Il 2009 segna una svolta nella storia della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (MONUC). A gennaio, la ribellione del Congresso Nazionale per la difesa del popolo (CNDP) è stata smantellata, il suo leader arrestato in Ruanda e la sua ala militare integrata nell’esercito congolese (FARDC).
In precedenza, quest’ultima e i Caschi Blu avevano assistito impotenti alle offensive delle truppe del generale Laurent Nkunda. Gli insorti avevano occupato vaste porzioni di territorio nella provincia orientale del Nord-Kivu e avrebbero potuto prendere in considerazione di marciare su Kinshasa.
Kigali aveva così aiutato il presidente congolese Joseph Kabila a salvare il posto. Prima infiltrando il CNDP per organizzare il putsch di Bosco Ntaganda – tentativo non riuscito del tutto – poi preparandosi a ricorrere alla forza per sconfiggere i ribelli, così costretti a deporre le armi.
Cambiamento di sistema
Se la « soluzione regionale » della crisi in versione ruandese era riuscita là dove i diciannovemila soldati dell’ONU avevano interpretato il ruolo di spettatori più o meno impotenti, nelle alte sfere della Casa di Vetro a Washington, in particolare all’interno del Dipartimento delle operazioni di mantenimento della pace (DOMP, o DPKO, secondo l’acronimo inglese), la convinzione di dotare la Missione di un mandato più robusto per fornire un sostegno attivo alle FARDC stava guadagnando terreno.
Si imponeva un cambiamento di strategia, se non di sistema
All’epoca, il francese Alain Le Roy dirigeva il DPKO, secondo la consuetudine dell’istituzione creata nel 1992, della quale la Francia ha sempre detenuto il comando (a parte il primo mandato affidato a Marrack Goulding, con Koffi Annan come vice). Anche il Capo di Stato Maggiore dell’onnipotente Ufficio degli affari militari del DPKO era un francese, il generale Jean Baillaud.
Vice consigliere militare del Segretario generale (UNSG), secondo la nomina ufficiale, vi resterà fino al 2012. Ex paracadutista formato nelle missioni segrete nelle temibili Forze speciali transalpine – si legge la menzione « COS » (Comando delle operazioni speciali) nel suo profilo twetter – questo ufficiale è considerato un dottrinario.
Progettista della teoria dell’«Approccio globale» – aggiornamento della Dottrina della « Guerra rivoluzionaria » (DGR), la versione della contro-insurrezione elaborata dalla Scuola Militare di Parigi, e ad uso delle OPEX (Operazioni esterne) della Francia in Africa – Baillaud si trova nella giusta posizione e al momento giusto per appoggiare sul piano dottrinale la trasformazione radicale del concetto stesso di «mantenimento della pace » che si va preparando nei laboratori delle NU.
L’approccio contro insurrezionale
In effetti, come sottolinea nel suo notevole saggio, Militarizing the Peace: UN Intervention Against Congo’s Terrorist’ Rebels, l’americana Rachel Sweet, esperta delle Missioni delle Nazioni Unite: «La Missione delle Nazioni Unite ha sperimentato un nuovo approccio nel 2009, quando ha iniziato a supportare l’esercito congolese... Nel 2010, la Missione è stata riorganizzata con un mandato più aggressivo, al fine di stabilizzare le zone di conflitto nell’Est del paese cambiando il suo nome in MONUSCO, Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella RDCongo. Adottò un approccio “contro insurrezionale” per aiutare l’esercito congolese a “liberare, ripulire e mantenere i territori controllati dai ribelli”».
La sicurezza dei civili avrebbe dovuto essere così assicurata e l’autorità dello Stato ripristinata in tutto il paese.
Negli uffici della nuova MONUSCO viene elaborata una «Strategia di Sicurezza internazionale e Supporto alla stabilizzazione» («ISSSS»), «modellata sui principi della contro insurrezione, secondo la quale le operazioni militari di pulizia delle zone ribelli dovrebbero essere seguite da un processo di sostegno e di costruzione dello Stato» (The International Security and Stabilization Support Strategy, MONUSCO).
Con l’adozione di questo concetto di «stabilizzazione», la MONUSCO diventa l’esperimento pilota del DPKO, che sarà seguito via via dalla Missione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite per la stabilizzazione in Mali (MINUSMA, aprile 2013) e dalla Missione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite per la stabilizzazione in Centrafrica (MINUSCA, aprile 2014).
Dimenticando che lo Stato che stavano rafforzando era promotore o causa dell’insicurezza, si vedrà una decina di anni dopo come queste Missioni mancheranno il loro obiettivo dichiarato, la protezione dei civili: «Le missioni forniscono a questi governi una protezione e una legittimità di facciata di cui usano e abusano contro la loro popolazione. Nella RDC, ad esempio, la Monusco ha fornito supporto logistico e militare a un esercito che si distingue per le sue violazioni dei diritti umani» (T. Vircoulon, ex direttore Africa del think tank International crisis group, Il mantenimento della pace, versione ONU: radiografia dell’impotenza, Le Monde, 10/10/2017).
La Brigata di intervento
Tuttavia, nel 2013, la strategia di contro insurrezione e di sostegno allo Stato partner RDC da parte della MONUSCO diventa operativa. Per farla finita con la nuova rivolta dell’M23, iniziata nel marzo 2012, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) adotta la risoluzione 2098 nel marzo 2013. Il testo, redatto da Parigi, autorizza «a titolo eccezionale e senza che questo crei un precedente», lo schieramento a sostegno della forza del MONUSCO e dell’FARDC di una Brigata offensiva (Force intervention brigade, FIB), la prima nella storia delle Nazioni Unite.
A metà del 2013, la FIB si dispiega sul campo. Sotto forte pressione diplomatica e militare, in particolare degli elicotteri da combattimento MI-35 dell’esercito ucraino e dei Denel AH-2 della forza aerea sudafricana, in dotazione alla MONUSCO, l’M23 si ritira in Uganda.
Durante questo anno di guerra 2012-13, il generale francese Patrick Boubée de Gramont è responsabile della forza della MONUSCO. Collabora con il responsabile del DPKO, il suo compatriota Hervé Ladsous, per sostenere il governo di Kinshasa. Attraverso l’ONU, la Francia non ha mai lesinato gli sforzi per assicurare il mantenimento al potere di Joseph Kabila.
«I nostri ufficiali rappresentano la Francia in seno a tali comandi (del DPKO, ndr) e la loro azione volontaristica permette di servire direttamente gli interessi strategici e operativi del loro paese. Una forza di mantenimento della pace delle Nazioni Unite può permettere alla Francia di evitare una costosa operazione nazionale risparmiandole rischi politici, e di raggiungere i suoi obiettivi politico-militari», affermerà più tardi su una rivista militare questo generale di divisione proveniente dalla Marina.
Con Ladsous, Boubée de Gramont è a capo della forza della MONUSCO in un sistema di alleanze ibride che mobilita, con le FARDC, milizie locali come APLCS e l’FDLR, i ribelli hutu ruandesi responsabili del genocidio dei tutsi nel 1994 nel paese delle mille colline ed ex compagni d’armi dei militari francesi. Paradosso vuole che la revisione strategica avviata nel 2009 in seno al DPKO fosse stata finalizzata, almeno nelle intenzioni dichiarate, allo sradicamento di questo gruppo...
Azione segreta e pressione psicologica
Durante la guerra contro l’M23, i combattimenti convenzionali furono accompagnati da azioni segrete e da una forte pressione psicologica su questo movimento e sulle popolazioni. Molte bombe furono sganciate su Goma, nel Nord Kivu, e in territorio ruandese. Degli atti seguiti da una campagna mediatica che ne attribuiva la responsabilità all’M23.....
Nel luglio 2013 Boubée de Gramont lascia la MOMUSCO. Lo sostituisce... Baillaud, che ha appena terminato il suo mandato all’Ufficio degli affari militari del DPKO, giusto in tempo per volare verso la RDC e poi andare in Uganda per partecipare alle discussioni preliminari agli Accordi di pace tra l’M23 e il governo congolese. Secondo una delle nostre fonti dell’epoca, il generale «inquadrava» gli ufficiali superiori delle FARDC presenti ai colloqui.
Il dispiegamento della Brigata fu deciso, secondo i testi per neutralizzare non solo l’M23, ma l’insieme dei gruppi armati dell’Est. Alla fine del 2013, viene annunciata una seconda campagna, orientata in linea di principio contro le FDLR; tuttavia il MONUSCO cambia rotta e suggerisce al governo congolese di procedere allo sradicamento dell’Allied Democratic Force (ADF), una ribellione ugandese attiva nel Grande Nord del Nord Kivu dal 1995.
È l’inizio di una serie di eventi turbolenti che coinvolgeranno l’esercito congolese in un contesto di forze oscure che agiscono nell’ombra.
Il primo ad essere incaricato delle operazioni contro l’ADF è il colonnello Mamadou Ndala, assassinato il 2 gennaio 2014, a Beni. Il movente e le circostanze esatte della sua morte non saranno mai chiariti, tuttavia, la corte militare riunita a Beni in novembre dello stesso anno condannerà alla pena capitale l’imputato principale, il colonnello dell’FARDC Samuel Birotsho, ex alto ufficiale della rivolta del RCD-K-ML di Mbusa Nyamwisi, accusato di collusione con l’ADF.
Entra in scena Mundos
Queste ultime saranno sconfitte a Madina nell’aprile 2014 dal generale Bahuma, inviato sul posto dopo l’omicidio di Ndala. Circa nello stesso periodo, Kinshasa aveva inviato a Beni un generale della Casa Militare del presidente Kabila, Akilimali Muhindo Mundosi, detto Mundos. Doveva indagare sui presunti preparativi di una nuova rivolta in gestazione da parte di vecchi elementi dell’RCD-K-ML, che avevano mantenuto una catena di comando parallela all’interno delle FARDC e progettavano di deporre Joseph Kabila.
Ad agosto, Bahuma muore improvvisamente e misteriosamente in Sudafrica. Mundos prende il suo posto a capo di un’unità speciale, la 31ª Brigata. Tra i suoi ranghi è anche integrato un colonnello membro del Consiglio nazionale di sicurezza (CNS) e analista personale di Kabila in materia di sicurezza.
Sul posto da marzo e ufficialmente per mobilitare i gruppi armati chiamati Mai Mai e convincerli ad allearsi con le FARDC, Frank Ntumba, questo è il nome dell’allora colonnello, probabilmente collaborava già con Mundos nel quadro di una missione segreta.
All’inizio di ottobre 2014, iniziano a Beni i primi massacri di contadini. Si apre un ciclo infernale, ancora in corso oggi. Le versioni ufficiali, governativa e delle Nazioni Unite, attribuiscono rapidamente i fatti all’ADF, malgrado che questa ribellione fosse stata appena disfatta e non si fosse mai distinta negli omicidi di civili.
A novembre 2014, un rapporto di deputati inviati a Beni per indagare, riferisce quanto segue: ordini contraddittori all’interno dell’FARDC, ufficiali che impediscono ai loro subordinati di intervenire durante le carneficine, che si svolgono anche vicino alle loro posizioni, complicità di alcuni ufficiali con gli assassini, «Immobilismo o inazione della MONUSCO».
Altre relazioni, tra cui quella delle Nazioni Unite, poi inchieste e reportages, mettono in discussione la versione ufficiale. Il nome di Mundos, degli ufficiali della 31ª Brigata e di altri reggimenti ritornarono sistematicamente: tutti sarebbero stati coinvolti nei massacri e, secondo alcune fonti, ne sarebbero stati i promotori.
È edificante leggere, tra gli altri, questi estratti della sintesi del Comitato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (CSNU) che presiede alle sanzioni contro individui o entità ritenuti responsabili di violazioni dei diritti umani e/o di crimini di guerra. Secondo il testo, datato febbraio 2018: «Mundos ha reclutato ed equipaggiato ex combattenti di gruppi armati locali affinché partecipassero a esecuzioni extragiudiziali e ai massacri perpetrati dall’ADF.
Mentre era il comandante dell’operazione Sukola I delle FARDC, Mundos ha dato supporto e anche comandato una fazione di un sottogruppo dell’ADF, noto come ADF-Mwalika. Sotto il comando di Mundos, l’ADF-Mwalika ha compiuto attacchi contro civili con il sostegno supplementare dei combattenti delle FARDC, anche in questo caso sotto il comando di Mundos durante le operazioni».
La Scuola di guerra di Kinshasa
Tuttavia, più di tre anni dopo la pubblicazione, che include Mundos nell’elenco delle persone sanzionate dalle Nazioni Unite, queste continuano a sostenere sul campo un esercito coinvolto in atrocità commesse contro le popolazioni. D’altronde e una volta partito da Beni, Mundos ha continuato la scalata nelle gerarchie dell’FARDC.
Nel gennaio 2021, il presidente della Repubblica Democratica del Congo Tshisekedi ha inaugurato la Scuola di Guerra di Kinshasa che è frutto del CHESD, il Collegio degli alti studi di strategia e difesa di Kinshasa, fondato dalla società francese THEMIIS (The Management Institute for International Security) e di cui il generale Baillaud è stato direttore accademico prima di lasciare il suo posto alla MONUSCO, nel luglio 2016.
Se la tragedia di Beni e dell’ADF si rivela così essere la storia di una contro insurrezione condotta secondo i suoi metodi più radicali (creazione di gerarchie parallele nell’esercito e mobilitazione di una falsa ribellione per attaccare i civili e inoculare la paura nelle popolazioni), è lecito o meno chiedersi se i suoi autori locali, nascosti in uno scenario oscuro e di dissimulazione, non fossero stati formati ai principi della «Guerra Rivoluzionaria» della Scuola Militare di Parigi, la più estrema delle dottrine anti-sovversive?
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