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04/04/2025

Il Pacifico dei guerrieri americani

Dalle voci su un prossimo incontro tra Donald Trump e Xi Jinping, al gelo tra Cina e Stati Uniti. Il segretario alla difesa Usa Hegseth: “fermeremo l’aggressione dei comunisti cinesi”.

A convincere Pechino che non c’è da fidarsi dell’amministrazione repubblicana sono stati non soltanto i dazi sulle merci importate dalla Cina, che Trump ha aumentato del 20 per cento (e oggi potrebbero esserne annunciati altri, durante il “Liberation Day”), ma anche i primi passi del nuovo governo Usa nel Pacifico.

La settimana scorsa, durante il suo viaggio in Asia, Pete Hegseth ha esposto con questo discorso la visione strategica del Pentagono per quanto riguarda l’Indo-Pacifico. Il succo è che gli Usa intendono mantenere l’egemonia nella regione, le parole di Hegseth sono state a tal proposito molto chiare, e il tono da Guerra fredda:
Ripristinando l’ethos guerriero, le forze statunitensi assegnate all’Indo-Pacifico saranno le forze meglio addestrate e meglio equipaggiate al mondo. […] Lavoreremo con i nostri alleati e partner per fermare i comunisti cinesi e la loro aggressione nell’Indo-Pacifico.[…] La nostra missione è evitare la guerra, ma se sarà necessario, assieme sconfiggeremo e distruggeremo i nostri nemici. […] Nessuno deve mettere in dubbio la determinazione degli Stati Uniti d’America nel difendere i nostri interessi nell’Indo-Pacifico e oltre.
Hegseth ha ribadito l’attualità della strategia reaganiana “Pace attraverso la fermezza” (Peace through strength), che implica il potenziamento degli eserciti e il riarmo, degli Stati Uniti e dei loro alleati in Asia, invocato esplicitamente dal segretario alla difesa.

Il ministro di Trump (che ha partecipato alle guerre in Iraq e Afghanistan) non ha fatto alcun riferimento diretto a Taiwan. Del resto nei contatti delle scorse settimane Pechino aveva sempre ribadito a Washington che quella di Taiwan (ovvero l’inviolabilità del principio “una sola Cina”) rappresenta una linea rossa, da non valicare.

Tuttavia nelle scorse settimane il dipartimento di stato ha cancellato dal suo sito internet la frase «non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan», facendo aumentare a Pechino i sospetti che anche Trump, così come il suo predecessore, Joe Biden, voglia rafforzare il sostegno militare all’isola e all’“indipendentista” del Partito progressista democratico (Dpp) al governo.

Il discorso di Hegseth a Honolulu era stato preceduto dall’iniziativa del presidente di Taiwan, di William Lai Ching-te (leader del Dpp, autodefinitosi un “lavoratore pragmatico per l’indipendenza di Taiwan”), che, il 13 marzo scorso, ha definito la Repubblica popolare cinese una “forza straniera ostile” e ha proposto un pacchetto di 17 provvedimenti, tra i quali la reintroduzione della corte marziale in tempo di pace, per combattere «i tentativi di infiltrazione e di spionaggio della Cina nell’esercito»; un “obbligo di dichiarazione” per i funzionari taiwanesi che intendano visitare la Repubblica popolare cinese; e requisiti più stringenti per ottenere la residenza a Taiwan per chi arriva dalla Cina continentale, Hong Kong e Macao.

Un programma per realizzare il quale servirebbe una maggioranza che probabilmente Lai non otterrà in parlamento. Per Pechino si tratta comunque di un inaccettabile tentativo di separare i “compatrioti di Taiwan” dalla madrepatria.

Pechino ha risposto con una esercitazione militare intorno all’isola iniziata martedì 2 aprile, alla quale hanno preso parte una ventina di navi da guerra guidate dalla portaerei “Shandong”, bombardieri strategici armati con vettori ipersonici, caccia invisibili, la forza missilistica dell’Esercito popolare (Epl) di liberazione e la guardia costiera (implementando la strategia di fusione civile-militare).

Il portavoce militare, Shi Yi, ha dichiarato che il war game è stato un «severo avvertimento e un forte deterrente per le forze separatiste dell’indipendenza di Taiwan, un’azione legittima e necessaria per difendere la sovranità e salvaguardare l’unità nazionale».

Le continue esercitazioni segnalano che Pechino si sta preparando a uno scenario di guerra nello Stretto: l’Epl ammodernato nell’ultimo decennio possiede ormai i mezzi necessari per un blocco navale o un’invasione di Taiwan.

Tuttavia non è ancora chiaro come Trump – al momento concentrato sui dazi e sull’Ucraina, mentre Gaza è stata abbandonata all’arbitrio di Israele – intenda giocarsi la “carta” Taiwan, se per innervosire la leadership di Pechino o, al contrario, come pedina di scambio nell’ambito di un accordo più ampio (commerciale anzitutto) con la Cina, che non si può ancora escludere.

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