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16/11/2024

Israele - Dall’ONU nuove accuse di genocidio a Gaza

Nel nord di Gaza non ci sono ambulanze in servizio e in ogni caso non potrebbero arrivare. Non ci sono strade percorribili, ma solo una distesa di macerie e scheletri di palazzi sventrati dalle bombe e dalle cannonate. Il dottor Hussan Abu Safiya anche ieri non ha mancato di descrivere ciò che vede e che accade intorno al suo ospedale, il Kamal Adwan, anch’esso preso di mira in più di una occasione e sotto intimazione di sgombero da parte dell’esercito israeliano. C’è qualcosa che più ogni altra lacera l’anima ogni giorno di Abu Safiya: «Sono le urla di disperazione e dolore delle persone intrappolate sotto le macerie delle case colpite. Noi siamo impotenti, non possiamo far nulla per salvarle. Le sentiamo, poi le voci spariscono…le case diventano tombe. Questa scena si ripete ogni giorno».

Le urla di chi chiede invano aiuto sono solo un aspetto, tra i più drammatici, dell’inferno in cui il nord di Gaza è stato trasformato dall’ultimo devastante attacco israeliano cominciato sei settimane fa. Il campo profughi di Jabaliya, le città di Beit Lahiya e Beit Hanoun e i villaggi vicini, dopo l’attacco di Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre 2023, erano stati subito bersaglio di raid aerei e del fuoco dell’artiglieria. I carri armati sono entrati altre volte nel nord per quelle che Israele definisce «operazioni contro i terroristi», i combattenti di Hamas e di altre organizzazioni armate. Anche ieri il portavoce militare ha riferito dell’uccisione di «decine di terroristi» e del ritrovamento di una «grande quantità di armi». A Gaza parlano invece di 24 civili uccisi – il bilancio totale dal 7 ottobre 2023 si avvicina a 44mila – e Medici senza Frontiere denuncia che Israele, senza alcuna spiegazione, sta bloccando l’evacuazione in Giordania di 8 bambini che necessitano di urgenti cure specialistiche. Negli ultimi mesi Msf ha richiesto l’evacuazione medica di 32 bambini e i loro tutori. Solo 6 di loro sono stati autorizzati a lasciare la Striscia. Secondo l’Oms, ci sono almeno 14.000 persone – malati oncologici, dializzati, bambini gravemente ammalati, feriti in gravi condizioni e altri ancora – che avrebbero bisogno urgente di raggiungere ospedali all’estero per curarsi. Invece sono nelle affollate tendopoli di Mawasi, in ciò che resta delle loro abitazioni o continuano a spostarsi da un posto all’altro di Gaza alla ricerca di un rifugio.

Chi dal nord scappa verso il sud ha capito che difficilmente rivedrà i luoghi dove è nato e cresciuto. Come Abu Raed, un tempo appaltatore edile e oggi sfollato da Jabaliya assieme ad altre decine di migliaia di civili. All’agenzia Reuters ha raccontato che le forze israeliane fanno saltare in aria i pochi edifici ancora in piedi. «La distruzione nell’anno prima del 5 ottobre (quando è cominciata l’offensiva israeliana in corso) era stata grande, ma ciò che è accaduto il mese scorso non può essere descritto a parole. Questa volta la maggior parte del campo è stata distrutta. Ho amici e parenti a Beit Hanoun, lì non ci sono praticamente edifici in piedi, così come a Beit Lahiya», ha detto.

Il rapporto di Human Rights Watch appena pubblicato è un nuovo atto di accusa pubblico contro la distruzione del nord della Striscia e le continue intimazioni di evacuazione date in pratica a tutta la popolazione di Gaza, anche a sud. Due milioni di civili, di cui anziani e bambini, che sono stati sfollati più volte e ora fanno i conti con una crisi umanitaria spaventosa. «Gli spostamenti forzati sono stati diffusi e le prove dimostrano che sono stati sistematici e parte di una politica statale probabilmente pianificata come permanente nelle zone cuscinetto e nei corridoi di sicurezza. L’esercito israeliano ha raso al suolo intere aree... In quelle aree, Israele ha commesso una pulizia etnica. Tali atti costituiscono crimini contro l’umanità», sostiene Adam Coogle, vicedirettore della divisione Medio Oriente e Nord Africa di Hrw. Israele nega di voler creare zone cuscinetto permanenti e il ministro degli Esteri Gideon Saar lunedì ha detto che agli sfollati sarà consentito di far ritorno nel nord alla fine della guerra.

Nessun palestinese ci crede. E così anche il Comitato speciale delle Nazioni Unite sulle pratiche israeliane nei Territori occupati, che in un rapporto anticipato in parte ieri e che sarà presentato lunedì all’Onu, afferma che «la guerra di Israele a Gaza è coerente con le caratteristiche del genocidio». Nonostante i ripetuti appelli delle Nazioni Unite, gli ordini vincolanti della Corte internazionale di giustizia e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, afferma il Comitato speciale, «Israele provoca intenzionalmente morte, fame e lesioni gravi: usa la fame come metodo di guerra e infligge punizioni collettive alla popolazione palestinese». Il rapporto denuncia anche il ricorso da parte delle forze militari e di sicurezza di Israele all’intelligenza artificiale per colpire la popolazione di Gaza.

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