A volte si è tentati di banalizzare la vacuità e l’incoerenza dei propositi dell’alleanza occidentale riconducendoli esclusivamente a fattori di ordine personale, quali la tarda età e scarsa lucidità di Biden, o l’evidente subalternità dei leader europei, riconducibile a sua volta a scarsissimo spessore intellettuale e a servilismo politico nei confronti degli Stati Uniti.
Indubbiamente si tratta di fattori che hanno un loro peso, ma occorre spingere il nostro sguardo al di là di tali miserie umane, per cogliere quella che possiamo definire l’inadeguatezza strategica della NATO nell’attuale fase della politica internazionale.
Indizi di tale inadeguatezza possono essere colti nella scoordinata e spasmodica reazione all’attuale crisi ucraina. I farfugliamenti subito smentiti in merito a sanzioni e invii di armamenti, costantemente annunciati e subito disattesi, sottolineano lo stato di confusione mentale delle élite occidentali. Vorrebbero, ma non possono, fare a meno delle materie prime russe in settori chiave come quello energetico. Vorrebbero inviare armi sempre più distruttive ma poi ci ripensano. Annunciano, come ha fatto Johnson, azioni militari per sbloccare il grano ucraino e subito dopo si smentiscono (senza neanche avvisare il povero Letta, che si affretta a sponsorizzare l’iniziativa restando appeso). Spingono Svezia e Finlandia a entrare nella NATO, ma inciampano nel veto di Erdogan che vorrebbe approfittarne per ottenere nuovi micidiali armamenti e sterminare definitivamente i Kurdi.
In questo bailamme si delineano alcune tendenze fortemente negative per tutti. La von der Leyen e altri gerarchi europei continuano a inneggiare come ubriachi alla prossima vittoria ucraina, proprio nel momento in cui tutto il Donbass sta per passare sotto il controllo dell’esercito russo. Continuano ad inviare armamenti senza neanche prendere nota delle forniture spedite, col rischio che, come denunciato dal procuratore Gratteri, la ndrangheta o analoghe organizzazioni criminali possano disporre presto di lancimissili, droni e altri armamenti sofisticati (è noto come l’Ucraina sia da tempo un hub mondiale del mercato nero delle forniture belliche e con la guerra lo stia diventando sempre di più). Paradossalmente, le sanzioni hanno determinato finora, proprio in virtù dei meccanismi del mercato capitalistico internazionale, un arricchimento del governo russo, e le loro conseguenze saranno pagate dai popoli, sia in Russia, che in Europa, che in Africa e Medio Oriente dove la fame si appresta a dilagare.
In sintesi, contraddittorietà tra propositi impossibili e azioni realizzate, che però continuano ad essere estremamente negative, allontanando la possibilità del necessario compromesso proprio nel momento in cui l’ultimazione delle operazioni nel Donbass potrebbe aprire la strada a un accordo compatibile col diritto internazionale vigente, basato sull’affermazione della neutralità permanente dell’Ucraina, nel pieno rispetto della sua sovranità e indipendenza e del contestuale rispetto del diritto all’autodeterminazione dei territori contesi (Crimea e Donbass).
Il problema di fondo, di fronte a questa spiacevole situazione, è quello dell’effettiva funzione della NATO, un organismo sempre più autoreferenziale e votato alla propria autoperpetuazione, a beneficio dei burocrati stanziati a Bruxelles e delle esigenze statunitensi di controllo sull’Europa, alla quale stronca ogni velleità di autonomia mantenendo ai suoi vertici personaggi di inquietante miopia politica e statura intellettuale infima.
Un interessante contributo è quello redatto al riguardo da Adam Tooze per la rivista britannica The New Statesman (ripreso da Internazionale in edicola). Pur se discutibile da vari punti di vista, pone il problema dell’autonomia strategica dell’Europa, sottolineando la necessità di “riconoscere la sua distanza storica e politico-culturale dall’entusiasmo patriottico così platealmente in mostra in Ucraina” e, al tempo stesso, “mantenere le distanze dalla cultura strategica militarizzata e ossessionata dalla tecnologia degli Stati Uniti”.
Al riguardo, alcuni spingono su un’autonomia europea dal punto di vista militare, ma si tratta di una prospettiva estremamente pericolosa e fortemente inadeguata. Occorre invece concentrarsi sulle prospettive dell’Unione europea in seno alla nuova governance multilaterale del pianeta che si va delineando. L’emancipazione dalla NATO e il suo scioglimento costituiscono al riguardo un primo passo di essenziale importanza ma non ci si potrà certo limitare a questo.
Al momento, tuttavia, la vera urgenza è mettere fine alla guerra in Ucraina, evitando che siano messe in atto le disastrose opzioni evocate dall’amministrazione statunitense e condivise dai suoi vassalli europei, e cioè l’escalation del conflitto fino ad esiti imprevedibili o il suo congelamento in modo tale da trasformare l’Ucraina stessa – come auspicato da Hillary Clinton – in un nuovo Afghanistan (e l’Europa orientale in un nuovo Pakistan, come suggerito da Tooze nel contributo menzionato).
Scenari da incubo per l’Europa e i suoi popoli ma, obiettivamente, legna sul fuoco per gli interessi statunitensi, che rappresentano oggettivamente il pericolo maggiore per la stabilità e la pace del nostro continente.
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