L’ottantesimo anniversario della morte di Gramsci non può passare inosservato. Gramsci è uno dei più grandi pensatori marxisti di tutti i tempi,
e a tutt’oggi rappresenta un’importante riferimento per tutti coloro
che vogliono costruire un’alternativa al sistema capitalista. Basti
pensare alla grande influenza che la sua opera continua ad esercitare
non solo in America Latina, ma anche in India e in molti altri Paesi del
Sud del mondo.
Ma non si può certo pensare di poter
riassumere in un articolo di 4mila battute il pensiero
dell’intellettuale sardo. Ci limitiamo a suggerire una (ri)/lettura,
quella del celeberrimo articolo “La rivoluzione contro il capitale”, che contiene molti temi tipici del pensiero gramsciano e dopo quasi 100 anni mantiene inalterata tutta la sua attualità.
“La rivoluzione contro il capitale” viene pubblicato sull’Avanti il 24 novembre 1917, a pochi giorni della Rivoluzione russa.
Già nel titolo appare una questione fondamentale legata all’esperienza
sovietica: la rivoluzione non si era verificata in un Paese
industrializzato, dove le forze produttive erano al massimo del loro
sviluppo, come prevedeva Marx, ma in un Paese fortemente arretrato.
“Il Capitale di Marx – scrive
Gramsci – era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari.
Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si
formasse una borghesia, si iniziasse un’era capitalistica, si
instaurasse una civiltà di tipo occidentale, prima che il proletariato
potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di
classe, alla sua rivoluzione”.
I bolscevichi hanno “rinnegato”
Karl Marx, continua Gramsci, forzando la storia e dimostrando che gli
schemi del materialismo non sono così “feroci” come si era pensato.
I bolscevichi non sono “marxisti”, nel senso che non hanno letto
l’opera di Marx come una dottrina dogmatica, ma l’hanno resa viva
liberandola da incrostazioni positiviste e naturalistiche.
L’articolo è un inno alla
volontà collettiva, quella che “plasma la materia inerte dell’economia e
la incanala dove più gli piace”.
Il primo spunto che Gramsci offre è dunque il rifiuto del dogmatismo e del determinismo tipici dell’ortodossia marxista.
E non si può non rilevare che nella storia, a un secolo di distanza,
nessuna rivoluzione si è mai prodotta secondo i canoni di questa
ortodossia. Anzi, nei Paesi dove queste rivoluzioni ci sono state,
l’ortodossia marxista non è stata capace di comprendere il momento
storico ed è rimasta tagliata fuori dai processi di trasformazione in
atto.
Oggi lo sviluppo delle forze produttive è
giunto probabilmente al suo limite massimo e il problema che si pone è
semmai quello di arrestare una crescita insostenibile. Nella nostra
epoca siamo dunque in presenza delle condizioni oggettive che permettono
il superamento del modo di produzione capitalista?
Il secondo spunto che emerge
dall’articolo è il disprezzo per l’indifferenza, l’immobilismo e la
delega che già Gramsci aveva manifestato con forza in un altro famoso
articolo pubblicato nel febbraio 1917: “Odio gli indifferenti.
Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non
può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è
parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. (...) Nella città futura che la
mia parte sta costruendo la catena sociale non pesa su pochi, in essa
ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è
intelligente opera dei cittadini (...) Non c’è in essa nessuno che stia
alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano”.
Terza questione: in Russia i
bolscevichi avevano “colto l’attimo” e trasformato in senso
rivoluzionario la tragedia della guerra, per poter poi esercitare
egemonia sulla società tramite la dittatura del proletariato. “I rivoluzionari – scrive – creeranno essi stessi le condizioni necessarie per la realizzazione completa e piena del loro ideale.
In Occidente invece soltanto attraverso
una battaglia culturale per l’egemonia il proletariato può creare un
nuovo blocco storico alternativo e assicurarsi i presupposti per la
presa del potere. Da qui il ruolo fondamentale degli intellettuali. Una
concezione che non si adatta facilmente alla rigida gerarchia tra
struttura economica e sovrastruttura culturale tipico del marxismo
economicista. Il concetto dell’egemonia è fondamentale in Gramsci ed è
anche il cardine su cui ruota l’idea delle vie nazionali al socialismo.
Come si vede, una miniera di spunti di riflessione per coloro che non si sono ancora rassegnati.
Nello Gradirà
Tratto da Senza Soste cartaceo n.125 (aprile 2017)
Nessun commento:
Posta un commento