Il 25 aprile continua a non essere una data come le altre sul calendario. Per molti è la celebrazione della Liberazione dal nazifascismo e dell’omaggio ai partigiani che ne sono stati fattore decisivo e di riscatto. Per altri è una mera incombenza istituzionale sulla quale veicolare la mefitica cortina fumogena della “memoria condivisa”. Per gli eredi e i nostalgici del fascismo una data che vorrebbero far scomparire dalla storia del paese.
Eppure in questi anni non pochi hanno cercato di introdurre la tesi di una data “non divisiva” nella quale responsabilità differenziate sui valori comuni, sulla storia e sul presente dovrebbero scomparire in una sorta di catarsi istituzionale in cui tutti si ritrovano come simili e ripuliti.
Spesso l’antifascismo è diventato così uno strumento depotenziato da ogni significato attuale e concreto, decisivo per essere trasmesso con successo alle nuove generazioni.
Quest’anno poi la contraddizione era tutta in evidenza. Forze e soggetti che negli ultimi tempi si sono mobilitati dicendo “Mai con Salvini!”, avrebbero voluto che passasse inosservato o, peggio ancora, assolto “con formula piena” il fatto che con Salvini ci stanno governando insieme nel governo Draghi.
La contraddizione si è palesata questa mattina a Roma alla manifestazione di Porta San Paolo, dove ogni anno si celebra la Resistenza. Nelle settimane scorse una lettera aperta all’Anpi aveva provato ad aprire una discussione su questo tema, ma ha prevalso invece la soluzione peggiore. Blindare la piazza, consentirne l’accesso solo per inviti, schierare il servizio d’ordine fornito dalla Cgil. Inutile dire che a Porta San Paolo questa scelta si è rivelata maldestra.
Centinaia di antifascisti, soprattutto giovani, hanno voluto portare il loro omaggio floreale al monumento ai partigiani. Uno striscione recita: “Mai con Salvini, liberiamoci del governo Draghi”. C’è stato qualche spintone con un imbarazzato servizio d’ordine schierato a difendere la manifestazione ufficiale da una minaccia inesistente. Il cordone dopo qualche tensione non ha potuto che aprirsi e far passare gli antifascisti che hanno portato fiori rossi alla lapide dei Partigiani.
Dopo di che hanno girato le spalle e abbandonato – di fatto svuotandola – la piazza istituzionale per recarsi al corteo antifascista che storicamente si svolge a Roma est, in quelle borgate ribelli (Centocelle, Quarticciolo, Quadraro, Villa Gordiani, Tor Pignattara) dove i gruppi partigiani organizzarono e realizzarono materialmente la Resistenza nella città di Roma.
E qui è stato tutt’altro scenario. Migliaia di persone, in larghissima parte giovani, hanno declinato l’antifascismo in modo coerente, senza fare sconti a chi governa con la destra e con Salvini, a chi gira la testa davanti alla strage di migranti nel Mediterraneo, a chi sta facendo polpette della Costituzione e della salute in nome della dittatura dell’economia.
Uno scenario analogo lo abbiamo visto a Bologna dove centinaia di giovani antifascisti hanno scelto di manifestare nelle strade ignorando la manifestazione istituzionale e riempiendo di contenuti il giorno dedicato alla Liberazione.
Ancora più chiaro il contenuto della manifestazione antifascista in Val di Susa dove la Resistenza popolare è un valore agente tutt’oggi.
Il 25 aprile dunque può e sa essere inclusivo, sulla base della coerenza, non dell’ambiguità.
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