“Tutti i governi hanno ribadito l’impegno a raggiungere l’obiettivo del 2 per cento del Pil di spesa per la difesa”, ha detto il ministro della Difesa, Crosetto, rispondendo alle domande davanti alla commissione Difesa della Camera e alla commissione Esteri e Difesa del Senato.
“L’impegno con la Nato nasce nel 2014. È stato ribadito da tutti i governi che si sono succeduti. La differenza tra gli esecutivi sta nei tempi ipotizzati”, ha spiegato Crosetto. “Nessuno ha mai contestato questo obiettivo. Ci sono Paesi della Nato che chiedono addirittura di arrivare al 3 per cento. Noi siamo attestati intorno all’1,4 per cento”, ha precisato il ministro. E su questo ha obiettivamente ragione. Le responsabilità sono anche dei governi Conte, Draghi e di quelli ancora precedenti.
La questione dell’esclusione degli “investimenti per la Difesa dal Patto di stabilità è stata posta sul tavolo all’Europa come hanno fatto altri Paesi, perché in questo momento nessun Paese può tagliare le spese per la difesa. L’aiuto che abbiamo dato all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte per la difesa nazionale”. In terzo luogo, ha affermato Crosetto a proposito della necessità di finanziare le spesa militari, “larga parte del progresso della nostra società è una traslazione dei progressi ottenuti dalla ricerca a scopi militari”. Insomma il ministro ha riproposto pari pari la tesi del complesso militare-industriale statunitense secondo cui le spese militari sono un “volano di crescita” per l’economia di un paese
Ne consegue che anche nel 2023 continuerà la tendenza di decisa crescita per le spese militari in Italia. Lo evidenziano le stime preliminari dell’Osservatorio Mil€x derivanti dall’elaborazione dei dati contenuti nelle Tabelle dei bilanci previsionali del Ministero della Difesa e degli altri dicasteri che contribuiscono alla spesa militare italiana (ex Mise e Mef) allegate alla Legge di Bilancio 2023 inviata dal Governo al Parlamento: il nuovo incremento complessivo è di oltre 800 milioni di euro.
Secondo i calcoli fatti dall’osservatorio con la metodologia adottata da Mil€x, si passa infatti dai 25,7 miliardi previsionali del 2022 ai 26,5 miliardi stimati per il 2023.
L’Osservatorio Mil€x considera l’importo totale del Bilancio della Difesa come mero punto di partenza per valutare la spesa militare italiana complessiva. Tale cifra deve infatti registrare fondi in aggiunta iscritti presso altri ministeri (principalmente il fondo per le Missioni militari all’estero che viene istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e i fondi che l’ex Ministero per lo Sviluppo Economico mette a disposizione per acquisizione e sviluppo di sistemi d’arma) e deve invece vedere sottratta per coerenza di destinazione e tipologia di utilizzo la grande maggioranza del bilancio dell’Arma dei Carabinieri (per lo specifico ruolo che gioca tale struttura, in particolare la parte forestale) che viene considerata solo per la componente legata alle missioni all’estero.
Per le aziende dell’industria militare italiana è un momento di grande “prosperità”. È notizia di ieri che Iveco si rafforza proprio nel settore della Difesa. La controllata IDV (Iveco Defence Vehicles) ha stretto un accordo per rilevare dal gruppo britannico Horiba la maggioranza di Mira Ugv, divisione specializzata nello sviluppo di veicoli militari autonomi, meglio conosciuti come “i droni di terra”.
Le azioni della Leonardo a gennaio svettano a Piazza Affari (+2,82%) e toccano un massimo a 8,76 euro sui livelli dell’agosto scorso. Per gli esperti di Goldman Sachs tra i motivi per cui il titolo ha spazi di crescita, il primo è lo spostamento delle priorità fiscali che porta a un aumento significativo del budget della Difesa. “Con l’85% di esposizione al settore (il secondo più alto in tutto il comparto), Leonardo dovrebbe beneficiare di un contesto favorevole per la crescita con l’aumento del focus governativo per rispettare l’impegno Nato di un 2% di Pil”.
Un infame e inquietante spettacolo quello che stanno offrendo la guerra e l’avventurismo delle classi dirigenti.
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