Nel recente incontro con Gentiloni, il presidente statunitense Trump ha ricordato i 30.000 uomini delle forze armate Usa presenti nelle basi militari nel nostro Paese, ma soprattutto ha ribadito la richiesta che “tutti gli alleati paghino la loro parte della difesa comune”, portando al 2% del Pil gli investimenti nel settore militare. Dunque la dote delle spese militari dei paesi aderenti alla Nato, almeno per l’Italia deve raddoppiare.
Oggi sono formalmente all’1,2% (in realtà è più alta perché alcuni capitoli sono in carico a ministeri diversi da quello della Difesa). L'Italia, infatti, destina alle spese per la Difesa l'1,18% del PIL, equivalente a 24 miliardi di euro l'anno. A questi si aggiungono gli stanziamenti del ministero per lo Sviluppo economico per i programmi militari e per le missioni estere, che hanno portato le spese militari complessive all’1,4% del Pil, più alcuni capitoli del Miur per la ricerca a fini militari.
Donald Trump ha anche sottolineato che l’Italia ora è il secondo paese per numero di soldati in Iraq e Afghanistan. Ha inoltre ringraziato Gentiloni per gli sforzi volti a ottenere una maggiore stabilità politica in Libia ma si è smarcato da un impegno diretto degli Usa sul teatro libico.
Gli stati aderenti alla Nato, rappresentano già adesso il 51% delle spese militari nel mondo. Ovviamente il capofila sono gli Stati Uniti con 596 miliardi di dollari corrispondenti al 3,3 del Pil statunitense (3,6 secondo altri calcoli). “Lavoriamo perché la Nato resti rilevante, ma ci aspettiamo che venga adeguata alle sfide. Il contribuente americano non può più sobbarcarsi una sproporzionata quota a difesa dei valori occidentali” aveva affermato il segretario alla Difesa statunitense, intervenendo il 17 febbraio scorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Eppure lo scorso anno, il 2016, verrà ricordato come l’anno in cui le spese militari hanno avuto un’impennata in molti paesi del mondo – Italia compresa, che è tra i paesi che hanno “migliorato” la propria posizione in classifica rispetto allo scorso anno. Complessivamente, secondo quanto emerso dal rapporto annuale "Jane's" da IHS Markit sono stati spesi 1.570 miliardi di dollari. Dati confermati anche dal rapporto annuale del Sipri di Stoccolma.
La tendenza alla guerra e al riarmo, ha già prodotto e produrrà conseguenze pesanti all’interno dei paesi imbrigliati dentro i trattati militari come la Nato o la nascente Difesa Europea. Nessun governo, neanche quelli europei che hanno lasciato alle ortiche il volto pacifista degli anni Ottanta, fa ormai mistero di puntare ad un aumento delle spese militari. Crescono vertiginosamente infatti le fusioni e acquisizioni nelle aziende del settore, anche con la prospettiva concreta di realizzare quel complesso militare-industriale europeo al quale si punta da anni.
La brutale riduzione delle risorse destinate a sanità, scuola, welfare, lavoro serve proprio ad accumularne altre da destinare alle spese militari, anche al di fuori dei vincoli del Patto di Stabilità previsto dai trattati europei e addirittura consentendo l'emissione di titoli di debito pubblico finalizzato alle spese per la Difesa. La spintarella di Trump in questa direzione dunque non troverà resistenze insormontabili. Adesso magari ci diranno che oltre all’Europa “ce lo chiede anche Trump”.
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