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19/04/2021

Anche le piazze non sono tutte uguali

Il malessere sociale è tanto. E rischia di crescere parecchio nei prossimi mesi, quando molti degli “ammortizzatori sociali” (“ristori”, cassa integrazione, reddito di emergenza, ecc.) cominceranno a scomparire.

Un segnale del malessere sono da sempre le piazze, che in questo ultimo anno e mezzo si sono riempite parzialmente – la paura del Covid e i divieti di circolazione hanno fatto il loro lavoro – e con composizioni sociali molto diverse.

“A sinistra”, nozione depistante che andrà in futuro cancellata, si è acceso a targhe alterne il solito sterile dibattito tra chi, in una piazza, fa da tempo fatica a starci e si esercita – al massimo – in streaming: partecipare sì o no, e a che cosa, a quale piazza?

Non partecipiamo a questi sragionamenti e preferiamo analizzare un indicatore certo per la comprensione del problema: l’atteggiamento del “nemico di classe”.

Quel poco o tanto che si è mosso è divisibile in tre “aree” proprio in base al “trattamento” che le diverse piazze hanno ricevuto. Sia sul piano politico (attenzione del governo e sponsorizzazioni dei “partiti”), sia su quello militare (l’atteggiamento della polizia), sia su quello mediatico.

Da questa angolazione tutto diventa molto più chiaro, bisogna dire.

Le mobilitazioni che vanno a toccare interessi anche solo minimamente “strategici” vengono represse duramente sul piano militare e giudiziario (fioccano pestaggi, fermi, arresti, denunce, condanne), condannate da tutto l’arco parlamentare senza eccezioni (il “governo di tutti” agisce di fatto come il “governo di un partito unico”, quello degli affari) e naturalmente criminalizzate da tutte le testate mainstream.

Il “trattamento” riservato al movimento No Tav è in questo senso paradigmatico. E le manfrine indegne sul grave ferimento di Giovanna, l’altra notte a San Didero, lo dimostrano. Grande spazio per le dichiarazioni degli sbirri, secondo cui “un lacrimogeno non potrebbe causare un trauma di quella entità”.

Chiunque abbia frequentato una piazza “vivace”, nella sua vita, sa benissimo che tutto dipende dalla distanza, dal tipo di “proiettili” sparati dalle polizie, dalle traiettorie (se “a parabola” – come sarebbe obbligatorio per “oggetti” che dovrebbero prioritariamente rilasciare un gas lacrimogeno e non il Cs tossico che invece viene usato – oppure “ad altezza d’uomo”)

Si potrebbe ricordare che già i vecchissimi lacrimogeni degli anni ‘60, assai meno tecnologici e potenti, furono in grado di provocare numerosi feriti gravi e almeno un morto (il pensionato Giuseppe Tavecchio, a Milano, nel 1972; un passante estraneo ai fatti, peraltro).

E in ogni caso, ai “professionisti dell’informazione”, dovrebbero bastare i diversi video in cui si vedono chiaramente i lanci ad altezza d’uomo da parte delle forze militari d’occupazione.


Ma il Tav in Valle Susa è “opera strategica” per i costruttori affamati di soldi facili, e – com’è venuto fuori di recente – anche per la mobilità della forze Nato sul territorio europeo. Dunque non si fatica a comprendere come il triangolo politica-polizia-media agisca come un sol uomo contro questo movimento.

Situazione identica, giusto un po’ meno feroce, verso quelle piazze dalla composizione sociale incerta (quelle di Napoli, parecchi mesi fa), di cui preoccupava evidentemente la possibile evoluzione verso dinamiche non prevedibili.

Il secondo tipo di piazze sono quelle dei lavoratori. Su queste vige la regola del silenzio, non se ne parla affatto, se non quando la polizia decide di caricare – nella logistica è accaduto diverse volte – e allora scatta il riflesso d’ordine come per i No Tav.

Però il registro preferito è sempre ignorare, perché non è facilmente criminalizzabile il malessere dei milioni che hanno perso o stanno per perdere il posto di lavoro. E siccome il governo non è intenzionato a fare nulla, ad esempio, per impedire alle multinazionali di chiudere e trasferire la produzione verso paesi con salari ancora più bassi (ognuno è a Sud di qualcun altro), a partire dal ministro apposito – il leghista Giorgetti – allora è preferibile non “gonfiare” mediaticamente quel malessere cui nessun partito è disposto ad offrire sponda seria. A chiacchiere tutti solidali, nell’azione di governo o parlamentare, nisba.

Una prova concreta? 5.000 dipendenti dell’Alitalia in corteo per Roma – una cifra importante, per una sola azienda e in zona “arancione scuro” – hanno ricevuto qualche citazione distratta in servizi giornalistici che “raccomandavano” la soluzione europea per la compagnia di bandiera: un’azienda “snella”, con pochi dipendenti e pochi aerei, destinata a fare da low cost per Lufthansa o Air France.

Poi ci sono le piazze vezzeggiate. No mask e no vax vengono ovviamente perculati, ma “con simpatia” o compassione; sono infatti utilissimi per rappresentare l’assurdità di un’opposizione qualsiasi su qualsiasi problema. Un po’ come i “sovranisti di destra” – con cui spesso si fondono – servono a ridicolizzare qualsiasi critica od opposizione alle politiche di austerità che arrivano da Bruxelles-Berlino.

E infatti solo queste piazze vedono qualche “politico” portare appoggio o comprensione, le telecamere far di tutto per “gonfiare” la partecipazione (basta tenerle basse ed evitare le panoramiche dall’alto), le polizie togliersi il casco e posare per qualche selfie sorridente.

Persino lo sfregio immondo inferto a Bergamo, città e provincia che hanno subito con più ferocia l’assalto del virus per la criminale scelta di “non chiudere niente” – tra Assolombarda e servi di regione Lombardia-governo Conte – è stato benevolmente accompagnato da torme di “cronisti”; pronti ad evidenziare le stronzate più clamorose di qualche imbecille negazionista, ma tutto sommato “comprensivi”. Nonché da poliziotti ampiamente disponibili.

Ma la prova più clamorosamente evidente sta nel trattamento riservato alle piazze di ristoratori e dintorni. Apparentemente condannate per “la violenza”, ma politicamente benedette da tutti i partiti politici e dal governo, che ha infatti provveduto a riaprire tutto e immediatamente, fornendo l’agognata “calendarizzazione” che consente di programmare l’attività. Come se il virus badasse ai Dpcm...

Le fabbriche, come ricordiamo sempre, non hanno mai chiuso un solo giorno. Anzi, non è mai saltato neanche un turno.

Ora il governo ha deciso che quella frazione di piccola borghesia – economicamente inconsistente, ma numericamente interessante per la costruzione di un consenso che comincia a venir meno – va fatta rientrare, almeno in parte, nell’antico “blocco sociale dominante”. Politica, polizia e media sono al lavoro per ricostruire quel rapporto.

Prima di strizzarvi psicoanaliticamente il cervello per cercare il pelo nell’uovo della “composizione sociale”, forse sarebbe bene ragionare su queste coordinate. Sono oggettive, quasi come quelle terrestri.

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