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10/06/2024

Dopo le elezioni anticipate la Francia guiderà ancora il fronte dei “falchi” nel conflitto ucraino?

Alle 21 di domenica 9 Giugno, Macron, con un discorso televisivo alla nazione, ha annunciato lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale e ha convocato le elezioni politiche per il 30 giugno, con il secondo turno fissato al 7 luglio.

È un terremoto politico che potrebbe cambiare la funzione che, con Macron, la Francia ha assunta nel conflitto ucraino e che si stava ulteriormente consolidando con la recentissima visita di Zelensky a Parigi.

Andiamo con ordine.

Giovedì 6 giugno durante un’intervista televisiva su TF1 e France 2, a margine delle celebrazioni per l’80° anniversario dello sbarco in Normandia, Emmanuel Macron ha annunciato a sorpresa che la Francia avrebbe finalmente inviato aerei da combattimento in Ucraina.

Un “programma di trasferimento” di Mirage 2000-5 sarà lanciato “domani”, aveva dichiarato il capo di Stato, alla vigilia della visita a Parigi del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Mentre numerose fonti all’interno delle forze armate e dell’esecutivo hanno suggerito negli ultimi mesi di rinunciare ad una simile proposta, ritenuta troppo complessa, consigliando invece l’invio di F-16 americani proposto da altri Paesi – Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e Norvegia – questo annuncio aveva segnato una rottura nel grado di coinvolgimento dell’Europa nella guerra.

Il Capo dello Stato non aveva specificato il numero di Mirage che potrebbero essere inviati, ma ha ammesso che si stava “costruendo una coalizione con altri partner”, e che questo potrebbe richiedere “cinque o sei mesi”.

In pratica, da sola la Francia non ha molte possibilità di consegnare all’Ucraina un numero ragionevole di aerei da combattimento. “L’aeronautica francese ha a disposizione solo un numero limitato di aerei (26 Mirage 2000-5, su circa 200 Mirage e Rafale). Questi sono appena sufficienti per svolgere tutte le missioni di cui è responsabile quotidianamente (sorveglianza del territorio, deterrenza, partecipazione alle missioni della NATO, ecc.)”, riferisce Elise Vincente in un articolo per il quotidiano Le Monde.

“L’ultimo squadrone da caccia francese che vola con i Mirage 2000-5 è lo squadrone 1/2 Cigognes, basato a Luxeuil (Haute-Saône). Ma ritirare gli aerei da questo squadrone e darli a Kiev equivarrebbe a condannarlo. Un’altra opzione, ventilata negli ambienti specializzati, sarebbe quella di inviare agli ucraini i Mirage 2000-5 attualmente nelle mani del Qatar, che da diversi anni sta cercando di venderli all’Indonesia. A febbraio, Giacarta ha inaspettatamente rinunciato all’acquisto di dodici velivoli, per un valore di circa 700 milioni di euro”, specifica Le Monde.

I Mirage 2000-5 sono i più vecchi aerei da combattimento dell’Aeronautica Militare, insieme ai Mirage 2000-D, che anche Kiev aveva richiesto. Dovrebbero essere sostituiti entro il 2029. Tuttavia, sono ancora ampiamente utilizzati. In particolare a Gibuti, dove i velivoli sono basati permanentemente come parte dell’accordo di difesa con il Corno d’Africa. Alcuni di questi velivoli sono stati impiegati a marzo per intercettare i droni Houthi nel Mar Rosso.

Sono quindi aerei operativi già impiegati in missioni piuttosto delicate.

“Negli ultimi mesi, i Mirage 2000-5 sono stati utilizzati anche per difendere i cieli sopra gli Stati baltici dall’Estonia e dalla Lituania”, spiega Elie Tenenbaum, direttore del Centro studi sulla sicurezza dell’Istituto francese di relazioni internazionali, autore di un documento che sarà pubblicato a metà giugno sull’impegno della Francia sul fianco orientale dell’Europa.

Alla fine di febbraio, poco dopo la firma dell’accordo di cooperazione tra Francia e Ucraina, il Ministero della Difesa francese ha rivelato che alcuni Mirage 2000-5 avevano intercettato dei caccia russi al largo delle coste lettoni.

I piloti di questi Mirage, una volta “venduti” a Kiev saranno “addestrati in Francia”, aveva dichiarato il Capo di Stato giovedì sera. Una dozzina di piloti ucraini hanno già iniziato il loro addestramento all’inizio dell’anno in una base nel sud-ovest della Francia.

Inizialmente erano stati presentati come destinati a pilotare gli F-16, e l’esercito francese si era accontentato di fornire loro un addestramento iniziale. La fornitura di Mirage potrebbe cambiare le cose.

È la terza volta che l’Esagono supera una “linea rossa” nella fornitura di armi a Kiev, e più in generale nel sostegno militare all’Ucraina.

Dopo l’annuncio dell’invio di carri armati leggeri nel gennaio 2023 e poi di missili a lungo raggio, nel luglio 2023, l’annuncio dei caccia segna un nuovo passo nel sostegno militare della Francia all’Ucraina.

“Il Mirage 2000-5 è un aereo configurato per la difesa aerea e il combattimento aria-aria, non per colpire la Russia, ma segna la volontà della Francia di fornire all’Ucraina una vera capacità aerea difensiva, in un momento in cui Kiev si trova in una posizione molto precaria in questo settore”, aggiunge Tenenbaum.

Il 18 maggio, Zelensky ha stimato che l’Ucraina ha bisogno di costruire una flotta di 120-130 aerei da combattimento, se vuole limitare il dominio dei cieli da parte della Russia.

Ma l’annuncio di Macron non era l’unica novità rispetto all’impegno francese in Ucraina.

Giovedì sera, Macron aveva anche rivelato che l’obiettivo della Francia è addestrare circa 4.500 nuovi soldati ucraini, l’equivalente di una “brigata”. Tuttavia, non ha specificato se ciò si baserà sugli accordi già esistenti in Francia e Polonia, che hanno fin qui addestrato circa 10.000 ucraini dall’inizio della guerra, o su un’altra opzione.

Tra il personale militare addestrato vi sono anche i neonazisti della Azov, come ha documentato un’inchiesta di Mediapart che avevamo tradotto.

L’addestramento in Ucraina da parte dell’Occidente

Mentre la possibilità di inviare istruttori occidentali in Ucraina è ancora oggetto di dibattito tra gli alleati, il capo di Stato aveva nuovamente sostenuto questa ipotesi: “La questione dell’addestramento in Ucraina è posta dagli ucraini (...). Stiamo lavorando con i nostri partner (...). Perché dovremmo escluderlo?”

Questa possibilità era stata paventata in un articolo di Le Monde del 30 maggio, a firma Philippe Ricard e Cédric Pietralunga.

“Non c’è ancora nulla di definitivo, ma potrebbe essere questione di settimane, o addirittura di giorni, prima che gli istruttori francesi ed europei vengano inviati in Ucraina. Secondo le nostre informazioni, le autorità francesi stanno cercando di mettere insieme una coalizione di Paesi disposti ad addestrare le forze ucraine assediate dall’esercito russo sul campo”, avevano rivelato i due giornalisti.

“Secondo fonti confermate, le consultazioni su questo tema dovrebbero accelerare nei prossimi giorni, in vista di un possibile annuncio in occasione della visita del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky in Francia per l’80° anniversario dello sbarco in Normandia, il 6 e 7 giugno. Emmanuel Macron potrebbe allora svelare i contorni di tale iniziativa, tre mesi e mezzo dopo aver dichiarato, il 26 febbraio, che non avrebbe escluso l’invio di rinforzi militari occidentali in Ucraina”, continua l’articolo di Le Monde.

Questa ipotesi era stata ventilata dallo stesso Macron in un summit organizzato a sostegno dell’Ucraina, a Parigi, di fronte a diversi rappresentanti politici occidentali, sia europei che nord-americani e canadesi.

Macron ebbe il merito, diciamo così, di esplicitare chiaramente ciò che passa in testa alle oligarchie europee affermando: “noi siamo convinti che la sconfitta della Russia sia indispensabile alla sicurezza e alla stabilità dell’Europa”, ed era ben consapevole che la possibilità di un impiego diretto di truppe europee in Ucraina, fin qui visto come un tabù, avrebbe avuto bisogno di tempo per diventare praticabile.

Un viatico per arrivarci sembrerebbe essere l’addestramento in loco degli ucraini.

La questione è stata sollevata martedì 28 maggio tra il Presidente francese e il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a margine della riunione del Consiglio dei ministri franco-tedesco al castello di Meseberg, a nord di Berlino.

Il giorno prima, parecchie ipotesi erano state avanzate in seguito all’annuncio prematuro di un accordo in materia da parte dello Stato Maggiore ucraino, con grande disappunto delle autorità francesi. La parte ucraina è stata poi costretta a ridimensionare i propri commenti.

“Non ho l’abitudine di commentare voci o decisioni che potrebbero accadere”, aveva dichiarato martedì Emmanuel Macron a Olaf Scholz, riferendosi a “comunicazioni scoordinate e infelici”. Ma non aveva negato la prospettiva di un tale dispiegamento.

L’idea, in concreto, sarebbe quella di inviare inizialmente alcune decine di specialisti per identificare le esigenze di formazione. Poi, in una seconda fase, una missione di diverse centinaia di soldati. Il piano è quello di addestrare gli “sminatori” o anche, come immagina la Francia, di addestrare i soldati di una nuova brigata motorizzata.

Mentre la Germania continua ad essere molto cauta sull’invio truppe in Ucraina, compresi gli istruttori, è probabile che altri Paesi si uniscano a questa “coalizione”.

“Potremmo rimandare in Ucraina gli istruttori (...) che erano già lì [prima dell’invasione russa]. La Lituania è pronta a unirsi a una coalizione guidata, ad esempio, dalla Francia, che addestrerebbe i soldati in Ucraina“, ha dichiarato a metà maggio il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis. Secondo fonti baltiche, desiderose di avere maggiori dettagli da parte francese, anche i britannici potrebbero essere interessati a tale iniziativa.

La Francia di fatto sta divenendo la potenza di punta nel fronte dei “falchi” che spingono per un maggiore coinvolgimento nella guerra in Ucraina, sorpassando sia i baltici (Estonia, Lituania e Lettonia) che i britannici.

In un’intervista pubblicata dal Financial Times britannico il 20 maggio, il primo ministro estone Kaja Kallas, anch’egli favorevole al progetto, ha affermato che gli alleati di Kiev non dovrebbero temere di essere coinvolti in una guerra con Mosca se gli addestratori europei fossero presi di mira da un attacco russo.

“Non posso immaginare che, se qualcuno viene ferito laggiù, coloro che hanno inviato i loro uomini dicano: ‘È l’articolo 5 [la clausola di mutua difesa della NATO]. Bombardiamo la Russia’. Non è così che funziona. Non è automatico“, ha spiegato il leader baltico.

Ma sono affermazione che non tranquillizzano nessuno, spiccioli di propaganda di guerra che coprono poco e male le intenzioni reali.

Per diverse capitali europee, questo addestramento sul suolo ucraino sarebbe la naturale estensione del programma European Union Military Assistance Mission Ukraine (EUMAM), lanciato nell’autunno del 2022 dall’Unione Europea per addestrare i soldati di Kiev nel Vecchio Continente, al quale partecipano 24 Paesi membri più la Norvegia.

Il programma ha già addestrato 52.000 soldati ucraini – l’equivalente di quindici brigate – in una serie di tecniche di combattimento terrestre, oltre che nello sminamento, nella lotta contro le minacce nucleari, radiologiche, biologiche e chimiche, nella manutenzione delle attrezzature e così via.

Secondo lo Stato Maggiore delle Forze Armate, solo la Francia ha addestrato più di 12.000 uomini. E non è finita qui: secondo Bruxelles, altri 8.000 soldati saranno addestrati da qui all’estate nell’ambito dell’EUMAM.

Aggiungono i giornalisti di Le Monde, autori dell’inchiesta sui piani di addestramento in Ucraina: “Secondo le forze armate occidentali, l’addestramento dei soldati ucraini sul loro territorio non solo li renderebbe più efficaci, ma limiterebbe anche i rischi legati agli spostamenti. La maggior parte dell’addestramento fornito dagli europei si svolge attualmente in Polonia, Germania e Regno Unito, il che richiede grandi sforzi logistici e allunga i tempi di disponibilità dei soldati ucraini. Kiev soffre di una mancanza di manodopera ed è riluttante a rilasciare i soldati schierati in prima linea. Nell’autunno del 2023, un corso di addestramento tenuto in Francia ha dovuto essere posticipato di un mese a causa della mancanza di candidati inviati dallo Stato Maggiore ucraino.”

Un particolare di non poco conto, quello dell’insufficienza di uomini da utilizzare come “carne da cannone”, che spingerebbe quindi per un addestramento in loco, costringendo nel frattempo i soldati a rimanere al fronte, e probabilmente impegnando Kiev (insieme agli stati Europei) a dare la caccia a tutti coloro che potrebbero essere arruolati.

La visita di Zelensky a Parigi

Il bilancio della recente visita di Zelensky a Parigi sembra confermare questo protagonismo francese ed allo stesso tempo una ancora maggiore polarizzazione tra il Presidente, il “governo di minoranza” guidato dalla sua formazione, e l’opposizione.

Stando ai risultati elettorali della formazione di Macron, e tenendo conto dell’affluenza alle urne, solo una parta estremamente minoritaria del Paese lo seguiva.

Oltre ai punti che abbiamo toccato, la visita ha consolidato i rapporti tra Francia e Ucraina rispetto al complesso militare-industriale e il ruolo di Parigi nel business della ricostruzione del Paese.

La Francia, altresì, si è posta nuovamente come la “testa di ponte” per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO.

Il Presidente ucraino, che venerdì mattina ha chiesto un maggiore sostegno davanti all’Assemblea Nazionale, è stato poi ricevuto dal Ministro delle Forze Armate e successivamente all’Eliseo. La visita ha permesso di finalizzare una serie di accordi a sostegno dell’Ucraina.

“Questa guerra può diffondersi, proprio come è successo ottant’anni fa (…) Negli anni Trenta Hitler ha superato una linea dopo l’altra. Putin sta facendo lo stesso“, ha raccontato Zelensky agli eurodeputati. Se ha ringraziato i politici e i leader francesi per il loro sostegno, è stato per convincerli a prolungarlo quanto necessario, e persino ad amplificarlo ulteriormente.

Subito dopo, l’esecutivo francese ha cercato di mettere in pratica queste promesse di sostegno, sia militare che diplomatico. Volodymyr Zelensky è stato ricevuto all’Eliseo per un incontro e una cena a tu per tu con Emmanuel Macron. Gli annunci più spettacolari erano già stati fatti il giorno prima in televisione dal Presidente dell’Eliseo, in particolare la vendita di aerei Mirage 2000-5 a Kiev.

Sul fronte diplomatico, prima dell’annuncio delle nuove elezioni, il capo di Stato francese aveva confermato che parteciperà al “vertice di pace” organizzato nei pressi di Lucerna (Svizzera) il 15 e 16 giugno, per contare il sostegno di Kiev contro Mosca.

Alla conferenza non è però stata invitata la Russia (il che dice molto su quale “pace” dovrebbe disegnare la “conferenza”), mentre se ne tengono distanti la Cina e molti Paesi del Sud globale. Tuttavia, si prevede che Emmanuel Macron faccia una breve sosta a questo incontro, sabato 15 giugno, di ritorno dal vertice G7 di Bari (13-15 giugno), in Italia.

Un mese prima del vertice NATO – a Washington, dal 9 all’11 luglio – il Presidente francese aveva anche ribadito il suo “impegno per un riavvicinamento irreversibile dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica”. Questo è un pomo della discordia con gli Stati Uniti e la Germania, che non vogliono invece accelerare l’integrazione di Kiev per paura di un’escalation incontrollabile con la Russia.

Nel corso della quarta visita di Zelensky in Francia sono stati conclusi diversi accordi, tra cui la creazione di un fondo di 200 milioni di euro per sostenere gli investimenti dei gruppi francesi in progetti infrastrutturali in un Paese in guerra e alle prese con un prevedibilmente lungo processo di ricostruzione.

È stato inoltre confermato l’invio di “esperti tecnici” dell’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD), che ha recentemente aperto una filiale a Kiev. L’agenzia dispone di una linea di credito di 400 milioni di euro in prestiti e 50 milioni di euro in sovvenzioni per il periodo 2024-2027.

Accanto a Zelensky, alla fine della mattinata, il ministro delle Forze armate Sébastien Lecornu ha rivelato che i 4.500 soldati ucraini per formare una nuova brigata entro il 2025 saranno addestrati in Francia o in Polonia nell’ambito dell’operazione Gerfaut, ma non in Ucraina. Questo progetto fa parte della più ampia ambizione di tutti i Paesi occidentali di formare “15-20 brigate” della stessa dimensione, ha aggiunto.

Sono state inoltre firmate due lettere di intenti tra KNDS – un conglomerato franco-tedesco specializzato in armamenti terrestri, che riunisce la tedesca Krauss-Maffei Wegmann e la francese Nexter – e un’azienda ucraina chiamata Enmek, che produce riduttori, motori elettrici per gru e parti per attrezzature agricole. La prima lettera riguarda la creazione di un centro di manutenzione per i cannoni Caesar, mentre la seconda mira a creare una partnership per la stampa 3D di parti di ricambio.

L’unico contratto firmato ufficialmente venerdì è stato quello per il trasferimento della produzione di proiettili da 155 mm, che lega la KNDS a un’altra azienda ucraina – la KZVV – specializzata nella produzione di macchine utensili.

“La Francia e la sua Assemblea Nazionale sono al vostro fianco”, aveva assicurato in mattinata il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Yaël Braun-Pivet, al Presidente ucraino. Nell’emiciclo, tuttavia, c’erano appena 200 deputati – su 577 – disposti ad assistere all’ennesima dichiarazione di un presidente in guerra da oltre due anni e ormai “fuori mandato”.

Alcuni hanno affermato di esser stati trattenuti nelle loro circoscrizioni causa le elezioni europee, mentre altri hanno semplicemente rifiutato l’invito tardivo del Presidente dell’Assemblea, a poche ore dalla fine della campagna elettorale europea.

Mancavano all’appello diversi presidenti di gruppi parlamentari, tra cui il deputato dei Républicains Olivier Marleix, l’insoumise Mathilde Panot, il comunista André Chassaigne e il deputato di Horizons Laurent Marcangeli.

A sinistra, i deputati chiedono un dibattito e un voto vincolante sul crescente investimento militare della Francia nel conflitto russo-ucraino.

Il Capo di Stato non ha esitato a rispondere alle legittime critiche dell’opposizione: “Conosciamo questo campo di pacifisti, è il campo dei capitolardi, è lo spirito della sconfitta”, aveva commentato Emmanuel Macron per giustificare la sua azione.

Ma se fin qui Macron aveva potuto guidare il fronte dei “falchi”, interpretando gli interessi di quella borghesia europea che vede nell’avventurismo bellicista e nella torsione autoritaria l’unica chance per dare all’Unione Europea un profilo di primo piano nel mondo multipolare, dopo il 7 luglio il quadro potrebbe cambiare. Persino in peggio...

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