Lo scorso 18 maggio c’è stata la Dichiarazione congiunta della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante dell’Unione per la politica estera e di sicurezza che, sotto silenzio, ha indicato un altro passo avanti nella costruzione dell’Esercito e della Difesa comune europea.
La Dichiarazione congiunta è il prodotto del mandato ricevuto dal vertice informale dei Capi di Stato e di governo di Versailles dell’11 marzo scorso. Una volta che il Consiglio europeo previsto a fine maggio avrà espresso il suo parere sulle raccomandazioni che vi sono contenute, la linea di azione comune risulterà definita e dovrà essere messa in atto.
La ben informata newsletter Affari Internazionali, sottolinea che nei mesi scorsi sono stati definiti altri importanti documenti strettamente collegati che insieme forniscono l’intero quadro delle iniziative da avviare: il Defence Package della Commissione europea il 15 febbraio e lo Strategic Compass del 23 marzo. Sullo sfondo un ulteriore contributo è venuto dall’Agenzia europea di difesa con il suo documento Scoping EU Defence Investment Gaps del 29 aprile.
La Dichiarazione congiunta prevede tre obiettivi per gli investimenti comuni europei della Difesa sintetizzati come TBE:
- Together (programmi di cooperazione nella ricerca e sviluppo tecnologico e nell’acquisizione, anche per contenere i costi);
- Better (quindi focalizzandosi sulle priorità identificate come europee nelle capacità da soddisfare);
- European (quindi un’industria europea più competitiva poiché il rafforzamento della base tecnologica e industriale continentale è diventato essenziale in un quadro geostrategico deteriorato).
Una risposta a queste priorità in ordine sparso da parte dei paesi aderenti alla Ue, comporta maggiori costi, un aumento della disomogeneità fra i mezzi in dotazione alle Forze Armate europee e l’inevitabile ricorso alle acquisizioni dagli Stati Uniti.
Inoltre un’eventuale completa saturazione della domanda si rifletterebbe negativamente sulle prospettive di mercato dei nuovi equipaggiamenti europei che si stanno sviluppando anche grazie all’EDF, il fondo comune per la difesa europea.
Secondo quanto ha ricostruito Affari Internazionali queste sono le proposte in campo contenute nella Dichiarazione Comune per superare l’impasse sulla Difesa europea:
- Costituire una Defence Joint Procurement Task force che punti a coordinare gli acquisti degli Stati membri nel breve termine. In questo modo sarebbe possibile, anche col contributo dei maggiori paesi, offrire più facilmente soluzioni che, caso per caso, concilino esigenze nazionali ed europee.
- Al fine di incentivare gli acquisti congiunti da parte degli Stati membri e in questo modo rafforzare le capacità industriali militari europee, stabilire un nuovo strumento finanziario con una dotazione di 500 milioni per il periodo 2022-24.
- Predisporre un EU framework for Defence Joint Procurement attraverso gli attuali strumenti in ambito EDF e EDA e un nuovo regolamento che istituisca un European Defence Investment Programme (EDIP). Quest’ultimo dovrebbe definire i criteri e le condizioni per costituire un European Defence Capability Consortium (EDCC) fra gli Stati membri interessati ad acquisire equipaggiamenti prodotti attraverso la cooperazione europea e/o gestire il successivo supporto logistico e ammodernamento. Questi consorzi potrebbero ottenere l’esenzione IVA e utilizzare la flessibilità prevista dalla normativa europea sugli acquisti militari, evitando le procedure competitive.
- Preparare un rafforzamento finanziario dell’EDF in occasione della revisione intermedia del Multiannual Financial Framework (MFF).
- Puntare ad un maggiore sostegno dell’industria della difesa e degli acquisti comuni da parte dell’European Investment Bank, andando al di là della recente apertura ai prodotti ad uso duale.
Sullo sfondo resta una rilevante decisione politica a livello di Unione Europea, quella di arrivare all’esclusione delle spese riconosciute come “europee” dal Patto di Stabilità, affermando una volta per tutte il principio che la sicurezza e la difesa europea sono un obiettivo comune per tutti gli Stati membri.
Secondo Affari Internazionali vi sono poi alcune carenze che dovranno essere prima o poi sanate dall’Unione Europea. “In particolare si dovrebbe mettere mano ad un adeguamento della normativa europea dedicata al mercato della difesa: le attività di cooperazione dovrebbero essere esentate sia alla normale competizione sia al normale controllo sui trasferimenti intra-comunitari di prodotti militari. Ancora di più, il finanziamento europeo dei programmi di ricerca e sviluppo in cooperazione dovrebbe poter coprire anche la realizzazione dei prototipi e non fermarsi ai dimostratori tecnologici”.
Tra le decisioni messe in campo per rafforzare il coordinamento europeo, per l’Italia si segnala l’attivazione del Tavolo per la Politica industriale della Difesa previsto dalla Direttiva del Ministro della Difesa dello scorso luglio che può assicurare sia il coordinamento interno alla Difesa sia quello interministeriale.
Sull'argomento è interessante quanto ha detto il ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti, secondo cui la domanda di difesa in Europa è in crescita e l’Italia deve farsi trovare pronta. Giorgetti ha risposto ai giornalisti al margine di una visita allo stabilimento Fincantieri di Monfalcone.
Rispondendo a una domanda sull’asse Fincantieri-Leonardo per la realizzazione di un polo tutto italiano della difesa ha affermato che: “Sarebbe ingenuo pensare che un polo militare italiano possa essere competitivo da solo, però è chiaro che quando andiamo a discutere di industria della difesa europea dobbiamo presentarci al meglio delle nostre possibilità e giocare le nostre carte.
Abbiamo eccellenze, qualità e competenza, dobbiamo sicuramente farlo”, ha detto Giorgetti. “L’evoluzione della domanda di difesa in Europa sarà particolarmente cospicua e accelerata nei prossimi anni e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione”.
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