Dopo 102 giorni di sciopero della fame le condizioni di salute di Alfredo Cospito sono ovviamente al limite della sopravvivenza. E il governo italiano deve soltanto decidere se vuole lasciarlo morire oppure no.
La nota di Palazzo Chigi diramata ieri – “Lo Stato non scende a patti con chi minaccia. Azioni del genere non intimidiranno le istituzioni. Tanto meno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici” – lascia chiaramente intendere che la morte del prigioniero anarchico è già stata messa in conto dall’esecutivo a guida post-fascista. Secondo antica tradizione, insomma...
Partiamo dalle condizioni di salute, chiarite dal suo medico di fiducia, Angelica Milia: “È partito da un indice di massa corporea da obeso e ora stiamo andando verso il sottopeso, rischiamo questioni irrisolvibili per gli organi – spiega la cardiologa all’Adnkronos –. Abbiamo avuto un ulteriore calo del potassio e abbiamo aumentato la terapia: ha perso un altro chilo e sta andando incontro al sottopeso rispetto all’indice di massa corporea”.
“Quando si perde oltre il 50 per cento del peso corporeo iniziale, intervengono questioni irreversibili – continua Milia –. Andando avanti col digiuno si intaccano i muscoli prima, poi gli organi interni e alla fine i muscoli respiratori e il cuore. Prima aveva un indice di massa corporea sopra i 30, ora siamo vicini ai 20. Arrivati a quelle condizioni l’organismo cerca energia anche nel poco grasso che trova nella guaina nervosa dei nervi”.
“Se va in fibrillazione ventricolare con arresto cardiaco lo si rianima, ma poi? – si chiede il medico –. Anche spostandolo in un’altra struttura, dove si possa operare più in fretta, cambierebbe poco. Il fisco è intaccato in modo grave e il recupero sarebbe difficile perché non vuole neanche l’alimentazione forzata. Non si può fare altro che toglierlo dal 41-bis”.
Di fronte a questo quadro clinico il sottosegretario alla giustizia Andrea Ostellari risponde che “Cospito è monitorato 24 ore al giorno. Nonostante il suo prolungato sciopero della fame, la decisione sulle sue condizioni spetta ai medici. E se loro sostengono che la sua situazione è sotto controllo ci dobbiamo fidare. Inoltre la Cassazione, che ha anticipato il suo pronunciamento, si esprimerà sulla fine del carcere duro, in modo autonomo e sereno. Chi deve decidere nel merito non deve farlo sulla base di minacce e attentati”.
Sulla fiducia da nutrire nei confronti dei medici dipendenti dal ministero di via Arenula basterebbe forse il ricordo di quelli presenti a Bolzaneto, nel 2001. Ma meglio lasciar perdere...
Ma Ostellari ha saputo dire anche di peggio: “Eventuali atti di clemenza sono concessi quando c’è un ravvedimento, una buona condotta. Non mi pare che Cospito si sia ravveduto e inoltre lo Stato non sta compiendo alcun illecito contro di lui. Si è dichiarato apertamente terrorista ed è stato condannato, non è in una fase di misura cautelare”.
Il sottosegretario sembra ignorare che la “buona condotta” non è legata alle convinzioni del detenuto, ma ai suoi comportamenti. E in più lega apertamente gli “atti di clemenza” al “ravvedimento” o “pentimento”. Confessa, insomma, che il 41bis è una forma consapevole di tortura per ottenere “l’abiura” del prigioniero. Come durante l’Inquisizione...
Sabato scorso la manifestazione di solidarietà con Alfredo è stata caricata dalla polizia, che ha proceduto a fermare 41 persone. Nella notte, poi, una bottiglia molotov è stata lanciata contro il commissariato Prenestino di Roma, senza causare danni.
In più, anonimi hanno fatto recapitare una busta contenente un proiettile al PG di Torino. E tanto serviva a far gridare al bisogno delle “fermezza” contro il prigioniero.
Un florilegio di dichiarazioni a favore di telecamera, in un crescendo delirante. Si va dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che spiega: “Questi gravissimi (?) fatti dimostrano che chi ha deciso di infliggere il carcere duro a Cospito aveva visto giusto nel ritenerlo ancora un leader, un riferimento forte per una vasta compagine anarchica ritenuta pericolosa”.
Il sottosegretario non riesce forse a rendersi conto che Alfredo è diventato un “riferimento” proprio a causa dell’incredibile applicazione nel suo caso di una condanna all’ergastolo ostativo per una cosiddetta “strage contro lo Stato” che non ha provocato né morti, né feriti, né danni. Il confronto con Piazza Fontana e altre stragi di Stato – tutte senza colpevoli – è impietoso.
E dunque il sottosegretario mostra di non conoscere neanche il dispositivo del 41bis, che dovrebbe – secondo le maldestre intenzioni dei suoi inventori – “impedire che i detenuti continuino a dirigere dal carcere le organizzazioni che avevano guidato”. Cosa che non si può neanche pensare per un’area informale che non prevede comunque né dirigenti né tanto meno “capi”, come quella anarchica.
L’“influenza morale” del prigioniero, che di per sé non sarebbe neanche un reato o una condizione “aggravante”, gli deriva semmai da quello che lo Stato gli sta facendo. Dunque tirarlo fuori dal 41bis contribuirebbe a ridurre ogni tensione intorno al suo nome e al suo corpo.
Troppo difficile da capire per chi identifica “la legge” con la propria volontà, al di fuori di qualsiasi codice penale e Costituzione. O troppo comodo poter gridare al “terrorismo” quando questo pericolo manifestamente non esiste (una bottiglia contro un muro è stato sempre considerato un banale “atto dimostrativo”; un proiettile in una busta può essere stato inviato da chiunque, anche da chi vuol male ad Alfredo).
Troppo facile vestirsi di “fermezza” in questo caso, attingendo ad un vocabolario di 50 anni fa e ad un immaginario infame messo assieme dalla complicità storica tra Democrazia Cristiana e PCI.
E infatti prova a riportare la discussione sul piano concreto il legale di Alfredo, Flavio Rossi Albertini, che stigmatizza il tentativo di portare il dibattito sulla falsariga della “linea della fermezza” per il sequestro Moro: “L’esecutivo sembra fermo al marzo del 1978. Qui non si discute se ‘cedere alle pressioni’, ma se ricorrono le condizioni per mantenere il mio assistito al 41 bis”.
Ed anche il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, che degli esiti di quella stagione era stato protagonista (creando l’associazione Antigone), prova a portare un lampo di concretezza in un cortocircuito parolaio e ideologico: “Io non entro nel merito, se non per l’aspetto sanitario. Però non è vero che la revoca (del 41 bis, ndr) sia giuridicamente impossibile. Per gli atti amministrativi la possibilità esiste sempre, al di là della legge sul 41 bis”.
Uno Stato che non sa correggere un proprio “atto amministrativo”, oltretutto palesemente assurdo nel caso specifico (una strage senza vittime né danni) oltre che incostituzionale (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), non merita neanche di fregarsi di quella qualifica...
Noi non abbiamo dubbi sul fatto che ci sia, nel governo e fuori, chi pensa di poter guadagnare qualcosa dalla morte di Alfredo. Anche per questo, oltre che per ragioni di umanità e giustizia, va tolto subito dal 41bis.
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