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07/02/2020

Festival di Sanremo. La Rai censura Roger Waters. Troppo filopalestinese

Non ce la possono fare, non ne hanno il coraggio. La Rai dei sepolcri imbiancati e delle mummie rifatte (e non solo quelle anagraficamente più datate), è riuscita a censurare uno dei fondatori dei Pink Floyd, cioè una leggenda vivente della musica.

Era infatti previsto un videomessaggio di Roger Waters al Festival di Sanremo ma improvvisamente è scomparso dalla scaletta. Il suo contributo era stato annunciato da Amadeus come “un regalo al Festival” ma è stato annullato per imprecisati “motivi di scaletta”.

Roger Waters non è un personaggio da tappezzeria televisiva. È uno storico membro dei Pink Floyd e, certamente, tra i maggiori musicisti rock del mondo, ma è anche “colpevole” di aver preso apertamente posizione a sostegno del popolo palestinese. “Un’altra telefonata da Gerusalemme? Si direbbe di sì” è il commento al vetriolo de L’Antiplomatico che ha pubblicato spesso i messaggi di Roger Waters e che sottolinea come solo qualche mese la Rai sia riuscita a censurare una propria intervista già pronta al presidente siriano Assad.

Pare che nel videomessaggio per il festival di Sanremo Roger Waters avesse citato una delle sue canzoni (Waiting for her, contenuta nell’album Is this the life we really want?) ispirata ad una poesia dello scrittore palestinese Mahmoud Darwish.

Da quella poesia, spiegava Waters, ho imparato che le donne non basta amarle ma bisogna saperle. Un poeta palestinese come ispiratore è probabilmente una possibilità che la dirigenza Rai – e le autorità israeliane – non possono accettare. Il negazionismo sull’esistenza di una identità palestinese è parte di quel politicidio contro i palestinesi ben individuato dallo storico Baruck Kimmerling e perseguito dagli apparati ideologici israeliani, fin dentro la Rai.

Ma la notizia del messaggio censurato di Roger Waters è circolata anche su altri media incontrando però l’assordante silenzio (e dunque la complicità) sia della politica sia del multiforme mondo degli artisti. Troppo spesso scattanti su polemiche di nicchia ma straordinariamente silenti o distratti su questioni di fondo.

La politica-spettacolo, la politica e lo spettacolo, si rivelano così mondi piccoli piccoli, privi di quella dignità che in tante occasioni ha fatto la storia. Mummie rifatte e sepolcri imbiancati a cui neanche la più eccellente delle coreografie riuscirebbe a dare luce.

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