È arrivato infine il tanto atteso taglio dei tassi da parte della BCE. In questo modo l’Eurotower rispetta le aspettative da lei stessa create negli ultimi mesi e si distanzia dalla politica della FED statunitense, che non prevede un cambiamento della sua strategia monetaria prima di fine anno.
Il taglio ammonta a 25 punti sia sui depositi (che vanno dal 4% al 3,75%) sia sul tasso di riferimento (sceso dal 4,50% al 4,25%), sia infine quello sui prestiti marginali (dal 4,75% al 4,50%). La piattaforma Facile.it ha calcolato che ciò comporterà, per un mutuo a tasso variabile medio, una riduzione di 18 euro al mese: quasi nulla se si pensa che chi ha sottoscritto un mutuo da 126.000 euro in 25 anni ha visto aumentare la rata di oltre il 60%.
Molti analisti hanno pensato, nelle scorse settimane, che questo sarebbe stato solo il primo di tre tagli attesi nel 2024. Eppure, i dati economici dell’ultimo periodo rendono di gran lunga più incerto quello che accadrà da luglio in poi. L’inflazione è leggermente aumentata a maggio rispetto ad aprile, e l’andamento discendente degli ultimi mesi, seppur non è scomparso, è andato rallentando.
Le aspettative del mercato, indicate da quello che è definito inflation swap 5y5y, hanno collocato l’obiettivo sull’inflazione leggermente sopra al 2% (2,24%-2,35%). Ma non è detto che la BCE, che ha comunque accettato che l’inflazione rimarrà sopra il 2% per buona parte del 2025, decida di accontentarsi e di non tentare di abbassarla ulteriormente.
E tuttavia, l’allentamento monetario sarebbe fondamentale ora per sostenere il rilancio dell’economia, degli investimenti e dei prestiti. In questo senso si era già espresso il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, che si era spinto persino oltre, affermando che qualcosa ai salari bisognava pur dare.
Quella delle retribuzioni è infatti una delle preoccupazioni dell’Eurotower. I salari e il costo del lavoro per ora lavorata sono tornati ad aumentare e la BCE non nasconde che il recupero parziale del potere d’acquisto perso (e cioè siamo lontani da quello precedente la spirale inflattiva) è utile per far girare il mercato. E allo stesso tempo, però, mettono paura ai vertici della banca.
Questi aumenti, come suggerito da Panetta, dovrebbero dunque essere assorbiti dalla riduzione dei margini di profitto, che hanno goduto di una vera e propria impennata nella prima fase dell’inflazione. Ma far accettare questa prospettiva a tanti rapaci imprenditori non è affatto facile, anche se già ora in minima parte sta avvenendo.
Rimane tuttavia il problema che, appunto, l’imprenditoria si oppone alla riduzione dei propri guadagni. E dunque immaginare ulteriori tagli, che disallineino ampiamente i tassi tra le due sponde dell’Atlantico, non sembra facile, perché potrebbero invogliare i capitali europei a spostarsi negli USA, dove le rendite e i dividendi risulterebbero più sostanziosi.
Ci troviamo in un sistema ostaggio dei profitti e della finanza. E allo stesso tempo risulta evidente che se la UE vuole continuare sulla strada di assumere maggiore autonomia strategica, non solo in campo militare ma anche in quello industriale, è necessario che i capitali non se ne vadano dal continente, a discapito della maggioranza della popolazione che dovrà pagare i costi per gli alti tassi.
Ad ora, l’aumento di qualche decimo di punto percentuale del PIL nel primo trimestre dell’anno e la flessione del calo dei prestiti permette alla BCE di ragionare ancora sulla possibilità di mantenerli tali. Ma questo approccio senza programmazione mostra l’incapacità della sua dirigenza di guardare sul lungo periodo e di immaginarsi modelli di sviluppo diversi da quello che oggi si è incancrenito in una crisi senza uscita.
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