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14/04/2021

Perù - Chi è Pedro Castillo, in testa nelle elezioni

Lo scenario elettorale frammentato in Perù riflette la crisi politica e il malcontento per la gestione del coronavirus. Almeno sei delle 18 formule presidenziali possono passare al secondo turno. Queste elezioni hanno anche eletto i 130 membri del Congresso unicamerale e cinque deputati al Parlamento Andino.

Il flash elettorale alle urne dà Pedro Castillo con il 18,1% al primo posto nelle elezioni generali tenutesi domenica 11 aprile in tutto il Perù. Keiko Fujimori è arrivata seconda con il 14,5%. Terzo è l’estremista di destra Rafael López Aliaga, noto come “Porky”, con il 12,2%. Poi ci sono l’economista neoliberista Hernando de Soto con il 10,7%, Yonhy Lescano con il 9,8% e dietro Verónika Mendoza con il 7,9%. Ci sono stati diciotto candidati, compreso l’ex presidente Ollanta Humala, che ha ottenuto a malapena l’1,5%.

Chi è Pedro Castillo?

José Pedro Castillo Terrones è nato nel 1969 nella città di Puña, nel dipartimento di Cajamarca, nel nord-ovest del Perù. È un insegnante di scuola elementare, dove si è distinto come dirigente sindacale che ha organizzato vari scioperi dei lavoratori dell’istruzione. Ha iniziato la sua carriera politica nel 2005 quando è diventato membro del Comitato Cajamarca del partito politico Perú Posible.

Si è fatto notare nel 2017 quando ha guidato lo sciopero nazionale degli insegnanti, che è durato tre mesi, per chiedere miglioramenti salariali ed eliminare le valutazioni delle prestazioni lavorative dei maestri. Durante quello sciopero, Castillo guidò una frazione di opposizione al tradizionale Sindacato Unico dei Lavoratori dell’Istruzione del Perù (Sutep).

A quel tempo, fu accusato di mantenere legami con il Movimento per l’Amnistia e i Diritti Fondamentali (Movadef), il braccio politico del gruppo armato Sendero Luminoso, nell’ambito di una campagna diffamatoria. Cosa che Castillo ha sempre negato.

Attualmente rappresenta il partito Perù Libre, con un’ideologia su basi progressiste e origine regionale. Castillo è uno degli otto candidati alla presidenza che non hanno procedimenti penali.

Nel piano di Governo da lui proposto c’è l’idea di modificare la Costituzione Politica del paese, principalmente con l’obiettivo di attuare una riforma economica in cui lo Stato assumerebbe un ruolo imprenditoriale per competere con i privati.

“Attualmente viviamo in un sistema capitalista apparentemente rinnovato, in un neoliberismo economico, chiamato Economia Sociale di Mercato, imposto dal 1993 e da allora è andato contro gli interessi della grande maggioranza del Paese. Per cambiare questa triste realtà, è necessario proporre aggiustamenti in campo economico, per lo più in modo drastico“, afferma il piano del governo di Perú Libre chiamato “Economia popolare con i mercati“.

La proposta include anche la nazionalizzazione di imprese di vari settori economici come quello minerario, petrolifero, dell’energia idroelettrica, del gas e delle comunicazioni.

“In alcuni casi, si dovrebbe far ricorso solo alla nazionalizzazione e non alla statalizzazione, compensando il privato per quanto è stato investito e amministrando la totalità dei profitti generati“, spiega il documento.

Tuttavia, Castillo e il suo partito, come proposte programmatiche e strategia politica, partono da visioni riformiste che, nonostante propongano tra le varie cose quella di cambiare la Costituzione, di governare con lo stipendio di un insegnante e di ridurre lo stipendio dei membri del Congresso, non mettono in discussione la struttura capitalista peruviana.

Nel loro piano non c’è una risposta radicale alla precarietà del lavoro e allo sfruttamento del lavoro, né cercano un conflitto reale con i grandi gruppi economici che controllano il paese. Con l’avvicinarsi del giorno delle elezioni, hanno abbassato il livello delle loro timide misure economiche, a tal punto che recentemente ha affermato che in un suo governo non sarà imposta una tassa sulla ricchezza.

Nei suoi discorsi non ha mai menzionato né si è mai diretto alla classe operaia. Fa appello all’unità di tutti i peruviani, per questo parla di “gente” o di “patria”, nascondendo così intenzionalmente le differenze di classe che condizionano le dinamiche economiche, sociali e politiche nei paesi capitalisti dipendenti come il Perù.

Pedro Castillo fa appello in modo ricorrente a un discorso indigenista, tanto che lui stesso si è definito “Tawantinsuyano” (in riferimento all’antico Impero Inca), ha un entourage più legato ai settori contadini, ai settori popolari urbani e agli insegnanti.

Tuttavia, nel suo piano di governo, questo non lo esime dalla rottura con i grandi uomini d’affari stranieri e la borghesia nazionale. Castillo e il suo raggruppamento politico parlano di cambiare la Costituzione del 1993, ma il suo approccio si riduce a farlo dalle istituzioni imposte dal regime del '93 (instaurate da Fujimori) e al di fuori della mobilitazione e dell’auto-organizzazione operaia e popolare, il che riduce questo slogan per una mera riforma costituzionale.

L’elemento aggiuntivo che ha fatto sì che Castillo diventasse un candidato attraente per i settori popolari, principalmente delle province dell’interno del paese, ha a che fare con il suo essere percepito da loro come un combattente coerente. Questo perché è un leader del settore maggioritario degli insegnanti peruviani, oltre ad essere percepito come qualcuno estraneo ai politici tradizionali tanto criticati dalla popolazione.

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