Mostriamo questo video per fornire informazioni che la stampa mainstream prova in tutti i modi a nascondere sotto il tappeto.
I membri del battaglione Azov usciti dai sotterranei dell’accaieria Azovstal di Mariupol – com’è ovvio che accada quando di arresta o si fa prigioniero un combattente – vengono perquisiti e fatti spogliare. La verifica su eventuali tatuaggi dà quasi sempre informazioni chiare sull’identità “culturale” e ideologica.
Una carrellata di svastiche, teschi, immagini truculente. Che corrisponde, senza alcuna variazione, al limitato campionario dell’immaginario nazista.
Abbiamo letto, nelle scorse settimane, pensose interviste telefoniche ai diversi comandanti di questo tipo di “truppe”, che giuravano – per esempio – di “leggere Kant” ai propri uomini.
Abbiamo visto giornali “democratici”, di quelli che sotto elezioni si sbracciano per imporre il “voto utile” a chi si ritiene comunque “di sinistra” – Repubblica, per esempio – derubricare la svastica a simbolo esoterico di lontane ascendenza asiatiche, un po’ come facevano i fascisti italioti diversi decenni fa.
Abbiamo visto questi stessi giornali chiamare una svastica – fotografata! – un semplice “doppia S”, come se le SS fossero state una succursale della Caritas.
Tutto per convincerci che questa banda di nazisti sono in fondo “dei nostri”, gente giusta cui inviare sempre più armi.
Dice un vecchio adagio filosofico che “la forma è sostanza”. E se qualcuno, nel terzo millennio – quando ormai l’umanità intera ha associato quel logo a quella merda – si tatua indelebilmente una simbologia nazista, vuol dire che considera quella come parte costitutiva della propria identità e personalità.
Con buona pace dei camerieri di Molinari, Giannini, Mentana, ecc.
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