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23/01/2023

Gli schiavisti al potere

Sfruttati da schiavisti e governati da criminali ai loro ordini.

Ma l’aspetto paradossalmente peggiore è che queste figure orrende sono comunque incapaci di gestire lo sviluppo del paese, nonostante queste “splendide condizioni di partenza”, come teorizzano nei loro discorsi e fanno ripetere ai propri lecchini in redazione.

Neanche con i salari più passi d’Europa, infatti, riescono a metter fine a un declino inarrestabile.

Al punto che si deve necessariamente pensare che una delle cause di questo declino siano proprio i salari troppo bassi, che deprimono la domanda, fanno arretrare i consumi, schiantano le aspettative e i sogni delle nuove generazioni mentre impoveriscono quelle più anziane.

Gli unici a guadagnarci sono i presunti “imprenditori”, che possono così vantare una liquidità mai vista prima e conteggiare un costante aumento dei milionari nelle loro fila...

Due notizie nella stessa giornata chiariscono meglio quel che stiamo dicendo. E che possiamo dimostrare non essere solo una nostra “fissazione”.

L’agenzia di notizie Agi (di proprietà dell’Eni, non di un’“organizzazione comunista”...) pubblica un documentato articolo che riferisce della condizione disperante degli insegnanti italiani, “tra i meno pagati d’Europa”.

Non è esattamente uno scoop, se ne parla spesso e se ne protesta ogni volta che si può. Ma stavolta vengono riportati i dati dell’Ocse (altra organizzazione certo “non comunista”) e dunque non contestabili neanche dai neoliberisti di stretta osservanza.

Tra docenti italiani e tedeschi, per esempio, il rapporto è matematicamente preciso: il “professore” del Belpaese ha esattamente la metà di uno stipendio tedesco. Anche se lavora un po’ di più e vive in un “mercato” dove i prezzi e le tariffe sono mediamente superiori a quelli di Monaco o Berlino (per non parlare poi della portata e dell’efficienza dei servizi pubblici, che costituiscono una quota rilevante del “salario sociale indiretto” traducendosi in minori spese per scuola, trasporti, sanità, ecc.).

Vabbeh, dirà il neoliberista di redazione, “però la Germania è un paese ricco, non fa testo... Il docente italiano non prenderà poi un stipendio molto diverso da quello di altri paesi...”

Falso, oltre che sbagliato. Prende comunque tra il 12 e il 15% in meno di chiunque… Per esempio, oltre 8.000 euro in meno, ogni anno, di un collega spagnolo.

Stiamo parlando di una professione-chiave, quella che deve formare le nuove generazioni, preparandole a sostituire quelle vecchie, aumentandone le conoscenze (le “competenze”, com’è noto, sono per natura molto più transitorie e meno durature...). Avere in una funzione così delicata un personale sfiduciato, demotivato, “distratto” dalla necessità di integrare il reddito insufficiente con altri impegni (ripetizioni, lezioni private, ecc.), è un’ipoteca negativa sul futuro. E visto che andiamo avanti su questa strada da ormai 40 anni, quel futuro nero è in realtà già qui.

Vabbeh, dirà il solito neoliberista da redazione di Repubblica o Corriere, “però questo è vero solo nel pubblico impiego, dove è noto che sono scansafatiche perché troppo ‘garantiti’”. Insomma, il basso stipendio sarebbe una “compensazione negativa” della non licenziabilità...

Falso. Lo dimostra la seconda notizia di giornata.

Il Comune di Genova cerca “personale giovane e superqualificato” per... lavorare sei mesi gratis al Museo del mare e a quello dell’emigrazione.

Superqualificato in senso stretto (richieste “perfetta conoscenza della lingua inglese e capacità di mediazione linguistica oltre a capacità di sintesi ed elaborazione contenuti per social media”), tempo determinato in modo rigido e soprattutto zero soldi. “Fa curriculum”, non ti basta?

Oltretutto il Comune di Genova è recidivo, perché aveva fatto la stessa operazione più di un anno fa, per digitalizzare milioni di negativi per lo stesso Museo del mare. Dunque non è una ideuzza generata da un temporaneo “stato di necessità e urgenza”, ma una linea di gestione ordinaria dell’amministrazione locale.

Vabbeh, dirà l’imperturbabile neoliberista di redazione che si professa “democratico” (tipo Corriere o Repubblica, insomma...), “però il Comune di Genova è in mano ai leghisti... non è così dappertutto”.

Dove c’è il PD avvengono ovviamente le stesse cose, e con una forma supplementare di presa per i fondelli decisamente inaccettabile, specie sotto elezioni... Per esempio... l’inaugurazione (per finta) «del nuovo Pronto soccorso pediatrico del Policlinico Umberto I» di Roma. Finita la cerimonia, tagliato il nastro, digeriti i brindisi, tutto è tornato come prima. Lavori in corso...



Gli insegnanti italiani guadagnano meno dei colleghi dell’Ue e, a parità di titolo di studio, il loro stipendio registra comunque un divario rispetto a quello degli altri dipendenti della pubblica amministrazione. Emerge dai dati pubblicati nel rapporto ‘Education at a Glance 2022’ a cura dell’Ocse e dal rapporto semestrale Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti.

Risulta che in Italia un docente di scuola superiore guadagna il 22% in meno rispetto a un lavoratore di un altro settore con lo stesso titolo universitario, circa 350 euro in meno al mese. Le cose non migliorano ampliando l’orizzonte geografico.

Un insegnante italiano riceve a fine mese meno della metà di un suo collega tedesco. I docenti italiani della primaria sono quelli che presentano i divari più consistenti anche in termini percentuali rispetto ai colleghi europei.

Secondo la ricerca Ocse, infatti, la differenza tra gli italiani e i colleghi europei è marcata in tutti i gradi di scuola, a partire dalle retribuzioni della primaria la cui differenza rispetto alla media degli omologhi europei è del 15,7%, ossia 6.286 dollari.

La distanza tra i docenti di scuola media di primo grado scende al 14%, mentre i docenti della scuola superiore percepiscono il 12,7% in meno rispetto alla media dell’Unione.

“Parliamo di condizioni salariali di grande ritardo non solo rispetto agli omologhi di altri Paesi europei, ma anche nel confronto con altri comparti. L’istruzione, però, è un settore strategico e questo dato dato dovrebbe far riflettere tutto il Paese” – spiega all’AGI Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil. “Il divario si è aggravato negli anni in cui la contrattazione è stata bloccata, ora stiamo finendo di rinnovare il contratto ma, adesso, sarebbe il momento di finanziare il rinnovo di cui dovremmo già discutere. Nella legge di bilancio, invece, c’è zero per il rinnovo del contratto. Pensiamo quindi a un contratto che dovrebbe essere tutto finanziato il prossimo anno, con un’inflazione al 12 per cento”.

Le differenze sono ancora più evidenti confrontando le retribuzioni in euro. Lo stipendio di un docente italiano di scuola media con 15 anni di servizio è ben lontana non solo rispetto a Paesi come la Germania, caso emblematico con stipendi oltre il doppio di quelli italiani, ma anche rispetto a Francia (-3.783 euro) e Spagna (-8.327 euro).

Anche l’andamento delle retribuzioni negli ultimi anni conferma la penalizzazione dei docenti italiani rispetto ai colleghi europei. Ad esempio nel periodo che va dal 2010 al 2021 in Italia le retribuzioni dei docenti di scuola media sono diminuite di circa 6 punti a fronte di un incremento di quasi 2 punti delle retribuzioni medie europee dei docenti dello stesso livello di scuola.

“Investire sul salario è investire sulla dignità – riflette ancora il segretario Flc Cgil – sulla professione come valore sociale. Questo tema contribuisce a demotivare rispetto alla professione, è come se l’idea di poter ottenere degli aumenti per gli insegnanti sia scartata a prescindere”.

“Il problema della scuola non è chi ci lavora ma le condizioni di lavoro, che sono al limite. Finanziare un contratto di quella portata richiede una grande consapevolezza politica, ma sembra sempre che il tema scali in fondo alle priorità. Assistiamo a tanta retorica trasversale sull’importanza dell’istruzione, ma poi non arriva mai una risposta all’altezza” conclude Sinopoli.

Un paese che non investe nei suoi insegnanti è il riflesso di un più generale mancato interesse nei confronti dell’istruzione. Non a caso, la spesa pubblica complessiva italiana dedicata a questo comparto, dall’infanzia alla scuola secondaria, è del 5,8% a fronte di una media europea del 7,0%.

Una differenza che in termini assoluti pesa per circa 10 miliardi di euro e che rischia di essere scontata dall’intero sistema Paese. Gli stipendi dei docenti possono influenzare la decisione di un laureato di diventare un insegnante, rispetto ad altre professioni che richiedono titoli equivalenti ma promettono guadagni più significativi rispetto alle cattedre.


Ci risiamo. Lo scorso anno il Comune, per il Muma e la digitalizzazione di 3 milioni di negativi «che andranno a costituire l’Archivio Fotografico Mu.MA, a partire da quelle appartenenti alla collezione Leoni» (così si leggeva nel bando), cercava 5 persone disposte a lavorare gratis. Alla fine solo 2 dei 7 candidati avevano superato le selezioni.

Si richiedevano «competenze specifiche in ordine alla fotografia; conoscenza di base sulla storia di Genova nel XX secolo; discrete conoscenze informatiche, in particolare dei programmi di base per l’acquisizione dell’immagine, da stampa, negativo fotografico in vari formati, diapositive, compresi negativi su lastra; discreta conoscenza della videoscrittura, per la comunicazione via mail e la condivisione di materiali on line; buone capacità comunicative, e una anche minima abilità manuale».

I compiti prevedevano «il supporto allo svolgimento delle attività di dematerializzazione di parte dei negativi e delle stampe delle opere appartenenti alle collezioni tramite l’utilizzo di scanner professionali, nonché il trattamento delle immagini acquisite, l’archiviazione e la messa a disposizione al pubblico delle stesse, attraverso la predisposizione di contenuti per il web o la preparazione di piccole presentazioni digitali. Un’altra parte delle attività riguarderà altresì mansioni più di tipo organizzativo e amministrativo con l’utilizzo di programmi di videoscrittura e gestione database su computer di proprietà dell’Istituzione».

Insomma, volontari non pagati capaci di organizzare, competenti in tema di storia e fotografia, capaci di scrivere contenuti per il web, così flessibili da occuparsi anche di compiti amministrativi. Insomma, due “tempi pieni” abbondanti scorporati i 5 part time “a gratis” per l’amministrazione comunale e non per eventi episodici limitati nel tempo, per iniziative di semplice presenza, ma per un lavoro strutturato e organizzato in seno alla civica amministrazione. In una città dove il lavoro manca.

Finito quel lavoro (non retribuito), il Comune pensa di ottenere altre ore di lavoro per 6 mesi, sempre gratis, sempre per il Muma e per il collegato Museo dell’Emigrazione.

Il bando sul sito del Comune, in scadenza il 31 gennaio, ce lo segnala una lettrice molto qualificata nel contesto culturale e in cerca di lavoro. Lettrice che, ovviamente, di fronte al nuovo bando che chiede un lavoro vero e proprio, con tanto di richiesta di competenze di un certo livello, ma a stipendio zero, si è stropicciata gli occhi. Stavolta di volontario se ne cerca solo uno, sempre per massimo 4 ore per massimo 4 giorni la settimana.

Anche in questo caso i requisiti richiesti non sono banali: «Buona conoscenza dei temi legati alla migrazione italiana dal sec. XIX al sec. XXI, capacità di ricerca relativamente alle fonti sul ruolo di Genova e del suo porto nei percorsi migratori dei secc. XIX – XX; conoscenza della videoscrittura, del programma Excel e strumenti per la comunicazione via mail e la condivisione di materiali on line; capacità di sintesi ed elaborazione contenuti per social media; buone capacità comunicative e relazionali; ottima conoscenza della lingua inglese (preferibilmente madrelingua o comunque perfettamente bilingue)». Che sarebbe tanta roba anche per un concorso per un posto retribuito.

Ma cosa dovrà fare il fortunato volontario che dovesse sbaragliare la concorrenza per lavorare gratis in cambio di un semplice attestato da mettersi a curriculum?

«Il progetto, della durata di 6 mesi ed eventualmente rinnovabile – si legge nel bando – prevede il supporto allo svolgimento delle attività aperte al pubblico riguardanti i temi migratori e include l’assistenza ai visitatori, l’affiancamento allo staff scientifico nella programmazione degli eventi, in particolare per le seguenti attività: Galata Museo del Mare. Progetto Slide doors, porta di comunicazione tra Genova e New York: attività di mediazione tra visitatori e pubblico oltre oceano, facilitazione della comunicazione tra singoli e gruppi presenti attraverso mediazione linguistica, gestione delle domande e delle risposte durante gli incontri e le attività svolte tra le due sponde dell’oceano attraverso la porta. Museo nazionale dell’Emigrazione italiana (Mei): collaborazione nella gestione del calendario degli eventi culturali, preparazione di materiale per la diffusione on line delle notizie relative al Museo, aiuto allo staff scientifico per la gestione delle attività culturali».

Insomma, collaboratore culturale e social media manager a costo zero per l’Amministrazione.

Val la pena ricordare che secondo l’Istat le persone in cerca di occupazione a Genova nel 2020 erano 21.056. Il tasso di disoccupazione di Genova è il più elevato tra tutte le città del centro-nord (8,4%).

Fonte

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