«Zeus, signore del tuono, toglie all’uomo metà della sua virtù, quando lo rende schiavo», declamava Omero nel XVII canto dell’Odissea. Oggi, metà dell’intelletto sembra esser stato sottratto alla Ministra degli esteri tedesca, la “Verde” Annalena Baerbock: prova ne sono le sue parole all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nel momento in cui a Berlino si decideva la consegna dei Leopard all’Ucraina.
Non lo diciamo proprio noi. A scriverlo è il sito Anti-Spiegel, in una nota a proposito della decisione tedesca di fornire alla junta di Kiev una compagnia di carri Leopard 2A6.
Dopo quella decisione, scriveva infatti ieri Anti-Spiegel, Olaf Scholz aveva cercato di dissipare le preoccupazioni dei tedeschi, ribadendo che la Germania o la NATO non sono in guerra con la Russia, mentre la sua Ministra annunciava apertamente l’esatto opposto. Credetemi, aveva supplicato i tedeschi dalla tribuna del Bundestag Olaf Scholz, «continueremo a garantire che questo sostegno sia possibile senza che aumentino i rischi per il nostro Paese».
Ora, scrive Anti-Spiegel, da quando è iniziata l’escalation in Ucraina, Scholz ha due mantra: vuole fare di tutto per evitare una guerra tra NATO e Russia, e nessuna azione unilaterale tedesca: «Il problema di Scholz è che ha come partner di coalizione più forte il partito più bellicista di Germania, i Verdi, e che il suo Ministro degli esteri è, in primo luogo, un falco radicale antirusso e, in secondo luogo, di intelligenza piuttosto limitata».
Purtroppo, la signora in questione, anche se è difficile da credere, è «non solo membro del governo tedesco, ma anche Ministro degli esteri. Ciò significa che tutto ciò che dichiara ufficialmente e non ufficialmente in politica estera rappresenta la posizione ufficiale del governo federale».
Così che quando annuncia la guerra contro la Russia, esprime la posizione di politica estera del governo tedesco. «Evidentemente nessuno ha detto alla Baerbock quale responsabilità abbia in virtù della sua carica... e lei non è affatto l’unico rappresentante occidentale la cui stupidità sia pericolosa»: il riferimento è alle dichiarazioni rilasciate l’autunno scorso dall’ex premier britannica Liz Truss circa la disponibilità all’impiego dell’arma atomica, dopo di che Mosca aveva diffuso un breve video in cui Putin incaricava il Ministro della difesa Sergej Šojgù di mettere in stato di massima allerta le forze nucleari russe.
«Si era trattato – ed è così che funziona la diplomazia internazionale – di un segnale all’Occidente, soprattutto agli USA, per chiarire la questione, poi probabilmente chiarita dietro le quinte». Dopo le parole della Tuss, aveva detto Putin, non c’era stata alcuna presa di distanza e dunque Mosca era costretta a dedurne che si trattasse di una posizione concordata e non poteva fingere di non aver sentito nulla.
La cosa si ripete ora con la Baerbock: nessun rappresentante di paesi UE o NATO presenti in aula l’ha contraddetta. Quindi, scrive Anti-Spiegel, se Scholz vuole davvero «evitare a tutti i costi una guerra tra NATO e Russia, dovrebbe almeno contraddire pubblicamente la Baerbock, o – meglio ancora – cacciarla immediatamente dall’incarico e sostituirla con qualcuno che sia almeno consapevole di cosa significhi ricoprire una tale carica e di quali responsabilità essa comporti».
Ora, a proposito delle forniture di carri armati a Kiev, l’economista ed esperto militare russo Andrej Frolov dice che l’invio degli Abrams americani è più pericoloso di quello dei Leopard e che, se verso la prossima primavera, l’Ucraina sarà vicina alla sconfitta militare, nessun Abrams (Politico parla di una cinquantina di carri) verrà consegnato e, comunque, l’invio di qualche decina di tali carri non cambierebbe la situazione a favore di Kiev.
Inoltre, dice Frolov, anche i tempi di consegna sono importanti: a oggi si parla di circa un anno o entro l’anno, ma anche per i Patriot dicevano che Kiev non li avrebbe mai ricevuti, poi hanno detto che la cosa non sarebbe avvenuta tanto presto e ora gli ucraini vengono già addestrati per operare su quei sistemi missilistici antiaerei.
Così sarà per i carri: verranno sicuramente consegnati, a meno che le forze ucraine non siano vicine alla capitolazione. «Se Kiev riesce in qualche modo a resistere alla pressione russa fino alla primavera, allora i carri armati americani potrebbero essere in Ucraina in breve tempo, ad esempio a marzo-aprile».
Per quanto riguarda i Leopard, che ora vengono prodotti in quantità limitata, l’Ucraina riceverà dei modelli con vecchie modifiche – pare ce ne siano oltre un migliaio in Europa – e Berlino non vieta più ad altri Paesi di trasferirli a Kiev; ma «sorge la domanda: con cosa sostituirli? E si può fare in poco tempo? La risposta alla seconda domanda è no».
Su News Front, il politologo Aleksej Malinin dice che, con la decisione sull’invio dei Leopard, cui Berlino con ogni evidenza è stata costretta a Ramstein, la Germania si spara su un piede con proiettili di grosso calibro ed è convinto che la comparsa di carri tedeschi sia vantaggiosa per Mosca, dal momento che, cadendo in mano russa, aiuteranno a migliorare i tank russi e anche i missili anticarro guidati.
Tra l’altro, a parere del direttore di Rheinmetall, Armin Papperger, i carri armati devono essere adattati per le operazioni di combattimento prima di essere inviati: occorrerà quasi tutto il 2023 e centinaia di milioni di euro.
Tuttavia, dice Malinin, importanti «non sono le dimensioni della fornitura, oggettivamente piccola, ma il suo livello: la NATO ha deciso di alzare la posta in gioco e fornire ancora più attivamente armi pesanti all’Ucraina», con la Svizzera, produttrice di munizionamento per i Leopard, che dimentica la propria neutralità e si fa “persuadere” a consentirne l’invio in Ucraina, dopo averne rifiutato il permesso alla Spagna.
Intanto, in Germania, riporta Die junge Welt, il deputato del Bundestag per Die Linke, Sevim Dagdelen ha definito la decisione sulla consegna un «errore storico», che apre la «strada al coinvolgimento diretto della Germania nel conflitto contro la Russia».
Il capogruppo di Die Linke, Dietmar Bartsch, ha chiesto al Bundestag una de-escalation e un’iniziativa di pace, sottolineando che nei Land orientali tedeschi, meno di un terzo della popolazione è favorevole alla consegna dei carri armati.
D’altro canto, nota Die junge Welt, le azioni della Rheinmetall, sono aumentate di quasi il 3% mercoledì scorso, raggiungendo un livello record: una crescita del 170% dall’inizio delle operazioni in Ucraina.
Ancora su Die junge Welt, Reinhard Lauterbach affronta la questione in maniera sarcastica, scrivendo che a nessuno piacerebbe avere un vicino di casa come Zelenskij: gli prestate il tosaerba e lui chiede il trapano e quando glielo date, chiede la motosega; una persona che in maniera così aperta non si dice mai sazio, si sbarazza rapidamente degli amici.
Prima ha implorato i razzi anticarro, poi ha invocato i carri armati e sta già iniziando a chiedere aerei e navi da guerra. Zelenskij «impersona in modo oltremodo credibile il dilemma di base del ruolo dell’Ucraina in questa guerra: condurre la guerra per i propri scopi, ma a spese di qualcun altro. Quindi, oggettivamente ai fini di chi ne sostiene i costi».
Vale a dire: i committenti occidentali dell’Ucraina per la sua guerra contro la Russia sono, da un lato, contenti di dover combattere la guerra solo con i propri mezzi, ma non con il proprio sangue.
L’Occidente non è ancora soddisfatto, «non vede ancora la Russia abbastanza indebolita. Per questo motivo, armi e denaro stanno attualmente affluendo a Kiev. D’altra parte, naturalmente, tutte le dichiarazioni di Berlino, Bruxelles, Washington, secondo cui spetta all’Ucraina decidere quando vorrà negoziare, sono, nella loro presunta generosità, un’indicazione discreta che, in caso di dubbio, si deciderà lì e non a Kiev per quanto tempo la guerra continuerà».
Su Neues Deutschland, Aert van Riel ridicolizza il deputato di AfD Petr Bystron, pur contrario alla decisione del governo. Bystron ha dichiarato che si tratta di una giornata negativamente storica e che il governo federale ha gettato a mare le basi della politica della Germania occidentale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Osservazioni bizzarre, nota van Riel, dal momento che per anni la Repubblica Federale non ha avuto alcuna inibizione a esportare questi carri armati a Stati che li utilizzano anche in guerra, come ad esempio la Turchia. Inoltre, Bystron, che «ora si presenta al Bundestag come uomo di pace, solo pochi anni fa aveva completato un addestramento al tiro con il gruppo radicale di destra Suidlanders in Sudafrica».
Ora Bystron ha accusato il Cancelliere di aver agito contro la volontà della maggioranza della popolazione tedesca. Rispondendo alla domanda di Bystron su quali obiettivi bellici sarebbero stati perseguiti dopo la consegna dei carri armati, Scholz ha detto che «l’Ucraina vuole difendere la propria integrità territoriale».
Ma, osserva van Riel, tempo fa Zelenskij aveva dichiarato di voler riprendere anche la Crimea e questo può significare che la guerra continui per molto tempo e che l’Ucraina farà ulteriori richieste ai suoi partner occidentali in termini di forniture di armi.
Non a caso, l’ex ambasciatore ucraino in Germania e ora vice Ministro degli esteri, Andrij Melnyk, lo sta già facendo, quando scrive su Twitter «E ora, cari alleati, mettiamo insieme una forte coalizione di jet da combattimento per l’Ucraina, con F-16 e F-35, Eurofighter e Tornado, jet Rafale e Gripen – e tutto ciò che potete fornire all’Ucraina»; e anche navi da guerra.
Infine, su NachDenkSeiten, lo scrittore ed ex deputato del SPD, Albrecht Müller, abbozza un paragone tra la situazione attuale della “coscienza pubblica” tedesca e quella dell’epoca del Terzo Reich. Anche allora, i tedeschi non erano riusciti a intuire a cosa mirassero i nazisti; non vedevano i pericoli di guerra; non vedevano i media messi in riga; si sentivano a loro agio nella comunità sociale loro inculcata.
«Cosa c’è di diverso oggi? Mi sono soffermato sulla reazione dei media alla decisione di Scholz di inviare i carri all’Ucraina... e sulla dichiarazione del Ministro degli esteri “Stiamo combattendo una guerra contro la Russia”».
Oggi, scrive Müller, le cose vengono presentate in modo più sottile rispetto a novant’anni fa, declamate da «attori dall’aspetto innocuo come Annalena Baerbock e non in uniforme SS. Ma è lo stesso. La stessa seduzione delle persone con il trucco di offrire loro un nemico. E di opporsi tutti insieme a questo nemico».
Oggi, tutto è presentato in maniera più attraente ed elegante: il conduttore in TV ha un’aria «amichevole quando annuncia la partecipazione alla guerra e chiede un maggiore coinvolgimento militare. Il solito portavoce della Bundeswehr (Vorsitzende des Bundeswehrverbandes – dal minuto 11:18) benedice il tutto, lamentando il ritardo e chiedendo più materiale militare» e si sostiene che avremmo dovuto prender posizione molto prima.
Ma tutto questo viene «annunciato in modo aperto e lo si fa così bene, che il giovane tedesco distoglie quasi lo sguardo. Che contemporanei assonnati sono questi giovani... Si svegliano proprio quando tutto sta già andando a fuoco».
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