Il Dipartimento di Stato USA comunica di essere seriamente preoccupato per la “dispersione” degli armamenti inviati in Ucraina ed ha nominato una task force per controllarne la destinazione e appurare che fine abbiano fatto.
“La priorità degli Stati Uniti è garantire che l’Ucraina abbia le armi necessarie per difendere il proprio territorio da un’ulteriore invasione da parte della Russia”, scrive il Dipartimento di Stato e a tale scopo intende “Contribuire a garantire che l’Ucraina mantenga il controllo del suo territorio è un mezzo primario per limitare la potenziale diversione illecita di armi da parte delle forze russe, dei suoi proxy e di attori non statali. Dopo l’ulteriore aggressione russa del febbraio 2022, gli Stati Uniti hanno adottato misure concrete per rafforzare le proprie capacità e quelle dei propri partner di contrastare le minacce poste dalla potenziale diversione di armi in Europa orientale”.
Per gli Stati Uniti l’adeguata messa in sicurezza delle armi, in particolare di quelle convenzionali sensibili e avanzate, tra cui i sistemi di difesa aerea trasportabili dall’uomo (MANPADS) e i missili guidati anticarro/tattici multiuso (ATGM), è essenziale per la ripresa post-bellica e la sicurezza regionale. Gli Stati Uniti continueranno ad assistere il governo ucraino nel rendere conto delle armi e nel metterle al sicuro, a seconda delle condizioni di sicurezza.
Per mettere una pezza ad una situazione che sta andando fuori controllo, il Dipartimento di Stato lavora a “Collaborare con i partner per identificare e colmare le lacune critiche in termini di capacità di controllo nei porti d’ingresso regionali e, se del caso, fornire assistenza per le attrezzature di controllo e la formazione; valutare la possibilità di ampliare gli accordi per il controllo di passeggeri e merci. Considerare autorità e risorse per sostenere gli sforzi di controproliferazione delle forze armate ucraine e di altri partner, in base alle priorità del governo statunitense e a eventuali direttive o stanziamenti del Congresso”.
Ma la preoccupazione del Dipartimento di Stato non è solo per la dispersione degli armamenti inviati in Ucraina e la possibilità che finiscano nel mercato nero delle armi – “mercati neri che durano decenni” scrive la nota. Ma ci sono anche i rischi che le armi finiscano in mano alle forze armate russe. “La cattura da parte delle forze filorusse di armi ucraine – compreso il materiale donato – è stata finora il principale vettore di diversione e potrebbe portare a trasferimenti successivi. Probabilmente la Russia utilizzerà queste armi anche per sviluppare contromisure, propaganda o per condurre operazioni false-flag” sottolinea il documento statunitense.
Il rapporto del Dipartimento di Stato ammette che “Una varietà di attori criminali e non statali può tentare di acquisire armi da fonti in Ucraina durante o dopo il conflitto, come è accaduto dopo le guerre dei Balcani negli anni Novanta”.
Ma la memoria – e questo non c’è scritto nel documento – va alla sindrome afghana, sia nella fase successiva alla vittoria dei mujaheddin dopo il ritiro sovietico, sia a quella più recente della precipitosa ritirata dall’Afghanistan nel 2021. Nel primo caso gli agenti speciali Usa dovettero rincorrere i vari signori della guerra per cercare di recuperare gli armamenti sofisticati (vedi i missili Stinger) che gli Stati Uniti avevano fornito in abbondanza.
Nel secondo caso i Talebani si sono impossessati di parecchio materiale militare statunitense abbandonato o dato in dotazione al fragilissimo esercito regolare afghano che si è dissolto in una settimana.
Insomma distribuire armamenti come caramelle, come sono soliti fare gli Stati Uniti verso i regimi fantoccio temporaneamente loro alleati, produce conseguenze imprevedibili e dolorose per il bellicoso “donatore”. Continuare a riempire di armi uno Stato “poroso” come l’Ucraina non sembra proprio una buona idea.
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