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15/04/2021

Thomas Sankara. Al processo per l’omicidio emerge il ruolo della Francia

A 34 anni dalla morte di Thomas Sankara, rivoluzionario socialista e panafricanista, il caso giudiziario relativo al suo assassinio è stato deferito al tribunale militare di Ouagadougou, dopo la conferma delle accuse contro i principali imputati, tra i quali spicca l’ex Presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré.

Compaoré, fuggito in Costa d’Avorio dopo la rivolta popolare che lo ha spodestato nel 2014, sarà processato per l’assassinio del suo predecessore, Thomas Sankara, nel colpo di Stato del 1987 che lo portò al potere.

Nei 27 successivi anni durante i quali Compaoré è stato al governo, l’uccisione di Sankara è sempre stata un argomento tabù di cui era impossibile parlare pubblicamente.

Il caso giudiziario è stato ripreso dal governo di transizione democratica instauratosi dopo la caduta e la fuga di Compaoré nel 2014, contro il quale la giustizia burkinabè ha emesso nel dicembre 2015 un mandato di arresto internazionale.

Tuttavia, Compaoré è riuscito ad ottenere la nazionalità ivoriana e pertanto non può essere estradato; di conseguenza, sarà processato in contumacia.

Oltre a Blaise Compaoré, il tribunale militare giudicherà “altri 13, accusati di attentato alla sicurezza dello Stato, complicità in assassinio e occultamento di cadavere“, ha detto Guy Hervé Kam, avvocato delle parti civili, sottolineando che inizialmente più persone erano implicate nella vicenda, ma “molti degli accusati sono morti”.

Gli imputati includono anche il generale Gilbert Diendéré, uno dei principali capi dell’esercito durante il colpo di Stato del 1987 e divenuto poi capo di Stato maggiore privato di Blaise Compaoré, così come i soldati dell’ex guardia presidenziale. Il generale sta attualmente scontando una condanna a 20 anni di carcere in Burkina Faso per il tentativo di colpo di Stato del 2015.

In soli quattro anni di governo (1983-1987), Thomas Sankara, capitano dei paracadutisti e “padre della Rivoluzione” burkinabè, era diventato un leader rivoluzionario carismatico a livello internazionale, tanto da essere soprannominato il “Che africano”, lasciando un segno indelebile sull’intero continente.

Accusatore dell’imperialismo, del neocolonialismo e dell’apartheid da parte delle potenze occidentali in Africa, Thomas Sankara affermava – nel potente discorso del 4 ottobre 1984 durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – che “Non c’è salvezza per il nostro popolo se non voltiamo completamente le spalle a tutti i modelli che ciarlatani di tutti i tipi hanno cercato di venderci per vent’anni. Non ci sarà salvezza per noi al di fuori da questo rifiuto, né sviluppo fuori da una tale rottura”.

Una rottura che richiedeva necessariamente di “osare inventare l’avvenire” per ottenere un cambiamento radicale. La Storia degli ultimi 30 anni ha dimostrato che aveva completamente ragione.

Inoltre, Thomas Sankara attaccava duramente il sistema di condizionamento politico ed economico rappresentato dagli aiuti internazionali e dalle politiche di “aggiustamento” indicate dal Fondo Monetario Internazionale, poiché il “debito nella sua forma attuale è la riconquista coloniale”.

Promotore del panafricanismo, ecologista e femminista prima del suo tempo, Thomas Sankara non esitò a disprezzare pubblicamente l’arroganza delle potenze occidentali, a partire dall’ex Presidente francese François Mitterand.

Thomas Sankara si configurava, sotto tutti gli aspetti, come il principale nemico del “nuovo ordine mondiale” che andava imponendosi durante gli anni ’80 del secolo scorso, governato dalle multinazionali e dalla finanzia in un “sistema che consente ad un pugno di uomini sulla terra di comandare tutta l’umanità”; mentre dall’altra parte si andava consolidando la consapevolezza che “una solidarietà speciale unisca i tre continenti, Asia, America Latina ed Africa in una lotta contro gli stessi banditi politici e gli stessi sfruttatori economici”.

Per questo motivo, oggi come allora, riemergono i sospetti del sostegno che Blaise Compaoré ha ricevuto dagli Stati Uniti e della Francia, intenzionati a “far fuori” Thomas Sankara per riportare al potere un “fedele servitore” delle politiche neocolonialiste dell’Occidente e stroncare gli ideali panafricani di indipendenza dal giogo imperialista.

La dimensione giudiziaria delle accuse contro Blaise Compaoré, responsabile materiale di aver coordinato il commando che il 15 ottobre 1987 ha assassinato Thomas Sankara, non può e non deve sottacere quelle che sono le responsabilità politiche di chi ha orchestrato il colpo di Stato.

Qual è stato il coinvolgimento, diretto ed indiretto, materiale e finanziario, dei dirigenti politici francesi e statunitensi nell’assassinio di uno dei più grandi combattenti della resistenza e dell’indipendenza panafricanista?

Perché giudicare Compaoré significa accusare il sistema di potere neocoloniale della “Françafrique”, fatto di ingerenze politiche ed economiche negli affari degli Stati africani, di collaborazioni e sostegni agli oppositori delle principali libertà civili, come Idriss Déby e Paul Biya, presidenti rispettivamente del Chad e del Congo. Ma anche regimi autoritari e corrotti, come quello del re del Marocco Mohamed VI oppure di Ibrahim Boubacar Keïta in Mali, arrestato e deposto lo scorso agosto.

Nel 2017, durante una visita in Burkina Faso, il Presidente francese Emmanuel Macron aveva tenuto una conferenza all’università di Ouagadougou, durante la quale aveva affermato che “non c’è più una politica africana della Francia”.

In quell’occasione, aveva affermato che “i crimini della colonizzazione europea sono indiscutibili”, ma aggiungendo che “la nostra responsabilità è di non rimanere bloccati nel passato”.

Rispondendo ad uno studente del Comité international Thomas Sankara, Macron aveva annunciato la sua decisione che “tutti i documenti prodotti dalle amministrazioni francesi durante il governo di Sankara e dopo il suo assassinio, coperti dal segreto di difesa nazionale, saranno declassificati per essere consultati in risposta alle richieste della giustizia burkinabé”.

Secondo gli avvocati della famiglia, alcuni di questi documenti sono stati trasmessi alla giustizia burkinabé, ma non tutti. In un recente comunicato, la rete internazionale “Justice pour Sankara, justice pour l’Afrique” ha chiesto alle autorità francesi di declassificare e inviare senza indugio alla giustizia burkinabé “tutti” i documenti riguardanti l’assassinio di Thomas Sankara.

Inoltre, all’interno di una serie di articoli pubblicati dalla rivista burkinabé Courrier Confidentiel, il N°226 del 15 febbraio 2021 riporta numerose testimonianze che sembrano dimostrare che le autorità francesi non hanno di fatto mantenuto le promesse di Macron.

Ma c’è dell’altro, poiché alcune rivelazioni potrebbero essere ancora più gravi. Un agente dei servizi segreti burkinabè afferma che “il 16 ottobre 1987, Jean-Pierre Palm (ndr: ufficiale della gendarmeria incriminato nel caso dell’assassinio del presidente Sankara) venne, accompagnato da un bianco che si diceva essere un tecnico, più un altro che si diceva fosse un capitano francese chiamato Baril”.

Un altro aggiunge: “abbiamo preso gli archivi delle intercettazioni riguardanti Blaise Compaoré e Jean-Pierre Palm, che erano stati condiviso e abbiamo proceduto alla loro distruzione. Lo stesso Palm è venuto nel nostro dipartimento, accompagnato da francesi (...) in cerca di prove che lo intercettassero”.

Questi “francesi” sarebbero agenti della Direction Générale de la Sécurité Extérieure (DGSE) e avrebbero preso parte – in maniera più o meno diretta – alla distruzione delle intercettazioni telefoniche nella gendarmeria burkinabé il giorno dopo l’assassinio di Thomas Sankara.

Questi fatti, se verificati, proverebbero una stretta collaborazione tra i servizi segreti francesi e gli autori del complotto per distruggere le prove della partecipazione attiva di Blaise Compaoré e di altri ufficiali nel piano per assassinare il presidente Thomas Sankara.

Tuttavia, sembra che nessun documento declassificato menzioni questa collaborazione. Questo perché, come riportato nel N°228 del 5 marzo 2021 di Courrier Confidentiel, molti dei documenti trasmessi non provengono da “archivi declassificati” ma da “semplici archivi diplomatici” francesi.

Dopo i lunghi anni bui del regime di Blaise Compaoré, che ha bloccato il progresso della giustizia verso la verità, oggi è la Francia a rendere difficoltoso e tortuoso questo cammino. L’interesse principale è quello di non destabilizzare ulteriormente la precaria situazione geopolitica nel Sahel, marcata dalle dinamiche imperialiste francesi.

Il controllo su questa regione è dovuto agli interessi economici della Francia, legati in particolare allo sfruttamento delle materie prime e alle commesse provenienti dalle amministrazioni locali nei confronti delle aziende francesi.

Il dispiegamento militare nella “lotta al terrorismo jihadista”, attraverso l’Opération Barkhane in cooperazione con i paesi del cosiddetto “G5 Sahel”, mira in realtà alla difesa strategica delle società francesi che operano nel settore estrattivo (uranio e petrolio) e non alla protezione della popolazione civile.

Il 15 ottobre 1987 – “quel giorno uccisero la felicità” – uccisero Thomas Sankara, provarono a cancellare le loro responsabilità e ad insabbiare la verità, tentarono di cancellarne la memoria. Ma, Sankara vive!

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