Poche brevi considerazioni a botta calda sui risultati di questa prima tornata di elezioni francesi:
1. i francesi sono un grande popolo che non si
lascia intimidire o influenzare dalle aggressioni terroristiche: il dato
dell’affluenza alle urne è quello di cinque anni fa e la Le Pen
raccoglie quello che i sondaggi dicevano già prima dell’attentato degli
Champs Eliseè.
2. Anche in Francia si profila un mutamento del sistema politico
con la dèbacle dei partiti storici: gollisti e socialisti, che, sino
alle politiche del 2012, totalizzavano il 56% dei voti, oggi superano a
stento il 25%
.
3. A pagare il conto è soprattutto il partito socialista,
ridotto al ruolo di lista di disturbo. Dopo 5 anni di cura Hollande,
gli elettori del Ps si sono trasferiti in massa verso la Candidatura
Macron e, in parte minore ma significativa, verso Melenchon. Il Ps ha
virtualmente cessato di esistere e l’unica cosa che gli resta da fare è
un congresso di scioglimento
.
4. Anche i gollisti se la passano male, anche se
non come i socialisti. Nel complesso, Fillon, il super preferito
all’inizio della campagna, ha mantenuto un dignitosissimo 19,8%,
nonostante gli scandali che lo hanno investito e che segnalano
l’intervento della magistratura in queste elezioni. I gollisti, peraltro
mantengono una struttura di partito ramificata sul territorio che avrà
il suo peso nelle prossime politiche.
5. Macron ha avuto un successo innegabile,
assorbendo la maggior parte dell’elettorato socialista (la cartina
geografica segnala una coincidenza quasi perfetta fra i dipartimenti
occidentali in cui ottiene i suoi risultati migliori e quelli in cui li
otteneva il Ps) e probabilmente vincerà il ballottaggio, ma poi dovrà
affrontare le elezioni politiche e lui non ha un partito. Raccogliere un
successo elettorale sul nome di un personaggio più o meno carismatico è
un conto, trovare centinaia di candidati per i corrispondenti collegi,
se non hai una struttura organizzata, è un altro paio di maniche.
Pertanto non è per nulla detto che il successo odierno di Macron si
tradurrà in un corrispondente successo dei suoi candidati nelle
politiche, anzi, sin d’ora è bene che il giovanotto si predisponga ad un
governo di coalizione con i gollisti (i socialisti probabilmente li
assorbirà nelle sue liste regalandogli qualche seggio di mancia,
ringraziamento per il servigio reso impedendo a Melenchon di arrivare al
ballottaggio).
6. Mediocre il risultato della Le Pen nonostante quel 21%
preso dalla candidata del Fn che va sommato un 5-6% dei candidati
minori dell’estrema destra, il che porta le quotazioni della destra ad
in 26-27%, il risultato migliore della destra nella storia della V
repubblica. Ma siamo a livelli inferiori a quelli dell’inizio campagna
che ridimensionano il fenomeno entro limiti largamente sub maggioritari.
Ragionevolmente la candidata del Fn uscirà battuta dal ballottaggio,
tuttavia sarebbe errato sottovalutare il rischio di un suo successo
che, pur sempre esiste, anche se con meno probabilità del risultato
opposto. Con l’adesione di socialisti e gollisti, Macron parte da un
confortevole 50% teorico e qualcosa può raccogliere anche
nell’elettorato di Melenchon che in maggioranza si asterrà. La Le Pen
parte da quel 26-27%, per cui non dovrebbe esserci partita ma... ma c’è
un ma.
Realisticamente la Le Pen non ha nessun possibile alleato
salvo i minori di destra, però è facile prevedere che lei si rivolgerà
direttamente all’elettorato dei vari partiti e non è affatto
detto che non ottenga consensi nell’elettorato di Fillon che ha una
componente di destra ed è sensibile ai richiami dell’oltranzismo anti
immigrati. Peraltro anche nell’elettorato di Melenchon le sue posizioni
anti Europa potrebbero ottenere consensi. Nel complesso si tratterà di
frazioni limitate ed è difficilissimo (ma non del tutto impossibile) che
possa battere Macron. Il rischio maggiore è un altro: che al
ballottaggio la Le Pen raggiunga il 40% il che potrebbe avere riflessi
molto seri nelle politiche. Infatti quel 40% sarebbe di fatto del solo
Fn, con uno sfondamento nell’elettorato dei “terzi esclusi”, mentre
l’eventuale 60% di Macron sarebbe la risultante della confluenza di tre
partiti (due se escludiamo gli inutili socialisti) per cui le
candidature separate di gaullisti e macroniani potrebbero portare
all’esclusione di molti di loro ai ballottaggi e dare la possibilità al
Fn di raccogliere un consistente gruppo parlamentare.
7. Buono il successo di Melenchon, anche se ha
mancato di un soffio (circa il 2,5%) il secondo turno. Risultato in cui
hanno giocato in piccola parte le inutilissime candidature di estrema
sinistra (Nueau Parti Anticapitaliste e Lutte Ouvriere) che, comunque,
hanno messo insieme meno del 2,5% necessario, ma soprattutto la
candidatura di quel merluzzo scondito di Hamon. Ora il compito di
Melencon è preparare le politiche, radendo al suolo le eventuali
candidature socialiste e, possibilmente, assorbendo qualcuna delle liste
di estrema sinistra. Poi si potrà partire da una nuova aggregazione di sinistra
vera. Va detto, però, che la volta scorsa, nel 2012, Melenchon prese
quasi il doppio dei consensi che poi raccolse il suo Front de Gauche
alle politiche.
8. Il risultato generale macroscopico è quel quasi 45% di francesi che hanno votato candidati “antieuropei”:
un livello altissimo che dice come questo voto non è un punto di
arrivo, ma solo di partenza e che la Francia è la gamba zoppa
dell’Unione Europea già da oggi. Le borse oggi sembrano premiare l’Euro,
come segnale di scampato pericolo, ma avranno modo di ricredersi.
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