto il profilo diplomatico. Gli Stati Uniti avevano in questi giorni espresso pubblicamente l’opinione che Assad poteva restare in sella e che la detronizzazione dell’autocrate siriano non era più un priorità di questa amministrazione”.
Oggi il generale maggiore russo Igor Konashenkov, ha detto che le attività militari russe hanno registrato ieri un attacco delle forze aeree siriane su depositi di armi e una fabbrica di munizioni nella periferia orientale della città di Khan Sheikhoun. L’alto ufficiale russo ha aggiunto che armi chimiche prodotte dalla fabbrica sono state utilizzati in Iraq e lo stesso tipo di armi erano state usate precedentemente dai ribelli ad Aleppo, dove si erano riscontrate sintomatologie simili a quelle osservate nelle immagini arrivate ieri da Khan Sheikhoun.
Il fronte oltranzista contro la Siria viene oggi guidato dalle potenze dell’Unione Europee piuttosto che, come in passato, dagli Stati Uniti. “Noi europei crediamo che le responsabilità abbiano rilevanza, quindi chi ha commesso crimini di guerra deve essere chiamato a risponderne”, ha affermato Mrs. Pesc Federica Mogherini, la quale ha ribadito di ritenere “irrealistico” che il futuro della Siria continui come “è stato negli ultimi 40 anni”. Sul futuro di Assad “sta ai siriani decidere” ma “l'impunità non è una opzione”, ha poi aggiunto l'Alto rappresentante della Ue. Una dichiarazione dai toni bellicosi e bellicisti, coerente con la nuova aria che si respira nel Direttorio europeo.
Resta da capire, a questo punto, non solo la dinamica dei fatti e le responsabilità oggettive o soggettive. Sarà soprattutto la gestione che ne verrà fatta che lascerà intravedere le linee rosse dei prossimi mesi, in una guerra sporca in cui i rovesciamenti di fronte, di alleanze e delle verità sono all’ordine del giorno.
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