Anche in Francia ha preso forma la contraddizione principale
dell’attualità politica, la frattura decisiva in cui trovano
precipitazione tutte le eterogenee esigenze popolari: con perfetta
specularità, da una parte si è espresso l’appoggio europeista (nel voto
per Macron, Fillon e Hamon), dall’altra il rifiuto dell’Unione europea
(nel voto per Le Pen, Mélenchon, e gli altri rivoli – di estrema destra e
di estrema sinistra – in cui si è disperso il voto anti-europeista).
Una specularità netta e sintomatica: metà popolazione da una parte,
l’altra metà contro. E’ un “contro” confuso e poco disponibile a sintesi
politiche, vista l’estrema diversità delle urgenze che lo compongono,
ma è il campo entro cui la sinistra di classe dovrebbe radicare una
propria proposta politica. In questo senso,
bene ha fatto proprio Mélenchon a evitare qualsiasi fronte comune
liberista col nemico politico Macron. E’ un passo in avanti inaspettato e
importante, perché per la prima volta spezza la sacra unione liberale
tra sinistra e destra.
E’ più che importante: è una novità politica
determinante, ed è il segno inaggirabile dei tempi. La lotta all’Unione
europea si conferma la faglia che impone una scelta non più rimandabile:
o si è a favore o si è contro. Questa la realtà dei fatti, ed è una
realtà imposta da una diffusa insofferenza sociale, non da astratte
teorizzazioni politiche. Questo non significa che il Front national sia
un soggetto “votabile” in funzione della lotta all’europeismo,
chiaramente. Come spesso accaduto nelle recenti elezioni, si confrontano
due mali che non concedono alcuna possibilità di scelta (anche perché
al governo il Front national si confermerebbe un trumpismo minore). E’ il cul de sac in
cui si ritrova una sinistra incapace di parlare il linguaggio del
presente, quello comprensibile alla maggioranza del proletariato
europeo. Non per caso dove quella sinistra costruisce discorsi credibili
sulle contraddizioni reali – Unione europea in primis –
questa raccoglie risultati elettorali importanti (la vicenda Mélenchon
in questo senso è davvero paradigmatica: 7 milioni di voti per un
candidato contrario alla Ue e alla Nato, roba in Italia relegata agli
zerovirgola dell’estremismo testimoniale).
C’è però una certezza:
Macron, e in tal senso i Macron di tutta Europa, costituiscono quel
nemico con il quale non è possibile nessuna alleanza tattica, neanche in
nome di un “antifascismo” completamente svuotato di qualsiasi
significato materiale e riconvertito a toppa ideologica del
neoliberalismo europeista. In tal senso, se i due candidati al
ballottaggio francese costituiscono, per motivi diversi, due “problemi”
pressanti per la sinistra, la soluzione si trova nelle contraddizioni
sociali che determinano la contesa politica: da una parte, quella
dell’europeismo “macronista”, c’è perfetta continuità tra condizione
sociale e sintesi politica; dall’altro c’è il confuso magma della
protesta, dell’impoverimento, della subalternità alle scelte della
borghesia transnazionale. Quel magma è la nostra casa.
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