Ha inchiodato i poliziotti la diffusione del terzo dei quattro video dell’arresto di Tyre Nichols, un afroamericano di 29 anni morto a gennaio, tre giorni dopo il fermo, a causa delle ferite riportate a Menphys (Tennesse). I cinque poliziotti, in questo caso afroamericani come la vittima, sono stati incriminati per una serie di reati tra cui omicidio di secondo grado, sequestro aggravato e aggressione aggravata.
Un gran giurì ha incriminato i cinque agenti coinvolti nella morte di Nichols. Sono stati accusati di omicidio e sono in custodia. Sono stati accusati di “omicidio di secondo grado, aggressione aggravata, rapimento aggravante, con conseguenti lesioni personali, rapimento aggravato che comporta il possesso di un’arma, cattiva condotta ufficiale attraverso l’esercizio non autorizzato del potere, cattiva condotta ufficiale attraverso l’omissione di agire quando vi è un dovere imposto dalla legge e dall’oppressione ufficiale”, secondo il procuratore distrettuale della contea di Shelby, Steve Mulroy.
Un’autopsia indipendente, completata da un patologo forense assunto dagli avvocati della famiglia, ha scoperto che Nichols soffriva di “un’estesa emorragia causata da un duro pestaggio”.
Nel terzo video le immagini sono quelle registrate la sera del 7 gennaio e documentano la violenza con cui i poliziotti si accaniscono su una persona inerme, disarmata, in manette.
I primi tre video vengono delle body cam in dotazione ai poliziotti e mostrano la concitazione, il fiatone degli agenti che hanno rincorso Nichols, fermato per un’infrazione stradale. Il terzo video, in realtà, registra solo l’audio, perché la telecamera è girata verso l’interno, forse nella concitazione dell’inseguimento, forse non casualmente. Perché è quella che avrebbe potuto mostrare da vicino l’aggressione brutale, documentata invece da una telecamera di sicurezza piazzata in alto, all’incrocio della strada, di cui gli agenti potrebbero non aver avuto la consapevolezza.
Le immagini, senza audio, sono sconvolgenti. Nichols è a terra, le mani legate dietro la schiena, tenuto fermo da due poliziotti, quando a un certo punto arriva un terzo poliziotto e comincia a colpire Nichols con dei calci alla testa. L’uomo arrestato si accascia, poi viene appoggiato con la schiena sulla portiera di un’auto, in attesa dei soccorsi. Ricoverato in ospedale per gravi fratture al cranio, al collo e in altre parti del corpo, e lesioni interne, Nichols morirà tre giorni dopo, il 10 gennaio.
Nel primo video, quello che documenta lo stop per una presunta infrazione stradale, vede Nichols consegnarsi subito, dire “ok”, “va bene”, ma i poliziotti appaiono piuttosto aggressivi. Quello è il momento in cui Nichols si divincola e scappa, seminando i poliziotti, che restano lontani, con il fiatone. La famiglia chiede giustizia.
Il 3 gennaio scorso un altro afroamericano, Keenan Anderson, insegnante di liceo, era stato ucciso dai poliziotti a Los Angeles durante il fermo. Soffocato e colpito con una letale lunga scarica di Taser.
Decine di persone hanno protestato davanti alla Casa Bianca dopo la diffusione delle immagini con cartelli che chiedevano “la fine del terrore della polizia”, “giustizia per Tire Nichols” e “imprigionare i poliziotti assassini”.
Disordini sono avvenuti anche a New York, dove decine di persone si sono radunate a Times Square e un video mostra un giovane che sfonda a calci il parabrezza di un’auto della polizia e viene poi arrestato dai poliziotti.
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