Il fallimento della campagna vaccinale è ormai evidente. Fa il paio e prosegue il fallimento delle campagna di prevenzione e contrasto della pandemia, malamente messa in campo dal governo precedente.
L’elemento di continuità però non è tanto quell’anima senza spina dorsale del ministro Speranza – lui o un altro non cambia – ma la ferocia con cui gli imprenditori, tutti, pretendono di “poter lavorare” come se la pandemia non esistesse.
Si sono fatti un po’ più furbi, rispetto a un anno fa, e dunque non negano più l’esistenza del virus, né cercano di minimizzarne la pericolosità paragonandolo a “una semplice influenza”. Ora dicono tutti “riaprire in sicurezza, ma subito”. Ossia “assicurano” loro stessi l’efficacia delle misure di sicurezza sui loro luoghi di lavoro.
Che però, nel caso di ristoranti, palestre, bar, ecc, sono anche luoghi di intrattenimento e dunque di assembramento. Assistiamo di nuovo a numeri come quelli di Santanché o Briatore, la scorsa estate, che “assicuravano” sul fatto che “non c’è luogo più sicuro delle discoteche”.
Dovunque ci si giri, la schizofrenia è identica. Chi presidia i luoghi di cura – medici e infermieri – segnalano che gli ospedali sono pieni e la gestione è al limite. Il prezzo in vite umane viene pagato non solo dai malati Covid, ma anche da tutti quelli che non riescono più a farsi curare per altre patologie.
Dal lato imprenditoria privata, invece, viene il grido opposto: “abbiamo bisogno di riaprire a data certa”. Come se i virus prendessero appuntamento, come se si trattasse di prenotare un tavolo o una stanza...
Non consola che l’identica situazione sia comune a tutta Europa. Significa infatti che il “modello” di contrasto della pandemia è lo stesso: chiudere quando i posti di terapia intensiva sono al limite della capacità, riaprire non appena si fa un po’ di spazio. Nessun tracciamento, nessun lockdown delle aree-focolaio (se non in casi “facili” come le Rsa), nessun blocco delle attività economiche (se non appunto quelle legate alla vacanza e al tempo libero).
E soprattutto nessuna autonomia sul rifornimento di vaccini, senza di cui la battaglia viene sicuramente persa.
Il governo Conte aveva fallito nella politica di contenimento perché aveva obbedito ai diktat di Confindustria & friends, rifiutandosi di chiudere le fabbriche (la strage in Val Seriana resterà negli annali di storia come il sequel de “la colonna infame”). E al tempo stesso per l’incapacità – la mancanza di strumenti – di condurre uno screening di massa (tamponi, ecc.) per identificare e fermare la circolazione dei contagiati.
Fin dal primo momento si sapeva – non mancavano gli scienziati seri – che l’unico modo di fermare la pandemia era il “modello Wuhan” (replicato anche in paesi di cultura liberista, ma orientali): tutto chiuso nelle aree focolaio (territori più o meno ristretti) e tamponi per tutti gli abitanti in quelle aree.
In questo modo si lasciava aperto il resto del paese – e le attività economiche – con un basso costo in termini di Pil e anche di vite umane. Perché le due cose vanno palesemente insieme, visto che l’economia funziona attraverso gli umani e non da sola.
Obbedendo allora a Confindustria, si è invece lasciato quasi tutto aperto. Milioni di persone hanno continuato a circolare e a contagiarsi, portando il virus in ogni angolo del territorio (sia nazionale che europeo); le campagne di tracciamento non sono mai partite; lo screening di massa nemmeno.
Tutto è stato affidato all’arrivo dei vaccini. Che in Europa non vengono prodotti, se non in stabilimenti di alcune multinazionali di Big Pharma che poi li fa viaggiare sui “mercati” che ritiene più vantaggiosi. Ma come in ogni guerra, se non hai le munizioni non spari, non combatti e dunque puoi solo soccombere.
Su questo l’Unione Europea ha dato una dimostrazione pratica di cosa significa essere subordinati all’interesse privato delle multinazionali: contratti capestro, senza condizioni né penali in caso di mancata consegna dei quantitativi previsti.
Mezzo miliardi di esseri umani, nel continente che è stato culla della civiltà occidentale, in balìa di quattro o cinque consigli di amministrazione (meno di 100 persone in tutto).
Quando, com’era prevedibile, si è verificata qualche “controindicazione” post-vaccinazione, si è scatenato il panico da parte di quei campioni dell’imbecillità che gridavano tutti insieme “niente panico”. Il sistema mediatico, insomma, da tempo incapace di qualsiasi critica al sistema imperante.
Le previsioni più serie per i prossimi mesi sono plumbee. Si può sperare che l’estate, come lo scorso anno, diradi un po’ la trasmissione del contagio. Ma non è detto, visto che le nuove varianti del virus sono più veloci nella propagazione e una – quella detta “sudafricana” – anche in grado di “bucare” il vaccino Pfizer.
Di sicuro il Covid-19 sta diventando una endemia, ossia una pandemia a cadenza annuale come la classica influenza. Ma decine di volte più mortale. Non solo per gli anziani – come speravano i nuovi seguaci di Mengele ed Auschwitz – ma anche per “le braccia in età da lavoro”.
Dunque bisognerebbe attrezzarsi per vaccinare tutta la popolazione – in Italia, in Europa, sul pianeta – ogni anno.
Giudicate voi: nell’Unione Europea, in tre mesi e mezzo di “campagna vaccinale di massa”, sono state somministrate poco meno di 100 milioni di dosi, con circa 30 milioni di persone che hanno ricevuto anche la seconda. Di questo passo ci vorrebbero realisticamente 50 mesi (quattro anni) per vaccinare tutti. In Italia siamo, ad oggi, ad appena il 6,7% della popolazione.
Ma nel frattempo, come detto il virus muta, evolve, supera quelle difese. E in ogni caso la “copertura vaccinale” – differente da prodotto a prodotto – è limitata a pochi mesi. In pratica, i vaccinati a gennaio cominciano a rischiare già dall’autunno...
I governi promettono che “i vaccini arriveranno”, ma non passa giorno che non vi sia qualche rinvio consistente (ultimo quello di Johnson&Johnson). Perché di fatto, come detto, mezzo miliardi di esseri umani, in questo continente, sono in balia di quattro o cinque consigli di amministrazione. Non solo: è un continente governato da servi imbecilli che si sono persino opposti alla richiesta – prevista dai trattati internazionali in caso di pandemia – di liberalizzazione dei brevetti sui vaccini.
Bisognerebbe, secondo logica, investire qualche miliardo per comprare bioreattori in grado di sfornare milioni di dosi al mese, in stabilimenti che già esistono ma “sono privati”, assicurandosi l’autonomia vaccinale – e magari anche la possibilità di esportare. Si risparmierebbero altre decine di miliardi in “ristori” per aziendine zombie che forse riapriranno, forse no.
Questi problemi e questi calcoli sono assolutamente estranei alla cosiddetta “politica”, dal boss Mario Draghi in giù. Si preferisce gingillarsi con “apriamo subito” e “no, tra qualche giorno”, come se fosse una cosa dirimente.
E avanza ormai esplicitamente una “linea Bolsonaro” – il golpista che guida il Brasile verso l’autodistruzione – a suo tempo sintetizzata da un oscuro industriale marchigiano con un agghiacciante “Non bisogna chiudere, bisogna far andare avanti gli affari e pazienza se qualcuno morirà”.
I nuovi teorici del “muoiano pure, io devo far soldi” si sono fatti più accorti. Si lamentano, piangono, strillano, minacciano. Pretendono. E mandano avanti opinion maker da brivido come l’ex Cgil (socialista berlusconiano, peraltro) Giuliano Cazzola.
Uno che su La7 è riuscito nell’ardua impresa di presentare i dati Inail sulle denunce di infortunio sul lavoro per Covid (ovviamente inferiori ai dati reali, per la difficoltà di certificare “dove” sia avvenuto il contagio) come un prova del fatto che “si può riaprire tutto in sicurezza”, su autocertificazione delle aziende.
Oltre 150.000 contagiati, parecchi dei quali con strascichi che dureranno una vita, 500 morti... scrollati via dalla giacca come forfora antiestetica.
Il potere si sta abituando a considerare la nostra morte, in massa, un “prezzo accettabile” pur di riprendere ad accumulare profitti.
Ma quando la vita umana vale meno delle attività che producono il reddito necessario a mantenerla, la barbarie è già qui.
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