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23/04/2021

Memoria conflittuale e merda nel ventilatore

La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile, che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sotto voce sibilando, va scorrendo, va ronzando, nelle orecchie della gente. S’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar.

Non ci piace – è noto – perdere il nostro tempo a inseguire le calunnie altrui. Per come è ridotta “la sinistra” in Italia, non resterebbe tempo di fare altro.

Però non possiamo ammettere neanche che si infanghi la serietà del nostro impegno politico e del nostro lavoro. Né accettare qualsiasi insulto.

Dunque, eccoci qui costretti a rimandare al mittente l’accusa infamante rivolta a uno dei nostri collaboratori, Achille Lollo, esperto di Brasile per esserci vissuto a lungo da esule – uno delle centinaia prodotte dal conflitto degli anni ‘70.

Pochi giorni fa, sulla sua pagina Facebook, Enrico Galmozzi, ex dirigente di Prima Linea e ora – scrivono – “grossista di scatole per gioielli a Milano” nonché “scrittore di libri sull’impresa fiumana di D’Annunzio”, ha postato poche frasi che non possono restare “venticello” che continua a circolare.

Il testo: “16 aprile 1973: Primavalle. Come ti riciclo un pirla. Uno dei condannati per il rogo, Achille Lollo, dopo una lunga latitanza, nel 2011, a condanna prescritta torna in Italia e per prima cosa va dai giudici e fa i nomi dei complici fra cui tre mai indagati. Diventa uno dei promotori e “firma” dell’Antidiplomatico e scrive regolarmente su Contropiano, portavoce degli stalin sovranisti di sinistra.”

Galmozzi ha scontato una pena ridotta – 13 anni effettivi sui 27 comminati in sentenza – usufruendo della legge sulla dissociazione (legge 18 febbraio 1987, n. 34, Misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo). Per lo stesso tipo di reati, altri prigionieri politici hanno ricevuto e scontato l’ergastolo che, anche quando non era “ostativo”, è pena assai più impegnativa.

Ognuno può pensarla come vuole, ma a noi – militanti comunisti “semplici” – non piace chi scambia identità politica con sconti di pena. E ancor meno, naturalmente, chi collabora con “il nemico” e fa arrestare i suoi compagni di lotta.

Galmozzi ha anche una lunga abitudine al protagonismo social, spesso prendendosela con ex prigionieri di altre organizzazioni (specie se non pentiti né dissociati), altre volte sfruttando qualche clamore mediatico occasionale (una presunta busta con proiettili indirizzata a Salvini, l’omicidio del carabiniere Cerciello Rega, ecc.). Ma ognuno si diverte come può e sa...

L’accusa ad Achille di essere “un infame”, e di aver fatto “i nomi dei complici fra cui tre mai indagati” non è però di quelle su cui fare spallucce. Perché poi magari qualche anima candida ci crede e “condivide”...

Come sa chiunque abbia un briciolo di esperienza in vicende simili, le “voci” si possono dividere sommariamente in due campi.

Il campo oggettivamente più scivoloso è quello in cui si parla di possibili infiltrati o informatori. Figure che sono sempre esistite nella lotta di classe e sempre esisteranno, che è bene saper riconoscere e tener lontane. Però, in questi casi, è difficile poter ottenere ed esibire “prove”. Si possono inanellare episodi sospetti, frequentazioni oscure, comportamenti inspiegabili, stili di vita incongruenti, ecc.

“Indizi”, insomma, che possono consigliare prudenza e interruzione dei rapporti. Ma non “prove documentali”. Perché gli agenti dei servizi o gli informatori (“collaboratori a progetto” dei servizi, per capirci) non vanno certo in giro sventolando il tesserino e presentandosi come tali.

Cosa del tutto diversa è invece la “chiamata di correo”, ossia il coinvolgimento di altri – fin lì ignoti agli inquirenti – nelle azioni o reati per cui si è imputati.

In questo caso ci sono verbali firmati davanti a un giudice o a ufficiali di polizia (o carabinieri, ecc.). Materiali che fanno sviluppare altre indagini, producono “avvisi di reato”, interrogatori, eventualmente arresti, processi e relative condanne.

Dunque, in casi come quello che stiamo affrontando, o si possono esibire i verbali – sono atti giudiziari depositati, non segreti di stato – oppure sono solo parole di merda buttate nel ventilatore. Nella speranza che diventino “seminali”...

Per la parte che ci riguarda direttamente – “Contropiano, portavoce degli stalin sovranisti di sinistra” – si può solo sorridere davanti all’ignoranza di chi, in tutta evidenza, cavalca i luoghi comuni del mainstream più svaccato.

Per la parte che riguarda Achille, invece, lasciamo ovviamente la parola al diretto interessato.

*****

Un linciaggio mediatico dietrologico praticato per 45 anni

Achille Lollo

È vero: come altri compagni degli anni '70, anche Achille Lollo, in termini professionali, è un giornalista che per più di quarant’anni ha esercitato la professione in vari paesi e in diversi organi di informazione. Per questo forse do fastidio, anche e quando scrivo solo sul Brasile. Forse do fastidio, innanzitutto, perché nella Costituzione non è contemplata la pena di morte.

In secondo luogo perché con i miei 70 anni continuo a scrivere, a filmare ed a pubblicare analisi di politica internazionale che molti non vorrebbero che siano scritte, non solo sui giornali o televisioni legate al sistema, ma anche sui nostri giornali. Infatti, mi sembra che sia sempre in voga l’ordine di proibire, con un nuovo linciaggio mediatico, quello che scrivo su un giornale web come CONTROPIANO che ha, ancora, il coraggio di qualificarsi comunista.

Per questo motivo, dopo aver letto – solo il 19/04/2021 – quello che il “dissociato” di Prima Linea, Chicco Galmozzi ha pubblicato su Facebook, vorrei precisare ciò che segue:

1) Gli unici miei due complici (Marino Clavo e Manlio Grillo), riusciti a fuggire dopo il mio arresto, sono stati indagati nel 1973 e poi condannati tutti insieme nel 1994, sia nel processo penale e poi in quello civile.

2) Al mio ritorno in Italia, nel 2010, a causa di una mia intervista sul Corriere della Sera, con Rocco Cotroneo, sono stato nuovamente indagato. Però davanti al giudice, e alla presenza dell’avvocato Tommaso Mancini, il 17/01/2011, mi sono rifiutato di rispondere al PM Tescaroli e di confermare quello che era stato pubblicato dal suddetto giornale.

3) Di conseguenza e non risultando altri elementi “probanti” il giudice ha chiuso quell’istruttoria senza rinviare a giudizio altri possibili indagati.

4) Non ho mai accettato la dissociazione e tanto meno il “pentimento”. Soprattutto non ho voluto capitalizzare la mia personale autocritica politica per ottenere benefici editoriali o riconoscenze dai “servizi” e rispettivi associati.

5) A questo proposito ricordo al “dissociato” Enrico (Chicco) Galmozzi che nel 1985 rifiutai l’offerta dell’ambasciatore Giorgio Vecchi, in Angola, relativa alla possibilità di “...risoluzione definitiva della situazione giuridica...” se avessi collaborato con i servizi italiani, visto che all’epoca ero molto impegnato nelle attività del Ministero della Difesa e del Ministero del Petrolio/SADCC Energia angolani!

6) Sappia, il “dissociato” Enrico (Chicco) Galmozzi che: a) non sono mai stato stalinista, continuando a mantenermi legato all’ideologia del marxismo leninismo. Tanto è vero che nel 2005, uscendo dal PT (Partido dos Trabalhadores) firmai il documento per la formazione del nuovo partito PSOL (Partido Socialismo e Liberdade), di cui la maggior parte dei 109 firmatari erano ex-militanti del PT legati a correnti trozkiste.

7) A questo proposito suggerisco al “dissociato” Enrico (Chicco) Galmozzi e ai suoi informatori che, prima di promuovere il linciaggio mediatico con l’etichetta di “stalinista sovranista”, andassero a sfogliare le riviste brasiliane “Nação Brasil, Conjuntura Internacional e Critica Social” — di cui sono stato direttore dal 2004 al 2010 — in cui James Petras, Ricardo Antunes, Mario Maestri, José Luis Fiori e Michel Chossudovsky, Robert Kurtz, e Michel Lowy erano stretti collaboratori.

8) Lo stesso dicasi del cosiddetto “sovranismo”, visto che mi sono sempre considerato e comportato come un militante comunista internazionalista, che ha dedicato la sua vita a lavorare con il MPLA, la SWAPO, l’ANC, il FRETILIN, Il PT (Força Socialista, corrente interna petista), il PSOL e infine con il ELN colombiano. In Italia non ho aderito a nessun movimento o gruppetto sovranista.

Considerazioni personali sull’iniziativa mediatica di Chicco Galmozzi

Non è più una casualità, ma tutte le volte che scrivo qualcosa di “pesante”, che critica e mette in discussione la legittimità di un governo o degli ambienti associati a questi, immediatamente spunta fuori qualcuno dal nulla che, ricorrendo alla dietrologia più efferata, rievoca il passato per silenziare la mia attività di analista di politica internazionale, cercando anche di infangare la mia militanza politica con una ben orchestrata operazione di linciaggio mediatico.

Un’operazione che il “dissociato” di Prima Linea, Enrico (Chicco) Galmozzi, ha già tentato in passato con altri compagni e non certo per una sua pseudo-geniale iniziativa di deontologia giornalistica!

In realtà si tratta di una diffamazione in cui salta fuori il solito “dossier informativo” che le differenti antenne dei servizi — attualmente presenti nella rete, oltre che, indirettamente nei vari organi informativi — forniscono ai vari “addetti ai lavori”!

Approfitto per citare alcune operazioni di linciaggio mediatico dietrologico, realizzate nei miei confronti, dai “servizi” e dalle rispettive antenne destroidi, con l’evidente obbiettivo di censurare qualsiasi mia attività giornalistica, soprattutto quando questa attività cominciava a moltiplicare i suoi followers. Ma possono risultare istruttive in senso più generale.

– LA STAMPA 08 Novembre 2016 – Per sputtanare il Movimento 5 Stelle e soprattutto per squalificare l’allora deputato Alessandro Di Battista, il giornale LA STAMPA ricorre alla dietrologia del 1973 per creare un link organico tra il M5S e Achille Lollo con il titolo “L’Antidiplomatico, così un sito divulga la linea filo-russa del M5S”, con sottotitolo “Tra i collaboratori spunta Achille Lollo”. Infatti Jacopo Jacoboni, a pagina 13, dopo aver citato gli incontri che i deputati Di Battista e Di Stefano avrebbero avuto a Mosca “...con personaggi chiave del partito di Putin, uno dei quali assai discusso. È in questa fase che diventa di riferimento, nel divulgare la linea, un sito l’ANTIDIPLOMATICO...”. Per poi concludere “...In questo milieu matura il sito che in questi mesi sta vedendo lievitare i suoi accessi, e l’influenza tra i parlamentari cinque stelle che si occupano di geopolitica...”.

– IL MESSAGGERO 09 Novembre 2016 – Apre la prima pagina con il titolo “M5S arruola Achille Lollo”, poi Claudio Marincola e Stefania Piras aprono la pagina 47 con il titolo “Lollo consulente del M5S”, e con sottotitolo “...Anche quando si rifugiò in Angola collaborò con le TV, oggi purtroppo lo fa da uomo libero...”; per attaccare logicamente il M5S e il sito L’ANTIDIPLOMATICO, i due giornalisti sottolineano nelle prime righe della pagina il seguente: “Libero di suggerire analisi, divulgare pensieri, dispensare consigli. Se non fosse che le sue riflessioni pubblicate su un sito frequentato dall’intellighenzia grillina stanno ispirando la politica estera del M5S. Lui è Achille Lollo...”. E infine ricordare di nuovo “...Lollo dispensa pillole di politica estera apprezzate nell’ambiente pentastellato...”.

– IL TEMPO 09 Novembre 2016 – Sempre per attaccare l’ex-deputato Di Battista e il M5S, Antonio Rapisarda così titola il suo articolo a pagina 9: “Lollo scrive sul sito L’ANTIDIPLOMATICO – Così lo staff di Battista lavora con l’assassino dei fratelli Mattei”. Per poi far capire che Achille Lollo non può, in assoluto, fare il giornalista, soprattutto se quello che scrive ha credito.

– Infatti Rapisarda sottolinea “...Il punto è che ad occuparsi di Brasile ed America del Sud, con servizi dove abbonda il gergo vetero-anni '70 è proprio Achille Lollo del quale, tra le altre cose, l’ANTIDIPLMATICO ha anche ripreso un’intervista fatta direttamente a Di Battista due anni fa su governo Renzi, Trip, Tsipras e questioni migranti...”. All’epoca ero stato in effetti nominato ufficialmente dal giornale brasiliano “Brasil De Fato” come corrispondente estero alla Camera, al Senato, al Ministero degli Esteri e al Vaticano. Che è poi il motivo per cui fu realizzata l’intervista al deputato Alessandro Di Battista.

È evidente che nei miei confronti esiste da parte dei “servizi” o dei cosiddetti “addetti ai lavori” un monitoraggio sistematico su quello che scrivo, per poi usare il tutto nell’operazione di il linciaggio mediatico in forma diretta o indiretta. E dico questo poiché anche in passato, sia in Angola che in Brasile, è successo più di una volta. Per esempio:

1) Nel 1978, i servizi dell’ambasciata italiana in Angola (che all’epoca rappresentava anche gli Stati Uniti), dopo aver organizzato la fuga dell’alto funzionario del Ministero della Sicurezza Nazionale, Victor Jetoeira, gestirono il suo accomodamento in Italia permettendogli prima lo smercio di quel mezzo chilo di diamanti grezzi che aveva trafugato, per poi ricevere le foto del campo di addestramento della SWAPO, che il Ministero della Difesa aveva organizzato in Funda, dove io, nel 1976 mi occupavo della preparazione politica dei combattenti namibiani. In proposito IL MESSAGGERO scrisse una mezza pagina molto nebulosa.

Invece fu la rivista PANORAMA che – sulla base delle dichiarazioni dell’ex-agente della Sicurezza angolana – confezionò la tesi secondo cui Stefano De Stefani ed Achille Lollo stavano organizzando in Angola una “sezione dell’Internazionale Rossa”. A partire da quel momento per le antenne dei servizi italiani, e non solo, qualsiasi cosa io facessi divenne “top secret”, anche perché in quell’anno il Ministro della Difesa, Henrique Teles Carrera, mi incaricò, insieme ad altri due ufficiali angolani, di creare una redazione per poi pubblicare la “REVISTA MILITAR” (organo delle FAPLA, Forze Armate Popolare di Liberazione dell’Angola). In questa rivista firmavo gli articoli come “Germano”.

2) Nel 1980, passai a coordinare la redazione internazionale del “JORNAL DE ANGOLA” ed in seguito, con l’invasione sudafricana nel sud del paese, divenni anche inviato speciale nelle zone di guerra, realizzando molti reportage esclusivi, grazie alla mia relazione politica con le Forze Armate. Nello stesso tempo, firmando con pseudonimo, divenni collaboratore di AFRIQUE ASIE e di LE MATIN DE PARIS, oltre a scrivere alcuni articoli per l’AVANTI, il MANIFESTO, così come per la commissione dell’ONU contro l’Apartheid.

Quindi fu proprio in questo periodo di maggior attività giornalistica (1983) che Lolò Neto, il consigliere politico del presidente angolano Eduardo Dos Santos, ricevette un “dossier informale” dall’ambasciata italiana in cui mi si accusava di star organizzando una cellula delle Brigate Rosse a Luanda, visto che avevo aiutato il medico Sergio Adamoli – all’epoca ricercato dall’Interpol – e la sua giovane compagna a rimanere in Angola, lavorando (lui) presso l’Ospedale Militare e lei come insegnante, con la qualifica di “cooperanti”.

3) Nel 1984, essendo stato incaricato dal Ministro del Petrolio di coordinare – con la funzione di “editor” – la creazione delle riviste “SADCC ENERGY” e “SADCC ENERGIA” (organi bilingue della Commissione di Energia del SADCC, presieduta dall’Angola) e quindi di integrare le delegazioni angolane alle riunioni regionali di tecnici, ministri e presidenti, il corrispondente di FRANCE PRESS, Alain Port, ricevette un “dossier Informativo” in cui, per giustificare il preteso coinvolgimento della Repubblica Popolare di Angola con le Brigate Rosse e nella presunta “Internazionale Rossa del Terrorismo”, si diceva che io, approfittando del viaggio della delegazione angolana alla 12° Conferenza Mondiale sull’Energia (18-23/Settembre/1983) a New Delhi, in India, con scalo a Beirut, mi sarei incontrato con elementi responsabili del FPLP, a cui, per assurdo, avrei anche portato delle missive di alcuni dirigenti del MPLA.

Alain Port non pubblicò questo “scoop” perché, fortunosamente, lui si ricordava che in quella settimana io gli avevo chiesto una chromdioxid video-cassette broadcast (BASF KCA609) per fare le copie dell’intervista che avrei realizzato a Bruxelles con il Commissario della Comunità Europea, Edgar Pisani e del programma tv in cui ero stato invitato.

4) 1986: varie fonti legate all’ambasciata italiana riferivano al ministro degli esteri angolano, Paulo Jorge, che in caso di condanna e con l’aggravante di essere legato alle Brigate Rosse, il governo italiano avrebbe modificato le relazioni di cooperazione in caso di mancata estradizione.

Questo terrorismo diplomatico non impressionò il ministro che, a sua volta, mi informò dell’accaduto, oltre a garantirmi l’asilo, ricordando inoltre che tra Italia e Angola non esistevano accordi sull’estradizione.

Nonostante ciò e non volendo creare problemi all’Angola e al MPLA, che ho sempre considerato la mia seconda patria ed il mio secondo partito rivoluzionario, decisi di trasferirmi in Brasile.

5) 1991: subito dopo la mia condanna in appello, il mio avvocato brasiliano, Técio Lins e Silva, mi avvisò che gli uomini dei servizi italiani avevano presentato alla Polizia Federale brasiliana l’istanza di estradizione. Per cui, alcuni giorni dopo, quando alle 7:30 ricevetti una stranissima telefonata di alcuni italiani che, proclamandosi “...compagni italiani della Magliana mi invitavano nella stanza 702 dell’Hotel Intercontinental per stare con le ragazze...”, capii che era meglio avvisare l’avvocato ed attendere l’arrivo della Polizia Federale, che giunse alle 11:30.

In seguito, un ispettore mi confidò di essermi salvato, poiché se fossi andato a quell’appuntamento, sarei stato arrestato da una volante della Policia Militar con l’accusa di “aver trovato mezzo chilo di cocaina nella mia macchina...”.

In questo caso sarei stato arrestato come narco-trafficante e quindi immediatamente estradato in Italia con la stessa equipe dei servizi che aveva programmato la mia cattura davanti all’Hotel Intercontinental con la volante della Policia Militar!

6) 2004: dopo aver consolidato la pubblicazione da parte di Edizioni ADIA di tre riviste (Nação Brasil, Conjuntura Internacional e Critica Social) e iniziato la collaborazione con TVCRJ (TV Comunitaria do Rio) una deputata del MSI-AN e il rappresentante di questo partito in São Paulo, tal Di Marchesin, finanziò l’affissione di giganteschi poster in tutta la città di Rio de Janeiro in cui, qualificandomi come un “pericoloso terrorista”, richiedeva la mia estradizione, nonostante il Tribunale Superiore Federale l’avesse negata.

La stessa campagna di linciaggio dietrologico si allargava, con lettere a parlamentari, artisti, intellettuali e sindacalisti di sinistra che rappresentavano la maggioranza degli abbonati delle nostre riviste. In seguito il Tribunale Civile di Rio de Janeiro condannò ad una multa l’agenzia di pubblicità che aveva elaborato i poster.

7) 2008: dopo aver realizzato prima con Bernardo e poi, soprattutto con Milton Hernandez, della Commissione Internazionale dell’ELN colombiano, due progetti di video sul conflitto colombiano realizzati da TV ADIA, oltre a costruire nei sindacati, università e con alcuni parlamentari, una rete di solidarietà con il ELN in Brasile, a partire da Rio de Janeiro, con la divulgazione di documenti, interviste e conferenze con lo stesso Milton, la Polizia Federale mi convocò a Brasilia per rispondere ad alcuni “questionamentos” (domande informative) formulate da alcuni settori dell’Interpol.

Infatti, alla Polizia Federale erano state presentate alcune “note informative” secondo cui “...viaggiando clandestinamente in Colombia stavo per mettere in piedi, insieme al narcotrafficante Escadinha, una struttura per il commercio delle armi in favore delle FARC...”!!! Oltre a ciò le fonti occulte supponevano che il pagamento da parte delle FARC era con la cocaina.

Per mia fortuna avevo conservato “las papeletas de entrada y de saida” del posto di frontiera venezuelano di Santa Elena de Uairén e quelle dell’ingresso brasiliano di Pacaraina, mostrando poi allo stupefatto ispettore i dvd di tutte le interviste fatte in Colombia da me e da Gustavo, in cui i soggetti filmati erano, soprattutto avvocati, sindacalisti, gente del popolo e alcuni responsabili del Polo Democratico. Mentre le immagini di combattimenti, realizzate direttamente dal ELN, ci erano state fornite anteriormente da Milton Hernandez.

Quindi, la storia del traffico di armi con le FARC, che, oltretutto, all’epoca, occupavano aree e regioni differenti da quelle in cui operava il ELN, decadde. Cioè, nessuna traccia di traffici occulti ma, unicamente, le solite puttanesche supposizioni dei servizi, questa volta mascherati dietro l’etichetta dell’Interpol.

8) 2017: insieme ad alcuni compagni abbiamo scritto un libro sulla storia di un paese sudamericano, però a causa del probabile linciaggio mediatico l’editore mi chiese di usare uno pseudonimo!!!

Achille Lollo

Fonte

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