Come suol dirsi, la cosa non è seria ma è grave – da anni, infatti, siamo assediati dalla spaventosa violenza del ridicolo. Nel bel mezzo del dibattito governativo sulla prescrizione, c’è chi si inventa censure per trascorsi di oltre mezzo secolo fa, e per di più lo fa senza neanche conoscerli.
Non fu Giovanna Marini a cantare Gorizia sul palco del Festival dei Due Mondi a Spoleto (anche se fu incriminata pure lei, con tutto il cast dello spettacolo Bella ciao, per vilipendio alle forze armate). E Chiesa Chiesa dà voce, sull’onda del Concilio Vaticano Secondo, alla sofferenza di una profonda credente nei confronti di un’istituzione che faticava a rinnovarsi e ritrovare le sue profonde ragioni di essere.
Ora, uno può pensare che sia un caso isolato – dopo tutto, in altre sale il film si proietta normalmente. Ma viene in mente che neanche tanto tempo fa, sempre in Liguria, il regista Gabriele Paupini salì sul palco per spiegare agli spettatori che per motivi di censura non avrebbero potuto vedere alcune scene dello spettacolo in cui comparivano nudi maschili (e in quel caso la censura non era un’alzata di testa di un singolo ma una prescrizione istituzionale).
Ma che succede in Liguria?
Messi insieme, i due episodi ricompongono la triade Dio, Patria e sessuofobia del nuovo politicamente corretto di destra. Però la ridicola censura a Giovanna Marini ha qualcosa di più. Se la prende con un’artista, ma non un’artista qualsiasi. Come anche il film fa vedere chiaramente, Giovanna Marini non parla e non canta solo per sé.
Attraverso di lei parlano profonde storie di voci inascoltate, di contadine e contadini del Sud, di emigranti, di braccianti, di un Sud pieno di anima e di sapienza; attraverso Giovanna Marini parlano Matteo Salvatore e Mariuccia Chiriacò, parlano le donne che sfilano cantando nelle passioni la morte di Cristo e tutto quello che significa nelle loro vite. Se la voce di Giovanna Marini mette paura, è perché tutte queste voci vanno ricacciate nel silenzio e fuori della storia.
*****
di Sandro Portelli da il manifesto, dove appare con il titolo “Giovanna Marini censurata dall’ignoranza”, che secondo noi non corrisponde a quanto sta effettivamente accadendo. Non è i fascisti che amministrano alcuni comuni “ignorino” la verità storica; semplicemente la negano e pretendono di imporne un’altra. Con la complicità diretta delle “istituzioni”.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento