Da domani, in base al nuovo decreto, rimarranno in zona rossa 9 regioni (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta, Campania, Calabria e Puglia), mentre tornano in zona arancione Abruzzo, Basilicata, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria, Trentino Alto Adige, Veneto e le Province autonome di Bolzano e Trento.
Quindi blindati in casa e da soli durante le feste ma ammucchiati di nuovo da questa mattina su bus e metro e nei luoghi di lavoro. Se non interverranno variabili significative le cose rimarranno così fino al 30 aprile.
Ci attende quindi un altro mese di questo calvario di mezze misure, tra attività che procedono come se niente fosse e attività che invece sono sottoposte a chiusura o vietate.
La scellerata decisione di “convivere con il virus” è tutta affidata alla campagna di vaccinazione che riscontra però tutti i suoi limiti sul piano delle forniture di dosi disponibili. Un approccio che continua a produrre numeri pesanti sul piano dei contagi, dei ricoveri e dei morti per Covid.
Il numero di ricoverati con sintomi del Covid ha registrato un incremento di 353 unità, portando il totale attuale a 28.785; nelle terapie intensive sono ricoverate 3.737 persone. Il numero di persone attualmente positive in Italia è di 570.096, quelle in isolamento domiciliare sono 537.574. Il totale di morti dall’inizio dell’epidemia in Italia è salito a 111.326.
Intanto si è proceduto a verificare se i mezzi di trasporto collettivo (bus, metro, treni) siano o meno fattori di diffusione del virus e la verifica, come prevedibile, non poteva che essere positiva. I carabinieri del Nas hanno eseguito 756 tamponi di superficie su mezzi di trasporto e stazioni testando macchinette obliteratrici, maniglie e barre di sostegno per i passeggeri, pulsanti di richiesta di fermata e sedute.
Tra i tamponi di superficie raccolti, i Nas hanno rilevato 32 casi di positività per la presenza di materiale genetico riconducibile al virus, individuati su autobus, vagoni metro e ferroviari operanti su linee di trasporto pubblico nelle aree di Roma, Viterbo, Rieti, Latina, Frosinone, Varese e Grosseto. Quindi nel Lazio soprattutto.
“Il riscontro della presenza di materiale genetico del virus sulle superficie dei mezzi di trasporto – spiegano i carabinieri del Nas – seppur non indice di effettiva capacità di virulenza o vitalità dello stesso, rileva con certezza il transito ed il contatto di individui infetti a bordo del mezzo, determinando la permanenza di una traccia virale“.
Sono stati denunciati 4 responsabili di aziende di trasporto, per non aver predisposto le procedure di sicurezza ed igienizzazione nei luoghi di lavoro a favore degli operatori, e sanzionati ulteriori 62 responsabili per irregolarità amministrative, con sanzioni pecuniarie pari a circa 25 mila euro.
Solo un personaggio come la ex ministra De Micheli poteva negare che i trasporti pubblici non potessero essere oggetto di circolazione del virus. Continuiamo ad affermare che è incomprensibile – se non per l’intenzione del governo di non contrastare i diktat di Confindustria – impedire di prendere un caffè al bancone del bar ma consentire di assembrarsi su un autobus o una metropolitana. I fatti lo confermano ancora una volta.
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