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03/11/2022

Bolivia - La destra golpista ci riprova a destabilizzare il paese

Da quasi due settimane la destra fascista boliviana sta orchestrando un nuovo tentativo di destabilizzazione politica diretto dal Comité pro Santa Cruz, massima espressione della borghesia della regione, e dal governatore Luis Fernando Camacho, entrambi attori del golpe del novembre 2019 contro il presidente legittimamente eletto Evo Morales.

Questa volta, con il pretesto di voler anticipare la data del prossimo Censimento della Popolazione e delle Abitazioni entro la fine del 2023, il Comité pro Santa Cruz sta paralizzando la regione dal 22 ottobre scorso, esasperando le condizioni economiche dei lavoratori più vulnerabili e attaccando le popolazioni indigene, in particolare quella ayoreo.

Nella cittadina di Concepción, bande armate fasciste istigate dal sottogovernatore Daniel Velásquez hanno dato fuoco alle case e costretto le famiglie ayoreo ad abbandonare i propri villaggi, dopo che queste si erano opposte al “paro cívico” di Fernando Camacho e del “leader civico” Rómulo Calvo.

Nel comune di La Guardia, i sostenitori di Camacho hanno attaccato e sparato contro una manifestazione pacifica di lavoratori e contadini che chiedevano la fine dei “blocchi forzati” e le dimissioni del governatore di Santa Cruz.

Vicente Cuellar, presidente del Comité e rettore della Universidad Autónoma Gabriel René Moreno, ha dichiarato di voler escludere i popoli indigeni dal Censimento, in barba alla Costituzione del 2009 e alla stessa identità plurinazionale dello Stato boliviano.

Nonostante l’Assemblea Plurinazionale abbia deciso a grande maggioranza, con l’approvazione da parte dei governatori, dei sindaci municipali, dei rettori delle università pubbliche e delle autonomie indigene, di sottoporre ad uno studio tecnico guidato dall’Instituto Nacional de Estadística la data del Censimento e la sua immediata applicazione alla ridistribuzione delle risorse economiche nello stesso anno, i “gruppi civici” di Camacho rifiutano il dialogo e alimentano le violenze.

Camacho e la destra boliviana vogliono in realtà destabilizzare la situazione politica e sociale del Paese e hanno già minacciato di voler far cadere il governo di Luis Arce, così come hanno fatto con Evo Morales. Il presidente Luis Arce ha affermato che la “oggi la Bolivia è nuovamente minacciata da coloro che, incapaci di contribuire alla democrazia, puntano sullo scontro e sulla violenza” e che stanno “mettendo in moto una strategia per rieditare il colpo di Stato del 2019”.

Le organizzazioni sociali e sindacali si oppongono fermamente ai “blocchi” organizzati dalla destra e, a loro volta, bloccano le imprese che finanziano i manifestanti guidati da Camacho, tra cui la milizia della Unión Juvenil Cruceñista (UJC). L’UJC terrorizza la popolazione civile e chi si oppone alle “proteste” pilotate da Camacho, minaccia i leader delle organizzazioni sociali e le loro famiglie, usando la stessa paura e violenza dei giorni bui del colpo di Stato.

Non dimentichiamo i massacri di Sacaba e Senkata, durante la prima settimana dell’autoproclamato governo di Jeanine Áñez, quando l’esercito e la polizia spararono contro chi, sventolando la Wiphala, si opponeva al golpe, causando oltre 20 morti e altre decine di feriti.

La Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta e OSA esprimono la propria solidarietà al governo di Luis Arce, alle organizzazioni sociali e alle popolazioni indigene che con coraggio e determinazione difendono la democrazia partecipativa, la giustizia sociale e il diritto all’autodeterminazione contro le violenze della destra fascista al soldo dell’imperialismo occidentale.

Una nuova speranza arriva dall’America Latina, forte delle vittorie elettorali progressiste e della presa di coscienza delle masse popolari contro le ingerenze politiche dell’imperialismo e i suoi “vassalli” della borghesia continentale.

Continueremo a lottare al fianco dei popoli di Nuestra América contro tutti i tentavi golpisti della barbarie imperialista e per il consolidamento dei processi di emancipazione e costruzione del Socialismo del 21esimo secolo.

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