Eravamo stati facili profeti quando abbiamo denunciato che tramite il bluff del nuovo assegno unico familiare, alla fine, alle famiglie sarebbero arrivati meno soldi di quanti ne percepivano prima. Secondo i dati diffusi dall’Inps, a marzo solo la metà delle famiglie aveva richiesto l’assegno unico per i figli, si tratta di 3,5 milioni di nuclei per 5,8 milioni di figli, su una platea che è quasi doppia: 7,3 milioni di famiglie per 11,2 milioni di figli.
Con l’assegno unico la platea di beneficiari è stata giustamente allargata. Prima lo percepivano solo i lavoratori dipendenti (anche in Naspi), adesso anche i lavoratori autonomi. Se prima la prestazione era legata alla posizione lavorativa/contributiva ed era anticipata dai datori di lavoro che poi la recuperavano conguagliando, adesso è diventata una prestazione universale pagata direttamente dall’Inps.
Ma già nell’impostazione della procedura e dal consuntivo a bilancio, si capiva che le cose sarebbero cambiate e alle famiglie alla fine sarebbero arrivati meno soldi di prima per i figli a carico.
La relazione di accompagnamento al provvedimento nel 2021 e gli annunci del governo parlavano di risparmi di spesa, dunque se la matematica non è opinione significa meno soldi. Inoltre proprio perché la platea di chi percepisce la prestazione è più ampia di prima, è evidente che i fondi previsti vengono spalmati su un numero maggiore di beneficiari. L’aver tolto le detrazioni fiscali per i figli a carico per includere nella composizione dell’assegno familiare, si è rivelata veramente “diabolica”.
Infine, e non certo per importanza, affidando i calcoli esclusivamente ad un algoritmo, i funzionari dell’Inps nelle sedi territoriali sono stati privati della possibilità di intervenire per correggere gli errori del sistema. In compenso sono loro che devono far fronte alla crescente rabbia e domande degli utenti che si rivolgono agli sportelli territoriali per avere spiegazioni. Ma l’automatizzazione della procedura impedisce agli operatori di risolvere i problemi che si presentano. Insomma la digitalizzazione che esclude totalmente l’intervento del “fattore umano” è un disastro che andrebbe evitato.
Ma se già nei mesi scorsi è cresciuto esponenzialmente il numero di proteste e rimostranze da parte delle famiglie che si sono viste recapitare assegni familiari più bassi che in passato, adesso si sta presentando una nuova rogna che riguarda i genitori di coppie separate/divorziate e i nuclei familiari monogenitoriali
L’assegno unico del mese di ottobre è stato ridotto, rispetto alle mensilità precedenti, a circa un milione di famiglie monogenitoriali. A raccogliere centinaia di segnalazioni dai propri associati è stata l’associazione di volontariato “Una Buona Idea” a tutela delle famiglie di vedove e orfani, nata per difendere i diritti civili di questi nuclei. Ma sono coinvolti numerosi genitori che da soli curano i propri figli, per le più svariate ragioni (genitore unico, vedovo o con figlio non riconosciuto), e il loro sconcerto trova sfogo anche nella pioggia di commenti sulla pagina Facebook “Inps per la famiglia”. A riferirne è Il Sole 24 Ore.
Il motivo ufficiale non è stato comunicato ai diretti interessati, ma la riduzione dell’importo riguarda la maggiorazione prevista dall’articolo 4, comma 8 del decreto legislativo n. 230/2021, percepita fino allo scorso mese da molti di questi nuclei monogenitoriali: in base alla norma, “nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro, è prevista una maggiorazione per ciascun figlio minore”. Questa maggiorazione è pari a 30 euro con Isee pari o inferiore a 15mila euro e si riduce gradualmente fino ad annullarsi con Isee pari o superiore 40mila euro.
La decurtazione, fa sapere l’Inps, è legata al disconoscimento della maggiorazione che spetta solamente ai nuclei familiari in cui entrambe i genitori siano titolari di reddito da lavoro. L’istituto procederà, di conseguenza, a compensare gli importi non spettanti percepiti finora sulle rate successive. Una procedura obbligata: in assenza di una modifica del testo normativo, non è possibile riconoscere la maggiorazione anche a queste famiglie.
Dunque un micidiale combinato disposto tra risparmi di spesa, eliminazione e spostamento delle detrazioni fiscali per i figli e utilizzo quasi “religioso” dell’algoritmo nella procedura di definizione dell’assegno unico familiare, ha prodotto gli effetti perversi che avevamo denunciato e che probabilmente erano quelli auspicati dai tecnocrati che hanno impostato questa nuova versione di una prestazione sociale decisiva nel welfare state.
Il presidente dell’Inps Tridico ha in più occasioni dimostrato di essere una brava persona. I suoi lavori universitari sul welfare sono ottimi, ma ha continuato a circondarsi e a farsi turlupinare da una dirigenza dell’Inps infida e profondamente intrisa da quel tecno-liberismo che andrebbe tenuto alla larga con il filo spinato dagli istituti che hanno come ragione sociale gli interessi pubblici.
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