L’accordo di coalizione per le elezioni politiche di luglio in Francia tra Union Populaire, EELV e PCF è stato raggiunto.
Insoumis/es, “verdi” e comunisti quindi correranno insieme per cercare di conquistare la maggioranza dell’Assemblea Nazionale, e costringere così ad una coabitazione forzata il rieletto – ma odiato – Emanuel Macron.
Un “terzo polo” che ha ottime chance per sconfiggere il liberismo nazionalista/razzista del Rassemblement Nationale, erede del FN, ed il liberismo europeista di Macron.
Nel mentre scriviamo, con i socialisti del PS non è stato raggiunto ancora alcun accordo, dopo che un primo esito positivo delle trattative tra UP e EELV aveva portato alla costituzione dell’Union Populaire Écologique et Sociale di lunedì, cui si è unito il PCF questo martedì.
Il Partito Socialista – la formazione che ha dominato, in alternanza con i gollisti, la vita politica della V Repubblica – ha ottenuto al primo turno delle presidenziali meno del 2%, e conserva solo la propria rendita di posizione clientelare a livello locale, incapace però di esprimere un progetto politico autonomo dopo la catastrofica presidenza di Hollande.
I comunisti di Fabien Roussel, per le elezioni del 12 ed il 19 giugno, correranno in 50 circoscrizioni, e in più di una quindicina potrebbero risultare vincitori.
I gruppi avranno una propria rappresentanza autonoma in Parlamento e formeranno un inter-gruppo per coordinare la propria azione sulla base di un programma condiviso ed un accordo federativo. Il candidato Primo Ministro per la coalizione sarà Jean-Luc Mélenchon, fondatore di LFI e per due volte candidato presidente per il Front De Gauche, nel 2012 e nel 2017.
Quello che emerge è un vasto programma politico e sociale che spazia dalla pianificazione della transizione ecologica, la difesa dello stato sociale, la disobbedienza ai trattati europei, un atteggiamento ferocemente critico – per usare un eufemismo – rispetto alla NATO, e una riforma che porti al superamento della V Repubblica e alle sue gravi storture anti-democratiche, costruite intorno alle rigidità del regime presidenziale.
Una sinistra radicale e di rottura, insomma, che potrebbe tenere il proprio appuntamento di lancio comune sabato 7 maggio, dopo avere mancato la “foto di famiglia” per le importanti mobilitazioni del Primo Maggio.
A condurre i giochi delle consultazioni è stato il progetto politico di Jean-Luc Mélenchon, forte di un quasi 22% al primo turno delle presidenziali sfiorando il ballottaggio, che con il suo programma di rottura ha sbancato tra i giovani, le classi popolari dei grandi aggregati metropolitani, i territori d’Oltre-Mare (DOM-TOM) ed ha ottenuto un ottimo risultato tra i ceti intellettuali urbani, ma anche in una fetta significativa di chi vive in contesti rurali.
Questo risultato è l’ennesima tappa di un processo iniziato nel 2005 con la bocciatura per via referendaria del Trattato di Costituzione Europea, che impegnò quella “sinistra del no” che metteva insieme una variegata galassia politica che andava dall’alter-mondialismo, una generazione cresciuta con i movimenti di metà Anni Novanta, la sinistra socialista da cui proveniva Mélenchon, i comunisti ed il principale sindacato francese, la CGT.
Una lunga campagna in direzione ostinata e contraria rispetto al quadro politico, in prevalenza a favore del Trattato, tra cui le due principali – e fino ad allora egemoniche – famiglie politiche francesi: socialisti e gollisti.
Proprio quel voto, e l’arrivo di Le Pen “padre” al ballottaggio per le presidenziali alcuni anni prima, erano sintomo di una crisi politica che da allora non ha fatto altro che approfondirsi, con una delegittimazione di tutta la classe politica – anche Macron 5 anni fa si è presentato come una specie di “rottamatore” della vecchia élite politica in chiave liberal-populista – ed una disaffezione montante che si traduce, nonostante l’abbondante offerta politica, in una altissima astensione.
Un terzo – 12 milioni – degli aventi diritto si è astenuto al ballottaggio per le ultime presidenziali tra Macron e Le Pen “figlia”, oppure ha votato scheda bianca o nulla.
Ma a differenza di altri paesi, negli ultimi 5 anni la Francia ha conosciuto una serie di movimenti sociali che hanno contribuito a ri-politicizzare la società, conquistando importanti, anche se parziali vittorie: i Gilets Jaunes, gli scioperi e le mobilitazioni contro la riforma pensionistica, il movimento dei lavori della sanità partito dalle urgences, gli insegnanti e naturalmente gli studenti.
Così in un giorno storico come il 3 maggio, che segnò la vittoria del Fronte Popolare in Francia nel 1936, è stato raggiunto quest’accordo a tre che potrebbe allargarsi ulteriormente.
Un’ottima notizia anche per il nostro ridotto nazionale, dove la rappresentanza politica delle classi subalterne è tutta da costruire, ma l’opposizione all’entrata in guerra e all’aumento delle spese militari è socialmente molto forte.
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